Metti una sera a cena un matematico, e mettigli vicino un fisico e un filosofo. Così un dialogo tra amici diventa un libro: tre compagni di liceo si ritrovano per intrecciare la nozione matematica di zero, quella fisica del vuoto e quella filosofica del nulla, ricostruendo un'avventura che attraversa tutta la storia del pensiero. Ma cosa accomuna questi tre concetti? Di certo lo scandalo del paradosso: un numero per il "non essere", indispensabile ma inafferrabile; un "vuoto" che "riempie" la nostra vita quotidiana e che resta un concetto di frontiera della fisica moderna; un'assenza e una mancanza, una negazione effervescente e pensosa che ci attrae fino ai bordi del mondo.
Una serie di scorribande nel mondo della scienza ma anche dell'arte e dell'etica: fra intrecci di esistenze talvolta straordinarie e scontri di idee che hanno mutato la concezione stessa della realtà, questo libro prospetta in modo inedito l'avventura della conoscenza. Fra i protagonisti spiccano i matematici, che spesso trovano cose che non stanno cercando semplicemente perché queste non esistono da sempre, ma prendono forma nel percorso dell'intelligenza. I matematici ignorano i confini sia nella politica sia nel sapere. Ma se i pedanti si arroccano nel loro specialismo, Claudio Bartocci, matematico e filosofo, fa suo il detto di Popper: "Siamo studiosi di problemi, e non di discipline ". La matematica si permette il lusso di "inventare il mondo" e può costruire il nuovo perché sa distruggere i vecchi pregiudizi. E quando un problema sfida il senso comune, l'intuizione creativa rovescia il motto di Sherlock Holmes: non bisogna più abbandonare l'impossibile per l'improbabile, ma dimostrare proprio quello che non pare possibile a coloro che si sentono "padroni del pensiero".
«Dal 16 ottobre al 31 maggio la matematica si mette in mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma con Numeri: tutto quello che conta, da zero a infinito. Organizzata da Palaexpo, Comune di Roma e Codice, è la più grande esposizione che l’Italia abbia dedicato al mondo dei numeri.
“Siamo animali matematici: abbiamo strutture neuronali predisposte a contare e queste ci danno un senso dei numeri che è universale”, ci spiega il matematico Claudio Bartocci, docente all’Università di Genova, curatore della mostra e autore, insieme a Luigi Civalleri, del catalogo (Codice Edizioni, pp. 220, euro 23).
“Siamo però anche animali culturali, e perciò decliniamo il senso dei numeri secondo il nostro ambiente. I Munduruku dell’Amazzonia, per esempio, non hanno parole per indicare i numeri superiori a 5, mentre gli africani Yoruba contano in base a 20: la mostra illustra con laboratori interattivi tutti questi modi di contare, diversi dal nostro”.
Moltissimi gli oggetti esposti: “C’è la tavoletta d’argilla babilonese YBC 7289, della collezione di Yale, dove compare per la prima volta qualcosa di straordinario per la sua complessità: un’approssimazione della radice quadrata di due. O un quipu originale del 1400, ossia il curioso strumento a cordicelle che gli Inca usavano per calcolare e registrare numeri”.
Si contava in modi ingegnosi già dall’antichità: i romani avevano un sistema che permetteva di arrivare fino a 10mila usando le dita. E in fondo anche l’etimologia di digitale, sinonimo oggi di “mondo incorporeo”, è legata a una cosa molto concreta come le dita della mano».
"Le invenzioni di ignoto reclamano forme nuove", diceva Rimbaud. E questo vale tanto per la poesia quanto per la matematica. La vicenda narrata in questo libro va dalla "scoperta" delle geometrie non euclidee alla lista di problemi che il grande David Hilbert presenta nel 1900 a Parigi, mentre la ville lumière celebra la conclusione di un secolo di progressi scientifici e tecnologici: quell'Ottocento che Claudio Bartocci ricostruisce qui nelle pieghe più sconosciute. Matematici famosi, ma anche maestri di scuola, ufficiali in prigionia, brillanti letterati e dilettanti baciati dalla fortuna si rivelano visionari costruttori di "piramidi rovesciate" che partono da un punto problematico della "superficie dei fenomeni" per ritrovarsi inaspettatamente in un mondo di idee "nuove e diverse" in cui aumentano le domande e diventano sempre più elusive e sconcertanti le risposte. Ma è così che la storia della pratica matematica, fatta di speranze e di delusioni, di false partenze e di imprevedibili successi, ci appare "palpitante di vita" e non erudizione morta e imbalsamata, simile "alla triste tigre impagliata di qualche museo del passato"