Una scommessa di citazionismo colto (con ironie paradannunziane a comandare il gioco) innestato su una vicenda di venerata tradizione agiografica. Ad Agata si riserva un atteggiamento ieraticamente capace di trascendere ogni evento senza proferire parola; ma è Quinziano, ipotetico procuratore di Roma, a fare lo spettacolo. Violento, irascibile, capriccioso, innamorato da perderci la testa, tortura l'inattingibile giovinetta soffrendone per il primo; e andando incontro a un quasi cercato destino di morte finisce col riscattarsi, se non proprio sublimarsi.