Se il telefono suona, siamo di fronte a due possibilità: James Bond può alzare il ricevitore oppure no, e questo naturalmente può indirizzare il racconto in due direzioni completamente diverse. In questa conversazione inedita con Paolo Fabbri, registrata a Firenze nel dicembre del 1965, Roland Barthes affronta il tema dell'analisi strutturale dei racconti a partire dalle intuizioni di Vladimir Propp, che suscitarono un dissidio teorico tra Claude Lévi-Strauss e Algirdas J. Greimas. E così, dall'Odissea a Sherlock Holmes, da Don Chisciotte a Madame Bovary, il racconto viene esaminato come un'architettura e una stratigrafia di sequenze. Postfazione di Gianfranco Marrone.
L'ascolto dà al suono un corpo sensibile da esplorare, perché vi si possa ritrovare tracce di spazio e di tempo, indizi di esperienze vissute, ritmi, consonanze, e segni da decifrare. L'ascolto mette in comunicazione due soggetti, li assicura di esistere l'uno per l'altro, e poi concede loro di sondare oltre la grana della voce i segreti del cuore. "Ascolto" è un testo (spesso citato, ma raramente letto) che Roland Barthes scrisse nel 1976, quattro anni prima della morte, in collaborazione con Roland Havas. Un piccolo saggio in cui si affronta la pratica dell'ascoltare in tutte le sue accezioni, sullo sfondo del vivere quotidiano, della religione, delle arti e degli studi letterari. Poche pagine importanti e ancora attuali, dove la semiologia incontra l'estetica e la psicanalisi, aprendosi alla ricerca dei rapporti fra senso, potere e desiderio. Introduzione di Stefano Jacoviello.
Scritto per il convegno su "Stendhal e Milano" (Milano, 19-23 marzo 1980), questo, a quanto pare, è l'ultimo testo di Roland Barthes (Cherbourg, 12 novembre 1915 - Parigi, 26 marzo 1980). La prima pagina era stata dattiloscritta. La seconda pagina risulta inserita nella macchina per scrivere il 25 febbraio 1980, il giorno in cui Barthes fu investito da un camioncino (ricoverato in ospedale, morì dopo circa un mese). Si tratta di un testo terminato, stando al modo in cui esso si presenta, anche se, forse, come era solito fare, Roland Barthes vi avrebbe apportato qualche modifica, come risulta che abbia fatto sulla prima pagina.
"Il linguaggio amoroso, 'altro linguaggio' [...:] attrito, frizione insopportabile che l'innamorato avverte tra il suo linguaggio amoroso (per lui: il linguaggio giusto) e ogni altro linguaggio: linguaggi costituiti dalla mondanità, dalla scienza, dalla moda, dalla generalità, avvertiti con orrore come artificiosità. [...] Artificiosità, sensazione della inversione del reale. Il mondano, lo scientifico, la generalità: falsa realtà. Veramente reale è l'Amore 'artificiosità'). Sensazione del soggetto innamorato: che l'Amore faccia vedere lucidamente la futilità, la vanità dei linguaggi non amorosi. L'Amore è mediatore di verità. Allargamento filosofico del sentimento amoroso. [...] Divergenza dei sistemi, l'altro linguaggio rinvia alla divergenza dei campi, dei sistemi. Due sistemi divergenti: l'Amoroso e il Mondano. Ogni accavallamento è intollerabile. Quindi: la nudità della relazione col mondo (di esclusione, di separazione). Ma la separazione (che è di fatto una valutazione) incontra codici culturali che l'alimentano e le servono da alibi. [...] All'innamorato in rottura con la mondanità, la socievolezza, la generalità, la conformità corrisponde un'estetica della dissimmetria, dell'inversione, dell'asindeto, della irregolarità. È almeno così che il soggetto innamorato si dice". Roland Barthes, 'Figura 8: Altro linguaggio', Seminario, 30 gennaio 1975
Amore e dolore (il dolore è «qualcosa che fa male nel cuore dell'amore»), quando sono presenti sono uno stato eterno, irrimediabile, sconvolgente. Semplicemente sono. Si possono abitare. E possono accompagnarsi alla «presenza dell'assenza». A un «dove lei non è», dice Barthes.
All'indomani della morte della madre, Roland Barthes inizia un diario. Racconta, vuole raccontare, prova a dire il suo dolore. Scrive a penna, talvolta a matita, su foglietti di carta che lui stesso prepara strappando in quattro pagine più grandi e di cui tiene una riserva sul tavolo di lavoro. Intanto, cerca di concretizzare senza riuscirvi, il progetto romanzesco Vita Nova e termina uno dei suoi capolavori: La camera chiara, non a caso sempre alla madre intimamente dedicato.
Gli psicoanalisti dicono che per elaborare il lutto della perdita di un padre o di una madre occorrono all'incirca diciotto mesi, Barthes tiene il suo diario per quasi due anni. È il 1977. Queste pagine rimangono inedite, ma il suo autore le aveva preparate, forse per la pubblicazione. Oggi arrivano al lettore come un gioiello inatteso.
Sono una narrazione poetica che procede per illuminazioni, fulminea ed esatta. Sono pagine intense, di grande forza emotiva e di spiccata purezza letteraria. Come in Frammenti di un discorso amoroso, anche qui ogni brano è indipendente, può essere letto in tempi e secondo movimenti diversi. Sono frammenti. Perché frammentario è il dolore che, non sottomesso al tempo, è incompleto, inadeguato, discontinuo, caotico, atono, imprevedibile e immobile.
Eppure, nel momento stesso in cui viene svelato lo scandalo del linguaggio umano che non sa dire la morte (se non con frasi banali e imbarazzate), proprio allora Barthes rivela una capacità estrema di trasferire nella scrittura un contenuto esperienziale tanto intimo quanto universale. In un percorso interiore e privato che apre alla riconoscibiltà e alla condivisione. Quello di cui si parla è un lutto senza sostituti o simbolizzazioni.
Ma la scoperta profonda che accompagna chi legge queste pagine, è che ad essere raccontato è, in ogni parola e in ogni pausa, un amore. Un amore assoluto, infinito, unico ed esclusivo.
"Devo cominciare fra breve a realizzare un documentario di un'ora sullo sport. Non voglio fare la storia dello sport, ma piuttosto, per così dire, la sua fenomenologia e la sua poetica. Lei avrà già intuito che il primo capitolo del suo "Miti d'oggi" mi ha molto interessato e che con questa lettera vorrei chiederle di scrivere il testo del mio documentario". Chi scrive è il regista Hubert Aquin: si rivolge a Roland Barthes. Il fatto stupefacente è che il celebre semiologo accetta la proposta. Questo volume è il risultato del loro incontro. Una raccolta di pensieri e di riflessioni sul rapporto tra lo sport e la società. Un testo offerto a quanti sono curiosi di leggere ciò che l'acuto mitologo della contemporaneità poteva pensare dello sport, al di qua e al di là del mito.
L'intera opera di Roland Barthes è cosparsa di acute osservazioni sui significati sociali dell'abbigliamento e del costume. In più luoghi, e da molteplici prospettive concettuali, l'autore porta avanti un'approfondita riflessione sul coprirsi e il denudarsi, sull'esibizionismo e la vergogna, sull'identità e i suoi mascheramenti. Questo libro riunisce tutti i testi (saggi, articoli, recensioni, digressioni, frammenti, interviste) nei quali Barthes affronta un tema e un problema centrali della vita sociale contemporanea: il multiforme e poliglotta universo semantico vestimentario, che si forma e si riforma senza sosta, nel momento in cui l'abito incontra il corpo, costituendolo come struttura di senso e, perciò, oggetto del desiderio.
Un vocabolario che comincia con un "abbraccio" e prosegue con "cuore", "dedica", "incontro", "notte", e "piangere" in cui Barthes interviene con il suo sottile ingegno di linguista a collezionare tutti questi discorsi spuri in un unico soliloquio. Per il grande pensatore francese l'amore è un discorso sconvolgente ed egli lo ripercorre attraverso un glossario dove recupera i momenti della "sentimentalità", opposta alla "sessualità", traendoli dalla letteratura occidentale, da Platone a Goethe, dai mistici a Stendhal. Si realizza così un repertorio suffragato da calzanti riferimenti letterari e da obbligati riferimenti psicanalitici sul lessico in uso nell'iniziazione amorosa.
Il volume raccoglie una serie di riflessioni, considerazioni, digressioni sul tema della fotografia. "Medium bizzarro, nuova forma di allucinazione: falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo", la fotografia viene scrutata non in sé, ma attraverso un certo numero di casi.