La corruzione, l'infiltrazione criminale, i legami con i poteri forti – occulti, come le logge segrete, e non, come la politica sul territorio e a tutti i livelli, fino ai più alti – sono oggi parte di una strategia di reciproca legittimazione messa in opera da decenni da tutte le mafie e in particolare dalla 'ndrangheta. Lo scambio di favori fra criminalità e certa parte della politica è continuo e costante, il ricatto reciproco un peso enorme sulla cosa pubblica, con ripercussioni su tutti i settori, dalle opere pubbliche alla sanità, dal gioco di Stato allo sport. Il vero problema è che né i ricorrenti disastri ambientali, né il consumo dissennato del territorio, né il degrado di opere e servizi sembrano più scalfire l'opinione pubblica. In Italia c'è un'assuefazione che sconcerta. Quello che è di tutti non appartiene a nessuno. Che importa se la corruzione avvelena l'economia, provocando gravi disuguaglianze sociali o se la mafia ammorba l'esistenza di tanta gente, con la complicità di alcuni degli uomini chiamati a combatterla? E perché nessun governo ha mai inserito fra i propri obiettivi primari la lotta alla corruzione e alla criminalità economica? Questo di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso è un libro di denuncia forte, coraggioso, che racconta una verità amara. Senza sconti per nessuno.
«È gelida l'acqua. Mi entra nelle ossa. Non riesco a liberare la stazza dall'acqua. Uso tutta la mia forza e la mia agilità ma la lancia resta piena. E cado. Ho paura. È notte fonda e fa freddo. Siamo a quaranta miglia da Lampedusa e, se non riesco a farmi sentire subito, mi lasceranno qui e sarà la fine. Non voglio morire così. Non a sedici anni. Il panico sta per impadronirsi di me e comincio a urlare con quanto fiato ho in gola, cercando di rimanere a galla e di non farmi trascinare giù da questo mare che ci consente di sopravvivere ma che può anche decidere di abbandonarci per sempre. "Patri" urlo. "Patri." Lui è al timone e non mi sente. La fine si avvicina, penso. Poi qualcosa accade... Ciò che non potevo sapere allora è che non solo quella notte sarebbe rimasta per sempre impressa nella mia mente ma che la mia esistenza sarebbe stata segnata da un mare che restituisce corpi e vite e che sarebbe toccato proprio a me salvare quelle vite e toccare per ultimo quei corpi». Pietro Bartolo è il medico che da oltre venticinque anni accoglie i migranti a Lampedusa. Li accoglie, li cura e, soprattutto, li ascolta. Queste pagine raccontano la sua storia: la storia di un ragazzo mingherlino e timido, cresciuto in una famiglia di pescatori, che si è duramente battuto per cambiare il proprio destino e quello della sua isola. E che, non dimenticando le difficoltà passate, ha deciso di vivere in prima persona quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo.
Il mondo sembra impazzito. Stagnazione economica. Guerre civili e conflitti religiosi. Terrorismo. E, insieme, la spettacolare impotenza dell'Occidente a governare questi shock, o anche soltanto a proteggersi. Senza una guida, abbandonate dai loro leader sempre più miopi e irrilevanti, le opinioni pubbliche occidentali cercano rifugio in soluzioni estreme. Alla paura si risponde con la fuga all'indietro, verso l'isolamento da tutto il male che viene da "là fuori" e il recupero di aleatorie identità nazionali. Globalizzazione e immigrazione sono i due fenomeni sotto accusa. Il tradimento delle élite è avvenuto quando abbiamo creduto al mantra della globalizzazione, quando il pensiero politically correct ha recitato la sua devozione a tutto ciò che è sovranazionale, a tutto ciò che unisce al di là dei confini, dal libero scambio alla finanza globale. Il triste bilancio è quello di aver reso i figli più poveri dei genitori. Il tradimento delle élite si è consumato quando abbiamo difeso a oltranza ogni forma di immigrazione, senza vedere l'enorme minaccia che stava maturando dentro il mondo islamico, l'ostilità ai nostri sistemi di valori. Quando abbiamo reso omaggio, sempre e ovunque, alla società multietnica, senza voler ammettere che questo termine, in sé, è vuoto: non indica il risultato finale, il segno dominante, il mix di valori che regolano una comunità capace di assorbire flussi d'immigrazione crescenti. E il tradimento è continuato praticando l'autocolpevolizzazione permanente, un riflesso pavloviano ereditato dall'epoca in cui "noi" eravamo l'ombelico del mondo: come se ancora oggi ogni male del nostro tempo fosse riconducibile all'Occidente, e quindi rimediabile facendo ammenda dei nostri errori. In questo acuto pamphlet di denuncia - inclusa un'autocritica sul ruolo dei media - Federico Rampini indica le possibili vie d'uscita: un'economia liberata dai ricatti delle multinazionali e dei top manager; un'immigrazione governata dalla legalità e nella piena osservanza dei nostri princìpi; una democrazia che torni a vivere della partecipazione e del controllo quotidiano dei cittadini; e, infine, un dibattito civile ispirato all'obiettività e al rispetto dell'altro, non ai pregiudizi, all'insulto e alla gogna mediatica dei social.
Secondo l'Unodc, l'ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, nel 2012 nel mondo 243 milioni di persone fra i 15 e i 64 anni hanno assunto almeno una volta sostanze illecite. Fra tutte, la cocaina è la più richiesta e la più venduta dalla 'ndrangheta. Per i boss della mafia calabrese, la "neve" è profitto, guadagno, flusso costante di liquidità che capovolge il pensiero economico classico, secondo cui la criminalità non "produce" perché distrugge, e non genera ricchezza. In queste pagine, frutto di un lavoro di ricerca e sul campo senza precedenti, Nicola Gratteri e Antonio Nicaso ricostruiscono i grandi traffici di cocaina nel mondo in un viaggio che dalla Colombia ci porta fino in Calabria, seguendo le tappe del business planetario che arricchisce i narcotrafficanti, impoverisce e uccide i tossicodipendenti, contamina il sistema bancario, corrompe le classi dirigenti. Hanno visitato le piantagioni di coca in Colombia e sono entrati nei laboratori dove dalla foglia della pianta viene ricavata la "pasta base", sono stati in Bolivia, Perú, Argentina, Brasile, Canada, Messico, Stati Uniti, ma anche in Africa e in Australia. E poi in Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio, Olanda, per ricostruire le rotte di aria, mare e terra lungo le quali la cocaina passa dal produttore al consumatore. Un libro tragicamente vero ma, al tempo stesso, capace di riaccendere la speranza di poter debellare, prima o poi, questo vero e proprio flagello mondiale.
Gli otto anni della presidenza Obama sono stati - per gli Stati Uniti e per il mondo - un periodo di grandi cambiamenti. Quale eredità lascia Barack Obama al suo successore, in particolare per quanto riguarda la politica estera? Molte sono le questioni aperte, a partire dai negoziati con l'Iran e tutto il complicato scacchiere mediorientale, con la minaccia costante dello Stato Islamico. I contributi raccolti nel presente volume si propongono di fotografare questa situazione in divenire e di identificare - in una serie di aree critiche, dalla Russia all'Europa, all'Asia - l'impatto che hanno avuto le scelte dell'amministrazione per comprendere i possibili sviluppi futuri. Più che fornire risposte, il volume vuole, quindi, sollevare domande, mettendo in evidenza da una parte le criticità nascoste nei "successi" del Presidente, dall'altra la coerenza di decisioni apparentemente contraddittorie. Con la consapevolezza che i margini d'azione della "nazione indispensabile" possono essere ampi ma non sono certamente illimitati. Fattori interni ed esterni hanno infatti modificato profondamente la posizione degli Stati Uniti nel mondo, intaccando la loro "eccezionalità" e mettendo in discussione il mito dell'"iperpotenza". Se e quanto questi cambiamenti si dimostreranno duraturi è ancora da verificare. Rimane il fatto che il suo successore difficilmente potrà prescindere dai cambiamenti che sono intervenuti negli otto anni della presidenza Obama.
"Un giorno del 1999, in un improvviso istante di presenza, mi sono accorto che dietro di me restava ben poco di ciò che credevo di essere stato fino ad allora. Ho quindi iniziato a cercare, a osservare, a studiare, a pormi domande. È stato in quell'istante che il mio cuore si è aperto a un'emozione nuova... Sono queste microscopiche pillole di consapevolezza che vorrei ora condividere con te." Esperto di marketing, comunicazione e innovazione, ma anche marito innamorato e padre felice di cinque figli, Oscar di Montigny affida a queste pagine una serie di riflessioni maturate in anni di esperienze sia personali sia professionali, di incontri significativi con personalità fra le quali Tara Gandhi, il Dalai Lama, Lech Walesa, Gorbacëv, Patch Adams, fino ad arrivare a fissare i principi di quella che è stata da lui definita "Economia 0.0": fare del bene e farlo bene, fare della propria vita un dono e fare di questo dono qualcosa di significativo per l'insieme. Un'economia sostenibile che esprima la capacità di esistere insieme, nella relazione col tutto e non soltanto come parte a sé stante. Un'economia basata sul capitale creativo culturale, fondata su trasparenza, gratitudine e responsabilità. E soprattutto sull'Amore, che lui ha definito "l'atto economico per eccellenza".
"La vita è un film a lieto fine, basta restare onesti e non mollare mai" amava ripetere Paolo Farinetti, il "comandante Paolo" che, a capo della XXI brigata Matteotti "Fratelli Ambrogio", combatté i nazifascisti sulle colline delle Langhe durante la Resistenza. E infatti, lui non ha mai mollato, né allora né dopo. Perché Paolo, quella scelta di battersi per la giustizia e per la libertà l'ha fatta una volta per tutte. Nato da poverissimi contadini su quelle colline della "malora" rese celebri da Fenoglio, il ventenne Paolo, colpito da una brutta peritonite, alla fine del 1943 rifiuta di tornare sotto le armi e sceglie di diventare un "ribelle" e di "salire in montagna". Dove l'iniziale avversione per la retorica guerrafondaia del fascismo matura presto in una coscienza politica chiarissima: lui e i compagni che hanno condiviso la sua scelta sono lì perché vogliono un'Italia diversa, più libera e giusta. Dapprima inquadrato nelle formazioni autonome del comandante "azzurro" Mauri, Paolo, con un'intuizione decisiva, sposta il teatro operativo del suo gruppo dalla montagna alle più familiari colline albesi e alla bassa Langa, dove può contare non solo sulla conoscenza del territorio ma soprattutto sul sostegno della "sua" gente pronta a offrirgli collaborazione, riparo, cibo, abiti, informazioni. Diventato il carismatico "comandante Paolo" grazie alla capacità di conciliare il coraggio indomito con la prudenza e l'umanità, compie gesta spericolate ed eclatanti.
Diviso tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, il Kurdistan rappresenta probabilmente uno degli scenari geopolitici più caldi del Medio Oriente. È il territorio di un popolo, i curdi, che vanta più di trenta milioni di persone la più grande "nazione" senza Stato - e che si sta rivelando un attore cruciale della regione. Nelle recenti crisi mediorientali, infatti, il "fattore curdo" si è rivelato una costante fondamentale: dalle guerre in Iraq sotto Saddam Hussein alla lotta contro il cosiddetto Stato Islamico, dal ruolo nei delicati equilibri politici turchi al conflitto siriano. Senza dimenticare che il Kurdistan è una delle regioni più ricche di petrolio. Conoscere i curdi, distinguere le loro istanze autonomiste o indipendentiste, le priorità che ne guidano l'operato nei diversi contesti statali in cui si trovano a vivere, è quindi fondamentale per comprendere cosa stia avvenendo oggi. In questo volume si offre un primo approccio globale alla "questione curda" grazie all'apporto di studiosi internazionali e alla curatela dell'lSPl, uno dei più importanti istituti di ricerca europei.
Conseguito il diploma da sommelier e l'attestato da degustatore ufficiale, Andrea Scanzi decide di partire alla scoperta dei luoghi e delle persone dalla cui passione nascono i più grandi vini italiani, con la convinzione che analizzare il mondo del vino è un modo per capire cosa proviamo per il nostro passato e cosa stiamo preparando per il futuro. E cosi si trova ad attraversare il Belpaese, dalle Langhe all'Alto Adige, dalla Franciacorta a Montalcino, per raccontare dove e per mano di chi nascono i nostri vini migliori. Scanzi ci insegna a riconoscere, insieme a chi li produce, il Barolo, il Pinot Nero, il Sassicaia, l'Aglianico e altri capolavori di una lunga storia fatta di lavoro, pazienza e dedizione. Non senza ironia ci svela i piccoli e grandi segreti che ogni sommelier e ogni buon intenditore hanno messo a punto nel tempo. E soprattutto, ci insegna a riconoscere la vita segreta dei vini e ad apprezzare quella sottile arte che ne fa spesso dei capolavori: l'arte di invecchiare. Divenuto un piccolo classico nel suo genere, apprezzato dagli intenditori e da chi, semplicemente, ama il buon vino perché il vino ha vita.
Il 19 maggio del 1956, il giorno in cui su uno sterrato di poche centinaia di metri viene dato inizio ai lavori, non c'è nulla: non un progetto definitivo, non le tecnologie, non le competenze professionali, non i soldi necessari. Il 4 ottobre del 1964 - appena otto anni dopo e in anticipo sui tempi previsti una striscia di asfalto lunga 755 chilometri collega Milano con Napoli, il Nord con il Sud: è l'Autostrada del Sole. Durante quegli otto anni un esercito di manovali, carpentieri, tecnici, progettisti combatte per rispettare la promessa della sua costruzione. E su quella strada trova il suo destino. Lì va a cercarlo Fedele Cova, l'amministratore delegato della Società Autostrade. Lì va a cercarlo Gaetano De Angelis, operaio emigrato al Nord che con Cova fa un giuramento: lo finiranno insieme quell'abbozzo di strada, e lui potrà ritornare a casa, come ha promesso a Maria. Lì troveranno il loro destino Giovanni Nigro, un ingegnere che nel gelo della campagna di Russia aveva perduto il suo onore, e Bruna, una dei progettisti, che ha bisogno di quella strada per continuare a correre. All'interno di una rigorosa ricostruzione storica, mescolando personaggi di invenzione e protagonisti reali, "La strada dritta" è il romanzo epico e corale di quell'esercito e della sua strada. Ufficiali e soldati, uomini e donne, ognuno con un sogno da rendere vero e una promessa a cui tenere fede. Tutti italiani, tutti con la schiena dritta, come la strada che devono costruire.
La mattina del 4 luglio 1966 don Antonio avrebbe dovuto celebrare una messa funebre per un capobastone di Ciminà, piccolo paese in provincia di Reggio Calabria, ma venne ucciso in un agguato prima di riuscire a raggiungere la chiesa: le perizie balistiche accertarono che il sacerdote aveva sparato contro i suoi assassini per coprirsi la fuga. Suor Rosa, la sorella del boss Paolo Martino, cugino del padrino di Archi, Paolo De Stefano, sfruttava le proprie conoscenze per acquisire informazioni riguardanti eventuali procedimenti penali in corso nei confronti del fratello. Nel 2007 il boss Vincenzo Gioffrè entra a far parte del comitato per l'organizzazione della festa in onore della Madonna dei Poveri di Seminara. Anni prima, il sindaco neoeletto aveva tentato di modificare il percorso della processione per impedire che il fercolo della Madonna proseguisse, come da tradizione, fino alla casa del boss locale, ma le sue disposizioni vennero disattese e, qualche giorno dopo, per ribadire chi comanda, venne dato fuoco al municipio. A partire dall'Ottocento e per decenni gli uomini della 'ndrangheta hanno beneficiato del silenzio e dell'indifferenza (spesso interessati) della Chiesa. Solo dagli anni Cinquanta cominciano a registrarsi le prime denuncie e le prime lettere pastorali, e la 'ndrangheta diventa un "cancro esiziale".
Un uomo libero: questo è stato, essenzialmente, Tiziano Terzani. Un reporter, un viaggiatore che si è inventato una vita irripetibile, segnata da guerre, rivoluzioni, strepitosi traguardi professionali e faticose battaglie civili. Uno scrittore che ancora oggi dialoga con un pubblico molto vasto il quale, a distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, continua ad amarlo e a ispirarsi al suo modo di concepire il mondo e anche alla intensa spiritualità che caratterizza il suo intimo rapporto con la vita, la malattia e la morte. Àlen Loreti ci consegna un racconto scrupoloso e completo testimoniato da documenti inediti e immagini private che scandiscono, anno dopo anno, un percorso esistenziale estremamente accidentato e avventuroso. Un viaggio nell'opera e nel pensiero di chi ha raccontato un Novecento vissuto sulla propria pelle, senza mai rinunciare a smascherare illusioni, ad ammettere sbagli, e a interrogarsi sulla bellezza e durezza dello stare su questa terra.
"Dall'11 maggio al 5 luglio del 2012 è avvenuta in Italia una cosa difficile da classificare e mai accaduta prima: un migliaio di donne e uomini hanno attraversato da ogni parte la penisola percorrendo a piedi, in cinque diversi bracci, più di 4000 chilometri per raggiungere L'Aquila, cuore terremotato del nostro Paese. Non pensavamo che così tante persone tra loro sconosciute si sarebbero incontrate in posti mai visti prima e si sarebbero messe a camminare insieme sotto il sole cocente e sotto la pioggia, su sentieri di montagna e costeggiando i mari, su piccole strade bianche e sulle grandi vie delle periferie industriali; avrebbero dormito insieme nelle camerate di ostelli e conventi o sui nudi pavimenti di scuole e palestre, senza delegare ad altri i propri sogni. Il libro che ne è nato è altrettanto anomalo, vario, avventuroso, singolare, spiazzante. Ne viene fuori un'immagine dell'Italia vista molto più da vicino, da dentro. Si alternano testimonianze e voci, ciascuna con la propria singolarità e diversità. Tutti insieme, questi corpi e queste voci che si sono incontrati in un punto segreto delle loro vite come per una misteriosa migrazione di uccelli, hanno dato vita a questo gesto inattuale e si sono trovati per un po' dentro lo stesso sogno." (Antonio Moresco)
"Tu credi? È costruito tutto su una semplice ma fondamentale provocazione: ho chiesto ai miei interlocutori di dirmi in tutta onestà se ritengono che Dio esista, e qual è la loro conseguente scelta di vita". Così Antonio Monda presenta questo libro: una serie di conversazioni con i protagonisti della letteratura, del cinema e della cultura americane contemporanee, da Paul Auster a Saul Bellow, da Jane Fonda a David Lynch, Jonathan Franzen, Martin Scorsese e altri. Intellettuali e artisti di estrazione diversissima per sesso, religione, tradizioni culturali, abitudini, con posizioni variegate in tema di fede, da chi intrattiene un colloquio quotidiano con Dio a chi vive nella convinzione della sua raggelante assenza. Raccontati con sincerità, scelte e percorsi di ciascuno di loro permettono al lettore non solo di approfondire la propria personale riflessione spirituale, ma anche e soprattutto di capire meglio la realtà contraddittoria dell'America, il paese del consumismo e del puritanesimo.
Michela Marzano è un'affermata filosofa e scrittrice, un'autorità negli ambienti della società culturale parigina. Dalla prima infanzia a Roma alla nomina a professore ordinario all'università di Parigi, passando per una laurea e un dottorato alla Normale di Pisa, la sua vita si è svolta all'insegna del "dovere". Un diktat, però, che l'ha portata negli anni a fare sempre di più, sempre meglio, cercando di controllare tutto. Una volontà ferrea, ma una costante violenza sul proprio corpo. "Lei è anoressica" le viene detto da una psichiatra quando ha poco più di vent'anni. "Quando finirà questa maledetta battaglia?" chiede lei anni dopo al suo analista. "Quando smetterà di volere a tutti i costi fare contente le persone a cui vuole bene" le risponde. E ha ragione, solo che è troppo presto. Non è ancora pronta a intraprendere quel percorso interiore che la porterà a fare la pace con se stessa. "L'anoressia non è come un raffreddore. Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. L'anoressia è un sintomo. Che porta allo scoperto quello che fa male dentro. (...) Oggi ho quarant'anni e tutto va bene. Perché sto bene. Cioè... sto male, ma male come chiunque altro. Ed è anche attraverso la mia anoressia che ho imparato a vivere. Anche se le ferite non si rimarginano mai completamente. In questo libro racconto la mia storia. Pensavo che non ne avrei mai parlato, ma col passare degli anni parlarne è diventata una necessità." (Michela Marzano).
"Avevo il dovere di scrivere questo libro. Perché ho due figli ventenni che affrontano, come tutti i loro coetanei, il mercato del lavoro più difficile dai tempi della Grande Depressione. Perché devo rispondere delle mie responsabilità: appartengo a una certa generazione della sinistra occidentale che ha creduto di poter migliorare la società usando il mercato e la globalizzazione. Ho voluto sfogliare il mio album di famiglia, la storia che ho vissuto con un pezzo della sinistra italiana, per capire le ragioni delle nostre sconfitte, quindi aprire una pagina nuova. Plutocrazia, tecnocrazia, populismo, autoritarismo sono i mali che minacciano le nostre democrazie. L'Italia è un piccolo laboratorio mostruoso di queste patologie. Avendo vissuto un'esperienza pluridecennale da nomade della globalizzazione - in Europa, in America, in Asia - ho il dovere di dire ciò che è accaduto all'immagine del nostro paese nel mondo. Devo raccontare dal mio osservatorio attuale nell'Estremo Occidente" quali sono i costi dell'era Berlusconi, e anche le radici profonde del berlusconismo, che gli sopravvivranno, i vizi di un'Italia "volgare e gaudente" con cui dovremo fare i conti anche dopo. Che cosa farà questa Italia "da grande"? C'è ancora speranza? Alla sinistra indico le possibili vie d'uscita attingendo alle mie esperienze nelle nazioni emergenti, dall'Asia al Brasile: perché non possiamo farci risucchiare in una sindrome del declino tutta interna all'Occidente."
"Questo libro è un atto di resistenza. Di fronte alle offese e alle umiliazioni che subiscono oggi le donne in Italia, in quanto filosofa, ho sentito il dovere di abbandonare la torre d'avorio in cui si trincerano spesso gli intellettuali per spiegare le dinamiche di oppressione che imprigionano la donna italiana. Lo scopo è semplice: si tratta di dare a tutte coloro che lo desiderano gli strumenti critici necessari per rifiutare la sudditanza al potere maschile. Perché le donne continuano a cedere alla tentazione dei sensi di colpa e, per paura di essere considerate 'madri indegne', abbandonano ogni aspirazione professionale? Perché tante donne vengono giudicate 'fallite' o 'incomplete' quando non hanno figli? Perché molte adolescenti pensano che l'unico modo per avere successo nella vita sia 'essere belle e tacere'? Perché il corpo della donna continua a essere mercificato? Perché stiamo assistendo al ritorno di un'ideologia retrograda che vorrebbe spostare l'orologio indietro e rimettere in discussione le conquiste femminili degli anni Sessanta e Settanta? La filosofia è un'arma efficace e potente, l'unico strumento capace di aiutare le donne a riappropriarsi della propria vita e non permettere più a nessuno di umiliarle o zittirle." (Michela Marzano)
Il 28 maggio 2006, mentre era in visita apostolica in Polonia, Benedetto XVI si è recato ad Auschwitz e ha pronunciato un memorabile discorso, aperto da parole di angoscia, da un grido interiore rivolto a Dio: "Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?". Un grido che lacera il silenzio, ma si fa poi domanda di perdono e riconciliazione, preghiera al Dio vivente di non permettere più simili cose. Al testo del discorso papale seguono contributi di alcuni teologi.
"Fu nel 2009 che lasciai Pechino per New York. Per me era un ritorno negli Stati Uniti. Avevo già vissuto sull'altra costa, a San Francisco, fino al 2004. In mezzo, quei cinque anni in Cina sono stati lunghi quasi quanto un secolo. Non per me: per i rapporti di forza tra Asia e Occidente. Lasciai la California quando ancora la Cina era un'allieva, impegnata a emulare il maestro americano. Ho ritrovato un'America stremata dalla più grave crisi economica dopo la Grande Depressione. Una crisi che la Cina ha evitato, in modo magistrale, usando le leve del suo capitalismo di Stato. Così la storia ha avuto un'accelerazione improvvisa. Era chiaro che il XXI secolo sarebbe stato asiatico, ma in poco tempo lo scatto dell'Oriente ha dato la sensazione che i giochi siano già fatti. La Cina sembra padrona del proprio futuro, lanciata in una modernizzazione che brucia le tappe, l'America si trascina faticosamente fuori dal tunnel." L'America che Federico Rampini ritrova dopo cinque anni trascorsi nel cuore della tumultuosa crescita cinese è un paese in cui il debito pubblico e i tagli feroci hanno reso ogni infrastruttura fatiscente, in cui strade, metropolitane e ospedali non sono paragonabili a quelli realizzati nelle grandi capitali asiatiche. La Cina, invece, spinge ormai la sua influenza fino a luoghi insospettabili. "Occidente estremo" è un mosaico di esperienze vissute, di luoghi e di personaggi incontrati nei due imperi in competizione.
In una veloce e appassionante conversazione con Antonio Nicaso, Nicola Gratteri ritorna ad approfondire un fenomeno criminale di portata internazionale che dopo lunghi e colpevoli ritardi, inizia finalmente a essere percepito nella sua vera dimensione. La crescita e la fortuna di questa mala pianta viene raccontata attraverso temi ed eventi cruciali. Gratteri riesce nonostante tutto a trovare parole, al tempo stesso caute e appassionate, di speranza e di fiducia nella migliore Calabria, evocata anche attraverso reminiscenze familiari e fatta di gente onesta, sobria e laboriosa.
"Immaginiamo una Messina in mezzo al Mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva, crocevia di magheggi, che avrebbero fatto di una festa nuziale il complicato intreccio per una giostra degli intrichi. Immaginiamola seguendo con le orecchie la parlata di quei personaggi che, nel vivo di un dialetto carico di umori e ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano, ed ecco che potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di Stratford, sia potuto essere quel tale Michele Agnolo Florio Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c'è nulla di più meravigliosamente siciliano che il poter complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale. Ecco, questo 'Troppu traffici ppi nenti' è il modello eterno di un carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l'esistenza in un continuo arrovugliarsi su se stesso."
La bellezza e l'inferno: fra questi poli opposti che richiamano il pensiero di Albert Camus si estende il campo di forze frequentato da Roberto Saviano, il luogo che genera la sua visione della vita, dell'impegno e dell'arte. Introdotti da una prefazione dell'autore, gli scritti raccolti in questo volume tracciano un percorso tanto vario quanto riconoscibile e coerente. Dal ragazzo che muove i primi già maturi passi nell'ambito della letteratura e della militanza antimafia fino allo scrittore affermato che viene invitato all'Accademia dei Nobel, Saviano resta se stesso. Ci racconta di un campione come Lionel Messi, che ha vinto la sfida più grande, quella contro il suo stesso corpo; di Anna Politkovskaja, uccisa perché non c'era altro modo per tapparle la bocca; dei pugili di Marcianise, per cui il sudore del ring odora di rabbia e di riscatto; di Miriam Makeba, venuta a Castel Volturno per portare il suo saluto a sei fratelli africani caduti per mano camorrista; di Enzo Biagi, che lo intervistò nella sua ultima trasmissione; di Felicia, la madre di Peppino Impastato, che per vent'anni ha dovuto guardare in faccia l'assassino di suo figlio prima di ottenere giustizia; e di tanti altri personaggi incontrati nella vita o tra le pagine dei libri, nelle terre sofferenti e inquinate degli uomini o in quelle libere e vaste della letteratura. Pagina per pagina, Saviano ribadisce la sua fiducia in una parola che sappia scardinare la realtà, opporsi a qualunque forma di potere, farsi testimone della certezza che «la verità, nonostante tutto, esiste».
Dopo la grande recessione che ha colpito il mondo intero, l'Occidente si trova a fare i conti con un modello di crescita rivelatosi fallimentare, centrato sulla corsa al consumo e sull'indebitamento. Ma se a vacillare è un intero modello di vita, l'Occidente può forse cogliere un'opportunità di salvezza guardando a Oriente. È qui che entra in gioco la Slow Economy: la via a uno sviluppo diffuso e sostenibile. Volgendo sempre lo sguardo a una millenaria saggezza orientale fatta anche di risparmio e frugalità, Federico Rampini ripercorre i luoghi e le storie in cui Occidente e Oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente, in un awincente viaggio nella memoria e nel futuro.
Cosa può fare uno scrittore per aiutare il proprio paese a ritrovare la pace? David Grossman ha una risposta, semplice e profonda come tutte le grandi verità: scrivere, raccontare, creare storie e personaggi in grado di far entrare i lettori nella pelle di un altro, farli pensare con la testa di un altro, far loro guardare la realtà con gli occhi di un altro. Anche se l'altro è un nemico. "Quando abbiamo conosciuto l'altro dall'interno, da quel momento non possiamo più essere completamente indifferenti a lui. Ci risulterà difficile rinnegarlo del tutto. Fare come se fosse una "non persona". Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più indulgenti con i suoi errori." I milioni di lettori di Grossman sanno che è possibile, per un personaggio inventato, diventare - come per miracolo - una persona vera, viva e intimamente familiare: un miracolo che solo la letteratura può compiere, e che incanta gli uomini da sempre. Ma che è anche un dono prezioso per chi vive in un paese in guerra, un dono capace di accendere una speranza e indicare una via di uscita dal tragico labirinto del conflitto tra israeliani e palestinesi. Scrivere diventa, allora, un mezzo per rendere il mondo meno estraneo e nemico, il dolore meno paralizzante e insopportabile, il linguaggio meno povero e fossilizzato dagli stereotipi dell'odio e della paura."
Come si esce da una crisi, come si supera una perdita, un insuccesso, un fallimento? Qual è il segreto di una nazione e della sua gente, capace da sempre – ma oggi più che mai – di reinventarsi da zero, di darsi una seconda chance, di eleggere un presidente nero contro ogni previsione, di rimettersi in cammino anche dopo che la più grave recessione del dopoguerra ha travolto la vita di milioni di persone? Dopo il successo di “Spingendo la notte più in là”, Calabresi ci emoziona di nuovo con un racconto di vita in prima persona, una storia fatta di storie vere, storie di persone incontrate in una lunga traversata degli Stati Uniti alla ricerca di chi ha saputo nascere due volte.
Un libro che racconta il potere della camorra, la sua affermazione economica e finanziaria, e la sua potenza militare, la sua metamorfosi in comitato d'affari. Una scrittura in prima persona fatta dal luogo degli agguati, nei negozi e nelle fabbriche dei clan, raccogliendo testimonianze e leggende. La storia parte dalla guerra di Secondigliano, dall'ascesa del gruppo Di Lauro al conflitto interno che ha generato 80 morti in poco più di un mese. Una narrazione-reportage che svela i misteri del "Sistema" (così gli affiliati parlano della camorra, termine che nessuno più usa), di un'organizzazione poco conosciuta, creduta sconfitta e che nel silenzio è diventata potentissima superando Cosa Nostra per numero di affiliati e giro d'affari.
Il racconto del giudice Cantone prende avvio dal suo ultimo giorno alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli: ripercorrendo la sua esperienza, Cantone mostra in che modo un bravo studente di giurisprudenza che voleva addirittura fare l'avvocato sia finito per diventare il nemico numero uno dei boss di Mondragone e Casal di Principe, più di una volta minacciato di morte e da anni costretto a vivere sotto scorta insieme ai familiari. Un'evoluzione che non nasce da una sorta di vocazione missionaria, ma prende forma attraverso un percorso graduale e, talvolta, persino casuale, dove però rimane sempre salda la sua originaria passione per il diritto. Quella che gli fa trattare con la medesima professionalità e dedizione le vicende di un anziano signore che si rivolge alla giustizia per la tragica morte del figlio dovuta a un caso di malasanità e le sofisticatissime indagini condotte insieme al Ros per arrivare alla cattura di Michele Zagaria, la primula rossa dei Casalesi. Ma l'amaro realismo di queste pagine finisce per evidenziare come l'universo camorrista abbia confini ben più estesi e radici ben più profonde dei vertici di qualche clan. Per cui, fino a quando ci saranno politici, funzionari, imprenditori, uomini delle forze dell'ordine e liberi professionisti corrotti, conniventi o sottomessi, la camorra resterà come un'idra cui la giustizia può tagliare una o qualche testa che subito ricresce, mentre coloro che vi si oppongono individualmente sono votati a un pericoloso destino di isolamento.
Zù Cola era davvero "pirsona pulita"? E perché a San Calò piace tanto il vino? Come finirà la sfida tra "Calibardi" e il "Signiruzzo"? In queste pagine Andrea Camilleri ci offre una serie di immagini della sua terra natale, la Sicilia: "gocce" distillate di un amore antico e radicato nelle quali brilla tutta la vivacità dell'ingegno e del carattere isolano. Che rievochi con affetto la figura dello zio "magico", "u zz'Arfredu", o che racconti divertito la strana guerra per la bandiera scatenatasi tra comunisti, democristiani e separatisti alla vigilia delle prime elezioni regionali in Sicilia, in ogni suo testo Camilleri fa risplendere quel funambolismo della scrittura, quel suo linguaggio inventivo, insieme barocco e popolare, siciliano e nazionale, che ne ha fatto l'autore italiano più letto e amato degli ultimi anni.
È la mattina del 17 maggio 1972, e la pistola puntata alle spalle del commissario Luigi Calabresi cambierà per sempre la storia italiana. Di lì a poco il nostro paese scivolerà in uno dei suoi periodi più bui, i cosiddetti "anni di piombo", "la notte della Repubblica". Quei due colpi di pistola però non cambiarono solo il corso degli eventi pubblici, ma sconvolsero radicalmente la vita di molti innocenti. La storia dell'omicidio Calabresi è anche la storia di chi è rimasto dopo la morte di un commissario che era anche un marito e un padre. E di tutti quelli che hanno continuato a vivere dopo aver perso la persona amata durante la violenta stagione del terrorismo. Mario Calabresi, oggi giornalista di "Repubblica", racconta la storia e le storie di quanti sono rimasti fuori dalla memoria degli anni di piombo, l'esistenza delle "altre" vittime del terrorismo, dei figli e delle mogli di chi è morto: c'è chi non ha avuto più la forza di ripartire, di sopportare la disattenzione pubblica, l'oblio collettivo; e c'è chi non ha mai smesso di lottare perché fosse rispettata la memoria e per non farsi inghiottire dai rimorsi. La storia della sua famiglia si intreccia così con quella di tanti altri (la figlia di Antonio Custra, di Luigi Marangoni o il figlio di Emilio Alessandrini) costretti all'improvviso ad affrontare, soli, una catastrofe privata, che deve appartenere a tutti noi.
Chi è lui? Chi lo ha generato davvero? Suo padre Alois Hitler, funzionario di dogana austriaco, se lo chiederà sempre. E senza risposta, perché nemmeno sul letto di morte la madre gli svelerà il segreto della sua nascita di illegittimo. E lo stesso ci chiediamo noi di Adolf Hitler: chi è? Chi lo ha generato? Da dove viene il lupo Fenrir che, nelle mitologie nordiche, a un certo punto del Tempo spezzerà la catena per irrompere schiumando di rabbia e annunciare la fine del mondo? Questo noi ci domandiamo, consapevoli che, se si comincia a spiegare, a rispondere alla domanda "perché?", si finisce per correre il rischio di giustificare. Il romanzo di Genna connette i fatti più risaputi con elementi poco noti. Dal labirinto familiare da cui fuoriesce il piccolo Hitler, con deliri di grandezza e improvvise abulie, all'esperienza limite dell'umanità disfatta nel gorgo di Männerheim, l'ostello per poveri e criminali dove passa anni da nullafacente; l'esposizione al fuoco e ai gas della Prima guerra mondiale al ricovero in ospedale; dal rapporto incestuoso con la nipote Geli Raubal al comporsi dell'abominevole, grottesca corte dei suoi scherani.