Lo studio analizza i conflitti tra le associazioni private di fedeli e l'autorità ecclesiastica nel Diritto Canonico latino, conflitti basati su rivendicati diritti di legittimità ed opportunità nell'agire da parte di entrambe le parti e giuridicamente fondati sul can. 323 che sancisce sia l'autonomia delle associazioni private che la vigilanza ed il governo dell'autorità. Esso parte dall'analisi di questi concetti per fornire un quadro di come sono applicati nel vigente ordinamento canonico. Viene poi studiato il processo che porta alla nascita della nuova forma giuridica delle associazioni private, non presenti nel precedente Codice, per giungere ad analizzare la normativa promulgata. La ricerca prosegue esaminando alcuni casi di conflitti reali, anche recenti, trattati dai Dicasteri della Curia Romana o dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Si giunge così alle ultime due parti della ricerca ovvero: l'analisi delle possibili azioni che l'autorità può compiere per tentare di sanare il conflitto - soffermandosi in modo approfondito sulla questione del commissariamento delle associazioni private e su altri provvedimenti come la rimozione del moderatore - e, dall'altra parte, le possibili azioni che può compiere l'associazione per difendere i suoi diritti in risposta all'azione dell'autorità.
Chiunque voglia avvicinarsi al diritto vaticano non può prescindere da alcune nozioni fondamentali e, soprattutto, dal rapporto con il diritto canonico, sua "fonte primaria". Le riforme vaticane in materia economico-finanziaria e in materia penale, iniziate nel 2010 e particolarmente sviluppate nel corso del pontificato attuale, costituiscono l'occasione esemplare non solo per illustrare la relazione corrente tra l'ordinamento canonico e l'ordinamento vaticano, quanto anche per chiarire la distinzione e il rapporto (per molti versi, "irripetibile") tra la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano. L'approfondimento dei contenuti delle riforme viene pertanto preceduto da una premessa storica e da una altrettanto necessaria "parte generale" di diritto vaticano, nonché completato dall'analisi delle fonti di produzione normativa, al fine di fornire al lettore un quadro d'insieme, esaustivo e aggiornato, da cui emergono le peculiarità e le caratteristiche di fondo dell'ordinamento vaticano e le molteplici ragioni di interesse che esso, da circa un secolo, continua a suscitare nella riflessione giuridica.
La normativa canonica con la costituzione del cura tore «ad litem» tutela e garantisce il valido esercizio dei diritti sostanziali e processuali della parte nei casi in cui tale esercizio sia compromesso a causa di una infermità mentale accertata dal giudice durante tale processo o in vista di esso. Il presente studio, mediante un'analisi critico-analitica delle fonti giurisprudenziali e delle rispettive fonti dottrinali circoscritta alla funzione e alla costituzione del curatore, si prefigge di offrire un sussidio giuridico che possa risultare utile all'adempimento sia del munus del giudice che debba procedere alla costituzione di un curatore o, eventualmente, affrontare la sua impugnazione, sia del l'incarico del curatore che debba tutelare la parte inferma di mente nell'esercizio di tutti i suoi diritti nel processo. La prassi giurisprudenziale ha dimostrato che la protezione degli infermi di mente per il tramite del curatore processuale, deve contemperare le esigenze dei diritti delle parti nel concreto ambito processuale con la necessità della tutela medesima.
Valutare la perfetta inquadrabilità delle cause di canonizzazione all'interno del diritto processuale canonico costituisce il fine primario della presente ricerca dottorale. Che le cause di canonizzazione siano sempre state considerate un processo lo dimostra la storia, lo sostiene la redazione codiciale piano-benedettina e lo conferma l'inclusione del can. 1403 all'interno del Libro VII del Codice vigente. L'analisi delle clausole del canone de quo ha rivelato come esse costituiscano lo strumento meta-processuale per l'interpretazione delle medesime cause e come il verbo applicare, comune ad altri canoni (1691 §3, 1728 §1), sottenda un delicato processo giuridico che, previa una valutazione della natura rei da parte del giudice, renda possibile servirsi di istituti di pari natura come, nel caso, quelli di natura giudiziale. A dimostrare la giudizialità di tali cause - e, conseguentemente, la loro "specialità" a livello processuale - vi sarebbero alcuni principi caratterizzanti la normativa peculiare: il realizzarsi di un contraddittorio sostanziale, la piena parità delle parti, il diritto di difesa e l'indipendenza del giudice. È proprio tale natura formale, unita al carattere di pubblicità, a rendere possibile l'applicazione non solo di istituti giuridici propri del contenzioso ordinario, ma anche di altri presenti nel Codice, salva sempre la clausola restrittiva di riferimento.
Sin dal principio la Chiesa si è data regole con il fine di punire il sacerdote concubinario. Questi canoni, raccolti grazie ad un paziente e approfondito lavoro di ricerca e traduzione, contengono vari tipi di sanzionamenti, che ci mostrano l'evoluzione dell'atteggiamento nei confronti di questi preti e la genealogia della norma odierna. Oggi un sacerdote che abbia una relazione sessuale stabile con una donna è punito a norma di legge tramite l'applicazione del can. 1395 § 1, a cui è dedicato il capitolo centrale di questo lavoro, che non solo ne analizza la lettera, ma ne vede e prevede tutte le possibili applicazioni. L'importanza e il senso della castità a cui sono tenuti i sacerdoti conclude la ricerca, dando ragione dell'incoerenza di chi promette di essere celibe e poi infrange questa promessa, vivendo una doppia vita e provocando danno e scandalo.
Il presupposto per l'equità processuale è basato su un contraddittorio tra più persone che accusano o difendono posizioni contrapposte. La parola di Gesù "A chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello" (Mt 5,40) è la linea di comportamento processuale cristiano.. Questo lavoro percorre l'evoluzione del contraddittorio nelle istituzioni del processo canonico e statale italiano giungendo al concetto liberante e terapeutico che per il cristiano è il concetto di persona che è una Persona.
Questa dissertazione studia il cosiddetto processus brevior introdotto nella legislazione processuale canonica nel 1971 dal Motu proprio Causas matrimoniales di Paolo VI e confermato nella nuova codificazione sia latina che orientale. Dopo aver chiarito se possa essere considerata "d'appello" oppure no, se ne mostra l'autentica indole giudiziaria. Viene poi studiato il tema dei limiti della pronuncia giurisdizionale e della disponibilità delle parti sul rapporto processuale, affronta le questioni di carattere processuale quali la possibilità di acquisizione delle prove, l'oggetto della valutazione dei giudici, la forma e il tipo di motivazione del decreto.
La tesi che si articola in tre parti, attraversa lo spazio temporale che dal CIC/1917 conduce al CIC/1983 ripercorrendo il pensiero del magistero e di alcuni canonisti in ambito sia ecclesiastico che statale. Ciò che emerge è l'aequitas definita sapiens dal terzo dei principi che hanno guidato la revisione del codice, spirito profondo della legislazione ecclesiale ossia la ricerca della giustizia .
L'oggetto principale del presente lavoro è la tossicodipendenza e l'incapacità al matrimonio. Vi è la classificazione delle sostanze psicoattive, ossia droghe, e una particolare attenzione viene data ai disturbi mentali da esse derivanti. La ricerca prosegue con un'analisi delle sentenze in tema di tossicodipendenza emesse dal Tribunale Apostolico della Rota Romana nel periodo tra il 1935 e il 1994; tenendo conto di peculiari condizioni psicofisiche del tossicodipendente, viene presa in esame la sua capacità o incapacità al matrimonio secondo le tre fattispecie previste nel can. 1095 del codice vigente (1983).
Le leggi irritanti e inabilitanti hanno occupato un posto di rilievo durante il periodo di vigenza del Codice del 1917. Il canone 10 del Codice 1983 rimase identico a quello abrogato e gli autori sembrano perdere ogni interesse per la materia, d'altro lato, nella promulgazione del nuovo Codice, il Pontefice mette in luce il lavoro della riforma insistendo sulla doppia prospettiva della novità nella continuità con la tradizione canonica e la continuità nella novità del Concilio Vaticano II.Questa tesi è uno studio critico comparativo sulla natura e applicazione delle leggi irritanti e inabilitanti nel Codice del 1983 come risposta alle attese dei canonisti e nella nuova prospettiva indicata dal legislatore.
Il legislatore del 1983 affronta il tema dell'errore che può inficiare l'atto giuridico nel libro sulle norme generali, riprendendo il disposto del can. 104 del codice del 1917 e sancendo al can. 126 che l'atto posto per ignoranza o per errore qui versetur circa id quod substantiam actus constituit o qui recidit in condicionem sine qua non è nullo. Di quali contenuti la dottrina abbia riempito la categoria dell'errore oggettivamente sostanziale e di quale terminologia si sia servita sono le questioni a cui si è tentato di dare soluzione oltre a dare attenzione alla interpretazione della figura a alle sue applicazioni nel diritto matrimoniale canonico.
A norma del canone 1061 § 1 del Codice di Diritto Canonico vigente, si richiede che l'atto consumativo del matrimonio sia compiuto dai coniugi modo humano. Il lavoro è diviso in tre parti: la prima riguarda il metus; la seconda prende in esame il concetto di consummatio coniugii; la terza parte considera gli elementi intellettivi e volitivi necessari e sufficienti per una copula consumativa e vengono posti in relazione il metus con la consummatio coniugii. Lo studio offre una soluzione alla questione inerente il metus incusso da un coniuge all'altro al fine di giungere alla consumazione del matrimonio.
Questo lavoro si prefigge lo scopo di presentare lo scioglimento del vincolo matrimoniale non sacramentale in maniera sintetica offrendo una panoramica generale della materia in oggetto.