Don Mario Aldighieri, già autore di "Il ragazzo di Nazareth", con questa nuova narrazione cerca di entrare nell'intimo di Giuseppe, padre di Gesù, per mettere in luce i sogni e le speranze, i dubbi e le incertezze, il calore umano e la grandezza di chi "per amore e solo per amore" ha fatto della sua vita la fedele opera d'arte plasmata dalle dita di Dio. Giuseppe, purtroppo dimenticato dalla tradizione religiosa cattolica e dalla devozione popolare, è stato scavalcato da tanti altri santi, ridotto a silenzioso e vecchio custode del figlio di Maria, patrono della buona morte e, quando la problematica sociale è giunta al suo apice, il buon falegname è stato scelto come patrono dei lavoratori e degli operai, icona della Festa del Lavoro. Incoraggiato da papa Francesco, che ha definito il falegname di Nazareth custode del mistero del figlio di Dio, don Aldighieri fa parlare direttamente Giuseppe, secondo la finzione letteraria del diario. Ne esce un racconto intenso dove conoscenze bibliche, vita e spiritualità sono intimamente connesse.
Un libro per i vari tempi liturgici in cui trovare ispirazione per una meditazione, una ricerca volta alla conversione o all'impegno sociale. Dall'esperienza di una vita missionaria, una riflessione che si fa canto, ma anche grido, sulla conversione del cuore, sull'impegno morale e civico in senso individuale e sociale. Il titolo ricorda il suono del corno nell'antico Israele che chiamava il popolo a ritrovare i cammini segnati da Dio. Era il momento in cui i poveri di spirito esultavano di gioia perché la loro terra si rivestiva di giustizia e di pace, i superbi e i potenti temevano la perdita dei loro beni accumulati spesso con frode e malizia. Purtroppo il jobel, il giubileo biblico, non ha mai trovato nella storia la sua vera realizzazione e così nemmeno il giubileo cristiano, spesso ridotto solo ad una conversione individuale con pochi e fragili segni a livello comunitario. L'anno liturgico è il giubileo annuale nel cuore di chi vuole rifare il percorso che avvicina sempre più a quel "giubilo" che non è più giubileo, ma Dio tutto in tutti.