Esiste un ambito in cui due saperi in apparenza lontani quali la fenomenologia e le neuroscienze si incontrano e cooperano proficuamente a definire la traiettoria dell'esperienza personale, lungo una linea di continuità tra stati normali e psicopatologia nevrotica. È quello della costruzione del sé, inteso da Giampiero Arciero e Guido Bondolfi non come soggetto che signoreggia nella propria chiusa sfera mentale ma come identità narrativa, la cui permanenza nel tempo si riflette nel linguaggio, configurando in una trama provvista di significatività le differenti inclinazioni emozionali. La narrazione ricompone e integra gli accadimenti, l'agire e il patire, così da fornire a chi li esperisce un senso di stabilità dinamica, polarizzata secondo due tendenze emotive fondamentali di cui la risonanza magnetica funzionale produce riscontri: la centratura sul corpo e l'orientamento all'alterità. A questa polarità Arciera e Bondolfi riconducono gli stili di personalità, distinti in base ai disturbi dominanti: alimentari, ossessivo-compulsivi, ipocondriaco-isterici, fobici, depressivi. Una prospettiva epistemica che ha suscitato grande consenso, perché riesce finalmente a connettere le invarianti esperienziali con la storia singolare della persona nella sua unicità.
L'autore presenta un contributo originale alla teoria psicologica e psicopatologica di Vittorio Guidano. I quattro 'stili di personalità' teorizzati da Guidano sono qui illustrati attraverso il riferimento a personaggi della letteratura: Maupassant per l'organizzazione depressiva, Cechov per i disturbi alimentari psicogeni, Pirandello per la personalità fobica, Dostoevskij per quella ossessiva.