Dal VII al XIX secolo il libro manoscritto in caratteri arabi ha diffuso il sapere in lingue e culture diverse - dall'Atlantico al Mar della Cina, da Zanzibar alle rive del Volga - con straordinaria efficacia e continuità. Una sterminata produzione di cui finora solo una piccola parte è emersa, studiata, catalogata. Come 'guardare' un codice in caratteri arabi? Come vagliare dall'insieme al dettaglio il testimone di una cultura materiale e di una produzione intellettuale così multiforme? Come erano codificate le grafie, la disposizione del testo, le ornamentazioni? Per chi e come lavorava un copista del mondo arabo-islamico? Come si fabbricava e si preparava la carta? Un volume destinato non solo a codicologi e orientalisti, ma anche ai lettori interessati a conoscere e capire il valore del libro nel mondo mediorientale e le sue trasformazioni tra le mani dell'uomo. L'analisi chiara e rigorosa arricchita di schemi, tavole, immagini inedite - guida il lettore a riconoscere gli elementi costitutivi del libro arabo-islamico e a inquadrarne l'ambiente e l'epoca di produzione senza trascurarne l'aspetto grafico e visivo.
Abitudini o divieti formali per secoli tennero lontana la donna medievale dalla scrittura. Questo libro di Luisa Miglio investiga attraverso un metodico lavoro di riconoscimento e di studio le occasioni e le situazioni di scrittura femminile tra il medioevo e la prima età moderna. Il possesso dell'alfabeto era per una fiorentina del Quattrocento una virtù o un accessorio biasimevole? In quali strati della società era più facile l'accesso alla scrittura? Mondo laico e mondo religioso mostravano differenze di comportamento? L'autrice attraverso l'analisi delle tracce materiali nei documenti d'archivio - scopre quali furono le motivazioni che indussero alcune donne a prendere in mano la penna: annullare lontananze, dare corpo al proprio immaginario e alla propria memoria, guadagnarsi da vivere, sopperire alla mancanza di scriventi maschi, infrangere il monopolio maschile della scrittura.
Indagare sui copisti, questi oscuri e spesso trascurati personaggi pure tanto invocati dagli studi sulla tradizione manoscritta dei testi, è l'oggetto principale di questo libro. Il punto di vista scelto è quello della Roma quattrocentesca, una realtà sfuggente perché in pieno divenire, travagliata dai mutamenti che l'avrebbero vista, nell'arco di un secolo, passare da piccolo comune in balia di riottose famiglie nobiliari e di "bovattieri" a rinnovata sede del Papato e a città rinascimentale.
Questo saggio si propone di dimostrare, coerentemente con i principi fondamentali della bibliografia medievale, che il paratesto (a cominciare da titoli e colophon) deve essere considerato come testimone dei dati identificativi di un'opera e registrato nei cataloghi di manoscritti e nei repertori bibliografici. Ampio spazio è dedicato agli inventari delle biblioteche medievali e agli elementi che permettono di riconoscere un testo, come il nome dell'autore, il titolo e l'incipit. Il volume è concluso da un esaustivo panorama degli strumenti a disposizione degli studiosi di letteratura mediolatina e in genere di quanti, a cominciare dai redattori di cataloghi, hanno professionalmente a che fare con i manoscritti medievali.