Partendo dalla descrizione di quei processi che tutto piegano alla dipendenza del mercato, l'autore propone un agire politico "in allegria", che valorizzi quel modo d'essere proprio dell'esistenza umana che è la socialità, che riattivi i circuiti dell'incontro, del ritrovo, della comunicazione e del dialogo. Una politica dunque che, per combattere la dittatura del mercato, non ricada nella logica autoritaria dello statalismo, ma riscopra il valore centrale del legame sociale. Ne discende anche una nuova riflessione sul Meridione visto, fuori dalla vecchia contrapposizione tra arretratezza e sviluppo, come laboratorio di una trasformazione radicata nel territorio e nel suo tessuto sociale.
La realtà del Sud è sicuramente dolorosa, ma per fortuna non è fatta solo di criminalità mafiosa, lavoro nero e disoccupazione: accanto a queste piaghe su cui insiste unicamente un sistema d'informazione pigro e interessato, nel Sud è dato rinvenire consuetudini, modi di sentire e valori in cui rivive la grande tradizione culturale del Mediterraneo. In questo libro se ne segnalano alcuni: la cultura del dono, il senso di ospitalità e l'attaccamento alle "appartenenze" comunitarie; l'intenso rapporto con la natura che trova una espressione esemplare in alcuni esponenti della tradizione filosofica meridionale; la dominanza nella mentalità del Sud dell'"archetipo materno" (e delle sue "umane" manifestazioni) che potrebbe valere come antidoto ai modelli esasperatamente competitivi oggi dominanti; la complessa ideologia della morte, il culto della memoria e il permanente bisogno di un dialogo con i defunti. Queste le tematiche con cui l'autore rivolge un esplicito invito alle comunità meridionali: riconsiderare e ritrovare la propria identità collocando la riscoperta delle proprie tradizioni nell'orizzonte culturale della postmodernità.