Il "principio dialogico" è il "filo d'Arianna" scelto per attraversare la vasta e affascinante opera di Balthasar: esso indica un sentiero promettente e non ancora pienamente esplorato. La cornice entro la quale il saggio si colloca è offerta dall'ipotesi che il "principio dialogico" sia interpretabile come chiave di volta di una possibile teoria del soggetto diversa da quella costruita sul trascendentale. Se tale ipotesi ha una sua plausibilità, essa invita ad una revisione (almeno parziale) dell'immagine di Balthasar come teologo che, quale custode arcigno della trascendenza della Rivelazione, giunge fino alla radicale esclusione di qualsivoglia accostamento antropologico al cristianesimo. Rimane tutto lo spessore della sua critica, a volte aspra, all'approccio trascendentale - e segnatamente a quello elaborato da Rahner - ma ci sarebbe anche - nei suoi testi - l'indicazione di una via antropologica alternativa: una via che va "oltre il trascendentale" ma non "oltre il soggetto". L'indagine presente è un primo passo su questa via e un invito a percorrerla fino in fondo, anche per verificare la fecondità teoretica di una lezione balthasariana - quella sul "principio dialogico" - che attende ancora di essere pienamente valorizzata.
La missione della Chiesa è descritta spesso in termini di testimonianza: la verità, da Gesù sussurrata agli orecchi dei discepoli, dev'essere gridata dai tetti. Secondo la cultura postmoderna parlare di verità è in ogni caso esagerato; se pure di verità si può parlare, il luogo non può essere quello pubblico. In quel luogo sono tollerate solo opinioni personali, e non pretenziose verità. La figura della testimonianza rimanda a una contraddizione tra cultura pubblica e predicazione cristiana, che pare inevitabile. Fin dall'inizio, d'altra parte, il vangelo ha suscitato litigi, e quindi un interminabile processo. Proprio per rapporto a quel processo il cri-stiano è testimone, in senso giudiziale. Il famoso "aggiornamento" mira invece a un rapporto con la nuova cultura, che vuol essere irenico e rimuove ogni conflitto; la parola cristiana perde il profilo di testimonianza, per candidarsi ad essere soltanto un supplemento d'anima per un mondo senz'anima. I contributi qui pubblicati, di taglio biblico, filosofico, di teologia sistematica e di teologia della cultura, sono frutto di un Seminario di studio volto a recuperare una nozione di testimonianza meno slavata.
Posta sotto i riflettori dell'intelligenza e della critica, la pratica religiosa deve inesorabilmente manifestarsi come modesto vettore di socializzazione, con vaghe opportunità consolatorie, incline però alle radicalizzazioni del fanatismo superstizioso e del dogmatismo intollerante? Se la nostra coscienza si lasciasse pazientemente sorprendere dalle congiunture più straordinarie e feriali del vivere - nelle quali l'uomo nasce e muore, genera e lavora, crea e fallisce, ama e soffre - forse scoprirebbe la singolare custodia che la religione offre alla libertà. Proprio in quelle congiunture la libertà cerca le ragioni della propria speranza e le riceve in dono dai suoi legami: da quelli che l'assicurano al senso della vita a Quello che la rassicura della preziosità di sé, accendendo gli indizi di una sua provenienza e di un suo destino non di questo mondo.
In un contesto culturale definito come "post-metafisico", è ancora possibile pensare Dio e la verità senza scadere nel relativismo, ma pure senza riproporre un oggettivismo di ritorno? Come perseguire l'impresa di "allargare gli spazi della razionalità" (Benedetto XVI), superando le estenuanti separazioni antiche e moderne tra umano e divino, tempo ed eternità, sapere e credere? Il volume si impegna ad affrontare tali interrogativi epocali, tramite un confronto serrato con le opere di tre esponenti significativi della cosiddetta "Scuola heideggeriana cattolica": J.B. Lotz, M. Müller e B. Welte. I loro percorsi appaiono istruttivi per il tentativo di riflettere - insieme con Heidegger, ma anche oltre e contro il suo pensiero - a proposito dell'essere e del fondamento, prendendo sul serio il carattere storico dell'uomo e della sua coscienza. Il saggio cerca di ricostruire il contributo di tali autori, mettendone in rilievo ed esplicitandone la fecondità per la ricerca contempo-ranea della filosofia e della teologia. Nella consapevolezza - accertata una volta per tutte dall'Evangelo - che soltanto l'incontro con l'evento della verità di Dio è capace di aprire l'accesso all'origine e al compimento della libertà di ogni uomo.
Come parlare oggi della dignità spirituale dell'umano senza perdersi nella retorica e nel generico "senso del sacro"? Il linguaggio comune, più o meno interessato ad intrattenersi attorno all'attuale "crisi dei valori spirituali", segnala soprattutto l'arresto e l'inerzia della lingua tradizionale: evoca genericamente qualcosa di cui si lamenta la mancanza o si denuncia il bisogno. La condivisa riconosciuta attenzione al tema della sensibilità e degli affetti nell'opera di Francesco di Sales (1567-1622) consente di apprezzare in lui un valido interlocutore per questo tema cruciale. Rilevandone i positivi riverberi per l'attuale teologia della fede, è possibile riassumere l'originale tentativo salesiano attorno alla felice e sintetica espressione: "Dio è il Dio del cuore umano". Nel cuore e attraverso il cuore si compie quel sottile e intenso processo unitario di acquisizione fatto di pensiero, sentimento e azione, dunque, di libertà, in virtù del quale l'uomo riconosce Dio e, insieme, si riconosce, ritrovando oltre se stesso il fondamento del proprio inizio e del proprio compimento, nella forma di un affidamento ad una verità che appare alla coscienza come capace di suscitare un corrispondente irrinunciabile bene-volere.
Comprendere è comprendersi; a partire da questa prospettiva il saggio affronta il linguaggio della morale e della spiritualità islamiche. La "scoperta" attraverso il linguaggio arabo-islamico dei valori morali e spirituali intende anche pagare il debito che il cattolicesimo deve all'islam dopo secoli non solo di disattenzione a questo patrimonio ma anche di contrapposizione rivolta a negare molti aspetti nobili della religione. Il saggio si propone di portare, mediante un primo approccio, alla conoscenza dei termini e delle formule strutturali con cui sono stati espressi interrogazioni, aspettative, orientamenti, linee di forze della virtuosità e della spiritualità della comunità e dei singoli soggetti. Due dimensioni parallele, spiritualità di base e spiritualità sufica, ma tendenti ad interagire, in quanto fondate ambedue sulle fonti coraniche e profetiche, sebbene orientate ad esperienze a diverso livello. Cogliere la specificità del linguaggio islamico significa anche prendere atto delle differenti prospettive (islamiche e cattoliche) e incrementare la volontà di ricerca degli uni verso gli altri.
L'autore riprende e approfondisce l'enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas est in cui si afferma che eros e agape sono due volti dell'unico vero amore.
Chi vuole mantenere oggi la propria fede fatica sempre più a leggerne il senso entro un'esistenza sottoposta a disparate tensioni. Questa è la base che guida la riflessione dell'Autore il quale, associando la sensibilità pastorale e morale al profilo fondamentale della problematica, ripropone l'antica domanda sulla praticabilità della fede e della speranza cristiane. Gli interlocutori scelti, M. Bellet, E. Drewermann e S. Quinzio, offrono sponde dialettiche di grande interesse, che permettono di approfondire la questione incalzando la riflessione con acute provocazioni fenomenologiche, psicanalitiche, esegetiche e storico-culturali. Il disagio esistenziale e le angosce legate al credere, si trovano così sottoposte al ventilabro, nella faticosa ricerca di un passaggio fra le minacciose acque dell'angoscia: per far tesoro di quanto, pur nella sofferenza, fa vivere e smascherare la forza di un male che non sempre risulta essere 'mortale'.
Il saggio vorrebbe contribuire ad un più radicale chiarimento circa le ambiguità a cui è ancora oggi esposto in particolare il rapporto tra psicologo e formatore.
La conoscenza dell'Islam da parte della cultura europea e cristiana esige come passaggio obbligato la traduzione dei concetti e delle categorie religiose islamiche dentro il linguaggio latino. A questa esigenza, particolarmente cara alla cultura cristiana, intende rispondere il volume.
Tra i massimi esponenti della teologia evangelica contemporanea, W. Pannenberg si è dedicato allo studio dei temi essenziali della fede, in cui ricerca filosofica e intelligenza teologica si intrecciano con equilibrio senza mai prevaricare l'una sull'altra. Negli anni '50, con altri colleghi, fonda il Circolo di Heidelberg e vi ispira il programma La rivelazione come storia, alla cui tematica, sviluppata negli studi successivi di Pannenberg, il presente saggio critico si dedica.La storia nel pensiero di Pannenberg diventa il luogo nel quale non solo vive l'esperienza religiosa dei singoli uomini, ma anche la realtà personale di Dio che si rivela indirettamente proprio nel suo agire storico. In particolare, Dio non è tanto 'oggetto' della coscienza, ma 'soggetto' che si fa incontro alla coscienza e a cui la stessa coscienza può corrispondere.
Il presente studio, accurato e documentatissimo, si distende in tre parti. La seconda (e centrale) parte è dedicata alla riflessione etica e bioetica contemporanea sull'aborto; essa a sua volta, per poter essere adeguatamente compresa, rimanda a una lunga tradizione morale, filosofica e teologica, che è oggetto di studio nella prima parte del volume. Le più radicali questioni etiche sul tema sono quindi affrontate nella terza e ultima parte, a partire dalle riflessioni di autori come Ricoeur, Lévinas e Marcel che nel ridare valore all'esperienza e all'esistenza, forniscono elementi istruttivi in vista di una interpretazione del senso in gioco in un dibattito come quello sull'aborto. Tra questi spicca il rimando all'evento dell'attività sessuale e del matrimonio, dunque della generazione e all'interpretazione del senso che ha 'volere' un figlio.
L'indagine di Moioli sulla piccola carmelitana di Lisieux mette ripetutamente in evidenza la correlazione tra dottrina e vissuto e induce a prendere le distanza da qualsiasi interpretazione agiografica, per rileggere la vocazione cristiana di Teresa nell'orizzonte della fede. L'attualità della santa sta indubbiamente in questo cammino di fede, messo a dura prova in un contesto storico di ateismo che la rende comunque solidale con la sofferenza di chi non crede.
I saggi presentati in questo volume illustrano in vario modo questa persuasione comune: una teologia biblica e critica della "attestazione" è in grado di ovviare a quella separazione del testo e della testimonianza, che pregiudizialmente impone la scissione della pratica esegetica e dell'elaborazione teologica.
Concepita per gli alunni delle Facoltà teologiche, e suddivisa in 32 brevi capitoli, la presente pubblicazione intende essere una sintetica ma sicura guida per quanti decidono di scegliere la professione del teologo. Ne esce un sorprendente quadro di chi è il teologo, e di che cosa significa e perché fare teologia come servizio al 'vangelo' di Gesù, nella Chiesa.
L'enciclica Veritatis splendor del 1993 è apparsa e scomparsa dall'orizzonte dell'opinione pubblica, anche ecclesiastica come una cometa: una discussione spesso superficiale e addirittura ingiusta l'ha condannata ben presto alla dimenticanza. Così lo splendore del suo assunto, la verità della libertà, tarda a irraggiarsi: anche nella Chiesa e nella teologia. La presente opera si propone invece di comprendere accuratamente il testo papale, nelle sue singole parti e nella globalità delle affermazioni su legge naturale, libertà, decisione, coscienza, peccato; affronta inoltre le questioni più recenti sul carattere teologico della morale e sul metodo per formulare la norma e il giudizio morale.
Il saggio su "Lo sviluppo dell'idea musicale" del 1925 è il primo della bibliografia ufficiale di Balthasar. Il movimento della riflessione appare molto determinato nella ricerca di un intrinseco rapporto tra l'energia immanente al Musikgeist e l'impulso trascendente che segna la sua costituzione e dischiude la logica dei suoi sviluppi. Il saggio di Sequeri presenta i temi della saggistica musicale balthasariana nel contesto della genesi del progetto di un'autonoma estetica teologica.
Moioli ha lungamente e variamente meditato sul prete: segno ne sono sia l'ampiezza del ventennio che separa gli scritti più remoti da quelli più recenti, sia le diverse modalità di approccio al problema. Moioli fornisce pagine molto preziose, frutto di una teologia capace di porsi al servizio della chiesa nella verifica critica e nello stimolo della sua intelligenza credente.