La psicoanalisi è stata considerata da sempre una 'cura con le parole', e si sono versati fiumi di inchiostro sull'interazione verbale tra analista e paziente e sulla sua interpretazione. Quello che è stato sempre trascurato, a parere di Salman Akhtar, è il secondo aspetto dell'analisi, altrettanto essenziale per il lavoro clinico: l'ascolto analitico. Prendendo come punto di partenza la descrizione di Freud di come l'analista dovrebbe ascoltare, l'autore percorre un vasto territorio storico, teorico e clinico, che va dalle diverse modalità di ascolto, alle potenzialità conoscitive del controtransfert, fino al confine estremo in cui l'ascolto psicoanalitico non aiuta più e può divenire persino controindicato. Vengono descritti quattro modelli di ascolto analitico: oggettivo, soggettivo, empatico e intersoggettivo, ognuno con propri riferimenti teorici, risvolti clinici e relative aree di sovrapposizione. Vengono prese in esame anche le variabili che hanno la facoltà di impedire l'ascolto analitico.
Questo testo raccoglie due gruppi di conferenze: le prime tre, pubblicate nella parte intitolata "Il mio insegnamento", sono state tenute tra il 1967 e il 1968 rispettivamente a Lione, Bordeaux e Strasburgo. Il metodo di Lacan, qui, è quello di partire da ciò che tutti sanno. Poi, insensibilmente, con astuzia, come per gioco, fa sprizzare a cascata concetti sorprendenti: un pensiero che non si pensa da sé; un inconscio che è linguaggio; un linguaggio che sta "sul cervello come un ragno"; una sessualità che "fa buco nella verità"; un Altro in cui questa verità si inaugura; un desiderio che ne viene generato, e che ne viene fuori solo a prezzo di una perdita, sempre; e l'idea che tutti questi paradossi corrispondano a una logica, distinta da quello che viene chiamato "lo psichismo". Il secondo gruppo di testi riunisce sotto il titolo "Io parlo ai muri" tre dei sette "incontri" all'Ospedale Sainte-Anne, che Lacan pronunciò per i medici psichiatri "internes" tra il 1971 e 1972. I muri sono quelli della cappella di Sainte-Anne. Lacan vi ritrova la sua giovinezza come medico psichiatra dell'ospedale. Si diverte, improvvisa, si lascia andare. L'intenzione è polemica: i suoi migliori allievi, avvinti dall'idea che l'analisi faccia il vuoto di ogni sapere preliminare, hanno issato la bandiera del non-sapere, preso da Bataille. No, dice Lacan, la psicoanalisi procede con un sapere supposto, quello dell'inconscio.
Quale significato ha la gravidanza nel mondo interno di una donna o di un uomo? In che modo le forze inconsce influiscono sul nostro diventare genitori? Come ci si sente ad avere dentro un'altra persona? Qual è l'esperienza emotiva del partner durante la gravidanza? Cosa sappiamo delle capacità fetali, e chi o che cosa rappresenta il feto per il genitore? Quali sono le emozioni e i sogni della gravidanza e quali fantasie e paure circondano la nascita? Come diventiamo quelli che siamo in relazione ai nostri figli e al nostro stesso sé infantile? Il bambino immaginario combacia con quello reale? Che effetto ci fa esser esposti ai nudi bisogni del neonato? Che ne è della relazione intima quando i partner procreano? In che modo le fantasie prenatali influenzano il clima emotivo postnatale? Sono queste le domande a cui l'autrice si impegna a rispondere in questo libro, adottando un approccio che ribalta la scarsa soggettività attribuita alla madre nella letteratura psicoanalitica per concentrarsi sulla 'vicenda interna': l'ipotetica voce del lattante o quella prescrittiva dell'esperto sono rimpiazzate, nella narrazione della gravidanza e della primissima infanzia, dalle madri e dai padri, dal loro punto di vista. Ciò nonostante, il racconto non è mai lineare: i genitori sono anche sempre, a loro volta, figli e figlie. Per questo l'attenzione della studiosa si sposta spesso dal mondo interno dell'individuo verso l'interazione col partner e col bambino, e coi propri genitori nell'infanzia.
Nata da un'intuizione di Aaron T. Beck all'inizio degli anni sessanta come psicoterapia per la cura della depressione, la terapia cognitiva si è poi sviluppata fino a essere applicata con successo nel trattamento di una vasta gamma di disturbi. Nel 1995 Judith Beck, con la pubblicazione del libro "Cognitive Therapy. Basics and Beyond", aveva prodotto una vasta sintesi sistematica della teoria e pratica della terapia cognitiva standard. In questa importante e profonda revisione del fortunato volume, l'autrice è riuscita a rendere conto dell'impetuosa crescita, nell'ultimo ventennio, degli studi teorici e clinici in questo campo, senza compromettere la semplicità espositiva che caratterizzava il testo, traducendo la complessità della teoria in un'illustrazione chiara e corredata da numerosi esempi pratici. Come nella prima edizione, anche in questo volume la Beck si serve di una paziente ideale, Sally, cui sono affiancati altri casi, per esporre varianti o problematiche particolari su specifici aspetti della psicoterapia. Accanto a questo elemento di continuità stilistica, innumerevoli e sostanziali sono le novità di questa seconda edizione. Si parla innanzitutto di terapia cognitivo-comportamentale, e non più di terapia cognitiva, testimoniando un'integrazione tra i due approcci che convergono in un unico paradigma. Presentazione di Aaron T. Beck
Il volume, che si giova dei contributi di svariati studiosi, è diviso in tre parti. Nella prima (Teoria) si analizza la relazione tra esperienze traumatiche e sviluppo dei sistemi cognitivi, affettivi, rappresentazionali e relazionali del Sé, e vengono sottolineati gli effetti negativi del trauma sui principali parametri della salute psichica, nonché sullo sviluppo dei centri neuronali implicati nella regolazione affettiva. Nella seconda parte (Ricerca) vengono presentati studi originali, di natura teorica ed empirica, sulla complessa relazione che intercorre tra qualità delle esperienze di attaccamento e sviluppi traumatici. Nella terza parte, infine (Clinica), emerge la linea portante del volume: la rottura, nell'individuo, della rappresentazione di sé e del proprio rapporto col mondo, tipica del trauma, viene messa in rapporto con un deficit nelle capacità di mentalizzare i vissuti emotivi. In ragione di tale deficit, gli autori sostengono la necessità che il trattamento delle sindromi post-traumatiche sia orientato a incrementare la mentalizzazione, sviluppare le capacità di identificazione ed esplorazione delle emozioni, lavorare sugli stati mentali attuali e sviluppare la capacità di abitare il proprio corpo. Prefazione di Philip M. Bromberg.
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È attraverso la pelle, dalla nascita e per tutto il corso dell'esistenza, che prende corpo l'identità dell'individuo: essa si adatta all'ambiente, comunica benessere oppure disagio, riceve gli stimoli esterni e incarna quelli interni. Tramite la pelle viene vissuta l'esperienza del contatto e del distacco, si strutturano le nozioni di spazio e tempo e si realizza una fitta rete di comunicazioni preverbali. 'Pelle e psiche' è dunque un binomio indissolubile, e quando la pelle si ammala chiama in causa una complessità di fattori: biologici, genetici, psicologici, familiari, relazionali. L'autore approfondisce in modo nuovo e fecondo lo stretto rapporto che può nascere tra psicoanalista e dermatologo, dove l'uno può colmare con l'ascolto ciò che si nasconde allo sguardo dell'altro: spesso una scissione profonda tra psiche e soma, in seguito alla quale i vissuti di angoscia e sofferenza vengono cancellati dalla coscienza e scaricati sul corpo. Prefazione di Mariella Fassino e Dennis Linder.
Nella letteratura emergente sul fenomeno sempre più diffuso dello stalking, questo testo offre una visione particolarmente innovativa e gravida di spunti: non è infatti centrato sui soli aspetti comportamentali ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche psicologiche e di personalità dello stalker e della sua vittima, e sulla peculiare natura psicopatologica della relazione persecutore/vittima nei casi di stalking. I comportamenti ripetuti e morbosi di intrusione relazionale (IRO) nella vita della vittima attraverso pedinamenti, appostamenti, telefonate indesiderate, invio di lettere, e-mail, SMS, MMS o minacce scritte, verbali e fisiche, sono finalizzati a soddisfare una specifica motivazione, più o meno latente: ovvero quella di esercitare il potere e il controllo sulla vittima. Le osservazioni cliniche e i dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche relazionali non sono altro che la riattualizzazione di pattern relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, contrassegnati da esperienze di disconoscimento, trascuratezza emotiva, violenza e in alcuni casi di abuso sessuale. Ciò che emerge dalla ricerca degli autori è che il tratto comune ai comportamenti di stalking non risiede tanto nella natura dello strumento di controllo utilizzato, quanto nella tipologia del comportamento impulsivo, che dà luogo a un bisogno ossessivo d'intrusione relazionale, di pedinamento e di molestia analogo a quello della caccia {to stalk) e del fare la posta.
Il sé non è una struttura isolata, ma un sistema dinamico che fonda le proprie basi nelle relazioni interpersonali formate nella primissima infanzia tra il bambino e la sua principale figura di accudimento. Insieme al suo volume gemello, "La regolazione degli affetti e la riparazione del sé", questo libro rappresenta la summa dell'ambizioso lavoro interdisciplinare del neuropsichiatra americano sulla neurobiologia dello sviluppo emotivo. Partendo dalla teoria dell'attaccamento di Bowlby, Schore ha formulato una propria 'teoria della regolazione', che da Bowlby prende le mosse ma acquista un nuovo spessore scientifico grazie all'incessante confronto empirico con discipline confinanti: neuroscienze, psichiatria, psicologia, biologia comportamentale, studi sociali, studi sul trauma, psicologia clinica. Nella prima parte, dedicata alle neuroscienze dello sviluppo affettivo, Schore illustra con dovizia di dati l'impatto positivo che hanno le prime comunicazioni affettive sull'organizzazione di un sistema di controllo nell'emisfero destro del cervello in formazione del bambino. Nella seconda parte del volume, incentrata sulla neuropsichiatria dello sviluppo, l'autore esamina l'incidenza negativa che i traumi relazionali della prima infanzia possono avere sul percorso di sviluppo del cervello destro, generando predisposizioni a psicopatologie e disturbi di personalità.
Il libro, che indaga sulle basi neuropsicologiche del misticismo, ha il pregio unico di presentare, in modo comprensibile a tutti, dati perfettamente aggiornati alle più recenti ricerche scientifiche. Ma cos'è la neuropsicologia e cosa ha a che fare con la religione? La neuropsicologia studia tutti i fenomeni psichici dell'uomo a livello del sistema nervoso, descrivendo quindi in modo molto approfondito le connessioni tra corpo e psiche. La storia evolutiva del cervello e i meccanismi neurochimici che sottendono le emozioni, i sentimenti e i diversi stati di coscienza (veglia, sonno, sogno e trance) sono tra gli argomenti trattati in questo volume. E da circa dieci anni che l'autore, nell'ambito di tale disciplina, ha concentrato la sua attenzione sulla sfera del sacro e in particolare sui fenomeni di estasi e beatitudine su cui si imperniano le tradizioni spirituali, esaminando con rigore metodologico alcune delle principali ipotesi per spiegare l'esistenza, negli esseri umani, di circuiti cerebrali coinvolti nell'esperienza religiosa.
In questo volume Robert D. Hare analizza le principali caratteristiche psicologiche e comportamentali della personalità psicopatica. Mantenendo sempre un serio approccio metodologico e scientifico, l'autore fornisce un quadro lucido e puntuale del mondo interno dell'individuo psicopatico e delle sue strategie interpersonali. Partendo dalle seminali ipotesi di Cleckley, Hare chiarisce l'importante distinzione tra disturbo antisociale di personalità e disturbo psicopatico, dimostrando come la psicopatia costituisca una vera e propria sindrome: la mancanza di empatia, lo spiccato egocentrismo, l'assenza di rimorso e di senso di colpa, e l'uso strumentale degli altri ne rappresentano gli elementi distintivi. La definizione del costrutto di psicopatia rappresenta un indubbio avanzamento nell'ambito della conoscenza del disturbo, ed è per questo che lo strumento ideato da Hare al fine di valutarne i sintomi, la Psychopathy Checklist-Revised (PCL-R), viene utilizzato in tutto il mondo nella pratica clinica e forense, oltre che in ambito di ricerca. È stato infatti ampiamente dimostrato come la PCL-R sia un reattivo psicometrico valido e affidabile che permette di identificare gli psicopatici e distinguerli anche da altri individui condannati per reati gravi.
La psicoanalisi, a seconda del punto di vista da cui la si osserva, confina con molti territori diversi. Come uno stato delimitato da confini geografici, culturali e amministrativi, questa disciplina, che ha poco più di un secolo di vita, acquista la sua specificità grazie a ciò che la distingue ma anche che la avvicina ai territori confinanti: il "confine" è dunque inteso qui nella sua duplice accezione di "distinzione" e di "transizione". Questo volume raccoglie i saggi di otto rappresentanti di spicco della psicoanalisi contemporanea: Janine Altounian, Peter Fonagy, Glen O. Gabbard, James S. Grotstein, Robert D. Hinshelwood, Juan P. Jiménez, Otto F. Kernberg e Salomon Resnik. Con approcci differenti, e affrontando tematiche tra loro distanti, pure tutti questi autori si muovono sul limitare di un confine: tra mondo interno e mondo esterno, tra psiche e soma, tra il setting analitico e la sua violazione, tra teoria e tecnica, tra psicoanalisi e discipline imparentate (psichiatria, psicologia, neuroscienze e via dicendo), tra curabilità e non curabilità, analizzabilità e non analizzabilità, e infine tra psicoanalisi e storia. Ognuno di questi contributi varca un limite e apre un diaframma, illuminando aree tematiche cruciali o controverse del territorio psicoanalitico e creando dialogo e confronto con discipline solo apparentemente incompatibili.
Questo libro propone una riformulazione del trauma in termini evolutivo-relazionali, come risultato della mancata elaborazione delle emozioni traumatiche, ovvero di quelle emozioni non simbolizzate nell'ambito delle relazioni primarie. Il bambino, se maltrattato, non può sviluppare l'autostima e la capacità di comprendere gli stati mentali propri e dell'altro, qualità necessarie a esplorare con fiducia l'ambiente circostante e quindi a costruire relazioni significative. Le esperienze croniche di trascuratezza hanno effetti negativi su svariate aree del funzionamento del bambino dando origine, ad esempio, a somatizzazione, difficoltà di sintonizzazione emotiva, mancanza di controllo degli impulsi, come anche, nei casi più gravi, a stati dissociativi. La perdita di una base sicura, insomma, rappresenta una condizione traumatica capace di predisporre il soggetto alla depressione, alla dipendenza patologica, ai disturbi del comportamento alimentare. E non sempre è in relazione con maltrattamenti espliciti, come indica il fatto che la disorganizzazione dell'attaccamento è per lo più connessa a esperienze traumatiche irrisolte del genitore, le quali si riflettono sullo stato dissociativo del bambino. Il presente volume esamina le possibili relazioni causali fra le esperienze traumatiche e la psicopatologia, a partire dalla teoria dell'attaccamento, dell'infant research e dalle recenti scoperte neuro-biologiche sulla natura relazionale della mente.
Secondo Peter Fonagy l'opera di Schore ha "radicalmente trasformato la nostra comprensione psicoanalitica dei disturbi psicologici". La questione di come e perché le prime relazioni della vita abbiano un'influenza così straordinaria su tutto ciò che avverrà in seguito va molto oltre ogni previsione della psicoanalisi degli inizi e costituisce un problema fondamentale non solo per la disciplina di Freud ma per tutte le scienze umane. Come fanno le esperienze precoci, specialmente le esperienze affettive vissute con chi si prende cura dell'infante nei primi momenti di vita, a organizzare i modelli di crescita strutturale che hanno come esito l'espansione delle capacità funzionali dell'individuo in via di sviluppo? Per Schore, la possibilità dell'infante di sintonizzarsi con la mente di altre persone si rivela fondamentale per la maturazione dei circuiti cerebrali che mediano le sue capacità di autoregolazione: la relazione madre-bambino produce dunque veri e propri cambiamenti cerebrali. Questo studio, che fa parte di una trilogia sul rapporto tra regolazione affettiva e organizzazione del Sé, affronta i temi cruciali dello sviluppo della mente, analizzando e illustrando con approccio interdistiplinare i possibili apporti delle neuroscienze alla psicoanalisi e alla psicoterapia.
La consultazione ha la specificità di accogliere la sofferenza che costringe una persona a chiedere aiuto. Per questo richiede preparazione, esperienza, conoscenze, oltre che un setting adeguato. È uno dei momenti più importanti del processo psicoanalitico perché decide il destino di una domanda e del possibile attivarsi di una fiducia che motivi alla cura. L'ipotesi di ricerca che guida il tipo di consultazione prolungata proposto nel libro si basa sull'idea di permettere al paziente l'accesso a una prima significativa esperienza psicoanalitica che abbia un valore in sé, un suo ritmo aderente ai movimenti interiori, una sua compiutezza. Questo modello di consultazione richiede di conseguenza un setting la cui durata, se pure limitata, non sia definita in anticipo, e dove la conclusione dipenda dal prodursi di nuovi collegamenti, punti di vista e significati che diano forma alla domanda portata. L'idea comune a tutti gli autori è quindi quella di una consultazione che renda possibile una trasformazione iniziale nel paziente. Si evidenzia in questo modo la differenza tra la diagnosi psicoanalitica e quella psichiatrica. La prima è antinosografica, poiché consiste in una conoscenza costruita attraverso l'incontro con il paziente, con il suo modo di reagire e con le sue risorse; il suo oggetto, a differenza della diagnosi psichiatrica, non è la malattia ma la persona.
Una donna su quattro ha subito nell'infanzia gravi forme di abbandono o di abuso, e questi eventi raddoppiano il rischio di depressione nell'età adulta. Con le parole delle donne intervistate nel corso di una ricerca ventennale, le autrici delineano un quadro vivo degli effetti a lungo termine di esperienze infantili traumatiche. Al testo è accluso il questionario CECA, un test autosomministrabile validato scientificamente, che misura l'incidenza dell'esperienza traumatica all'interno della storia familiare.
Di per sé la dissociazione è prevalentemente una difesa contro le emozioni eccessive derivanti da esperienze traumatiche impossibili da fronteggiare e integrare nella coscienza ordinaria. Quando diventa la modalità esistenziale primaria della persona, tuttavia, essa perde le caratteristiche adattive e protettive per diventare una vera e propria patologia. Ma la dissociazione patologica è anche una delle più tragiche conseguenze dell'abuso infantile. E dunque imperativo comprendere meglio i disturbi dissociativi della prima infanzia, il ruolo della dissociazione nei problemi psichiatrici derivanti da esperienze traumatiche, dal maltrattamento e dalla violenza, nonché le possibilità di efficace intervento terapeutico.
È noto a tutti che l'apprendimento delle lingue da adulti è molto faticoso e spesso dà risultati deludenti, mentre i bambini possono acquisire con facilità le lingue a patto che vengano osservate alcune semplici "regole". Questo libro illustra tali regole e ne discute gli aspetti più rilevanti alla luce delle ricerche più avanzate nell'ambito delle neuroscienze.