Il libro parte dalla constatazione che oggi, in Italia ma non solo, tra politica e potere c'è confusione e che da ciò la politica esce immiserita e ridicolizzata. C'è un attaccamento al potere, che fa da surrogato all'incapacità di agire efficacemente. Così, più che farne una questione morale, vengono qui indicate le mosse strategiche che fanno uscire dall'impotenza. In sintonia con un femminismo che ha preso le distanze dal potere, viene portata una lettura simbolica dei cambiamenti in corso, affrontando il corpo a corpo tra politica e potere attraverso una interrogazione del risvolto soggettivo, sentimentale e affettivo del nostro vivere la contraddizione tra questi due piani. Solo la politica, e non il potere, ha la capacità simbolica di aprire nel tessuto dei fatti un corso nuovo di eventi.
Ciò che si propone il libro è questo: dalla tendenza ad ignorare o a colmare o ad esorcizzare il negativo, passare invece a pensare il lavoro che il negativo riesce a fare, come sciogliere legami non liberi, sgombrare la mente da costruzioni inutili, alleggerire la volontà da fardelli insensati. Ci ha orientato una domanda: come possiamo impedire che il negativo che c'è nelle nostre vite "vada a male", si traduca cioè in qualcosa di irrimediabilmente deteriore? Questa domanda viene declinata nel testo in modi diversi. Quando il negativo si lascia introdurre nel discorso, vuol dire che, poco o tanto, è uscito dalla sua assoluta negatività e non pretende di trionfare da solo.