Tutto cade dentro una fuga di sguardo. Quando guardiamo ci lasciamo prendere. E ciò che ci prende ci affascina. In qualche modo ci sentiamo attratti e come trascinati via. È così che nasce la fuga dello sguardo. Si fissa un punto dal quale nascono come delle linee o fasci che legano la visione. Nell'arte si chiama prospettiva. In filosofia si chiama punto di vista. Nell'uno e nell'altro caso il risultato è un quadro, un disegno, una visione. Le cose che si vedono sono sempre le stesse, ma il modo nel quale le si vede cambia. La filosofia è un continuo esercizio prospettico mirando un punto di fuga. La fuga è il rifugio delle cose che si guardano: il mondo, la vita, l'Occidente e l'Oriente, la musica di Bach, la poesia e la sua logica di immagini, l'anima con la sua sensibilità e i suoi temperamenti. E guardare altrove mentre si vive il presente è un modo per viverlo integralmente. Lo si vede nell'intero, come in un quadro complessivo dove tutto è centrato prospetticamente. Anche Dio cade in questa fuga di sguardo. Ma allora la filosofia è costretta a un capovolgimento: perché il punto di fuga è lo stesso sguardo di Dio nel quale ci accorgiamo di essere guardati e in cui noi guardiamo il nostro essere visti.
La fede e la ragione sono un'opera di sintesi. Non si può trascurare la sintesi, cioè la riduzione all'essenziale. Cogliere l'essenza di una cosa o di un discorso non è male. Anzi è il bene più grande dell'intelligenza. E la sintesi è proprio questo bene. È efficacissima, perché è puntuale. È utilissima, perché porta con sé tutto. Il discorso di sintesi è un discorso minimo che contiene il massimo: dunque abbrevia la distanza. Dura poco e non pesa. Come il soffio. Infatti il soffio indica due effetti: la leggerezza e la velocità. La leggerezza è la fede e la velocità è la ragione. E questo minuscolo opuscolo di sintesi è leggerissimo, di veloce lettura e ti consente di portare nel taschino la Somma Teologica di Tommaso d'Aquino.
La fede e la ragione sono un'opera di sintesi. Non si può trascurare la sintesi, cioè la riduzione all'essenziale. Cogliere l'essenza di una cosa o di un discorso non è male. Anzi è il bene più grande dell'intelligenza. E la sintesi è proprio questo bene. È efficacissima, perché è puntuale. È utilissima, perché porta con sé tutto. Il discorso di sintesi è un discorso minimo che contiene il massimo: dunque abbrevia la distanza. Dura poco e non pesa. Come il soffio. Infatti il soffio indica due effetti: la leggerezza e la velocità. La leggerezza è la fede e la velocità è la ragione. E questo minuscolo opuscolo di sintesi è leggerissimo, di veloce lettura e ti consente di portare nel taschino la Somma Teologica di Tommaso d'Aquino.
I diversi non si identificano. E questo è pacifico! Ma i diversi si collegano. E questa è una bella battaglia... Come battaglia non sembra evocare alcunché di piacevole, ma in quanto bella sembra rimandare a una abilità di tutto rispetto e gradimento. Una specie di battaglia pacificata in origine. Questa bella battaglia è la dialettica. Una abilità eccezionale, anzi una abilità vitale: il dire-attraverso che presuppone il vedere-attraverso che si consuma nel far-vedere-attraverso. Un esercizio continuo. La dialettica è la forma più incisiva del concepire e del dire. Come logica dell’assurdo è un dire la verità attraverso la confutazione della falsità; come logica dell’intero è dire il tutto attraverso la parte o il dire una parte attraverso il tutto; come logica del probabile è dire una parte attraverso un’altra o altre parti; come logica della persuasione è dire ogni cosa nel quadro del tutto (logos) visto da uno sguardo saggio (ethos) rispetto ad un animo coinvolto (pathos). E il coinvolgimento è totale, visto che la base di tutto è l’autocoscienza, cioè la coscienza che vede e dice se stessa attraverso se stessa esaminandosi. Sì, sì, l’esame di coscienza è dialettica pura.
Prefazione di Iside Pasini
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Altre opere dell'Autore
Giuseppe Barzaghi - Sacerdote domenicano, è nato a Monza il 5 marzo 1958. Dottore in Filosofia (Università Cattolica di Milano) e Teologia (Pontificia Università San Tommaso in Roma), è docente di Teologia Fondamentale e Dogmatica presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e di Filosofia Teoretica presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna. è Socio della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino. è stato a lungo direttore della rivista «Divus Thomas».Padre Barzaghi è inoltre molto conosciuto a Bologna dove celebra la Messa festiva delle 22:00 che affascina giovani e meno giovani, riempiendo la basilica di San Domenico fino al portone. Un migliaio di persone, per lo più ragazzi e adolescenti, ma anche non credenti o semplici curiosi, vengono ad ascoltare le sue omelie che sono vere lezioni. Con parole semplici ma rigorose, con uno stile quasi teatrale, smonta e rimonta il Logos del Vangelo, mostrando le “meccaniche” della nostra fede, e seducendo l’intelletto e il cuore.Tra le opere pubblicate ricordiamo: Philosophia. Il piacere di pensare (Il Poligrafo, 1999); Oltre Dio. Ovvero omnia in omnibus. Pensieri su Dio, il divino, la Deità (Barghigiani Editore, 2000); Anagogia. Il cristianesimo sub specie aeternitatis (ETC, 2002); Maestro Eckart. Invito alla lettura (Edizioni San Paolo, 2002); Lo sguardo di Dio. Saggio di teologia anagogica (Cantagalli, 2003).
C’è chi guardando un piatto vede solo un piatto. C’è chi guardando un piatto vede il piatto e vede, di riflesso nel piatto, anche se stesso, le altre cose e persino quelle che gli stanno in quel momento dietro le spalle. Mica male. La prima è una conoscenza “piatta”, la seconda è una conoscenza “profonda”, perché riflessiva. Eppure si sta guardano la stessa cosa: un piatto. La conoscenza profonda è quella filosofica ed è quella appunto riflessiva, perché fa riflettere sia chi la possiede che le cose che cadono nello sguardo di chi la possiede. E così, anche ciò che apparentemente è piatto, non lo è più, ma si mostra profondo.
La conoscenza di riflesso si mostra profonda perché trova tutto in tutto. Il che non è mai poco e non è da poco! Anche una meditazione semplice quale è quella del rosario nasconde di riflesso una profondità filosofica di valore assoluto: la sequenza dei misteri della vita di Gesù, nella scansione dialettica di gioia-dolore-gloria, è inaspettatamente la sequenza del percorso filosofico in ogni suo dettaglio, come metodo-logica-sapienza. Non c’è episodio della vita di Gesù che non rifletta in sé una mirabile struttura filosofica. Per questo la filosofia te la trovi anche dove non te l’aspetti. Per la sapienza il piatto è contento anche quando piange...
Il tomismo non è ripetere san Tommaso con la pretesa di dire meglio di lui ciò che egli ha già detto. Il tomismo è determinare con i suoi principi (iuxta principia sancti Thomae si diceva un tempo) ciò che san Tommaso ha lasciato indeterminato perché non ha avuto l'occasione di determinarlo, o l'ha semplicemente lasciato aperto. Ma anche rideterminare ciò che san Tommaso ha determinato ma in modo tale da presentare una certa aporeticità. È sempre un essere con Tommaso oltre Tommaso. Il che è proprio della dialettica. È una specie di contagio positivo. Alla scuola di un maestro si resta sempre contagiati dal suo metodo e dalla sua profondità. E chi si lascia contagiare dalla maestria del maestro diventa a sua volta maestro. Il segreto del pensiero di san Tommaso ha due livelli: un livello di struttura razionale e un livello di modalità immaginifica. Immaginare con san Tommaso e apprendere come interpretare le immagini e gli episodi scritturistici è la posta in gioco per la ragione. E l'interpretare è un'educazione del cuore. Senza un cuore buono la filosofia è arroganza. Con un cuore buono la filosofia è consolazione: sente l'odore della compassione e lo chiama profumo.
La metafisica è la scienza dell'essere. Non è, come spesso viene presentata, un vano sogno di oltrepassare l'esperienza possibile. La metafisica nasce dall'esperienza e si accompagna all'esperienza. È una riflessione razionale che cerca di scoprire la struttura generale o universale che sostiene le cose. La metafisica cerca di mettere in evidenza l'ordine universale, ponendosi dal punto di vista più elevato e più umile nello stesso tempo, cioè dal punto di vista dell'essere. Il concetto di essere è lo schermo più universale che la ragione possa avere: dice il tutto e ogni singola cosa, ma senza determinarne i dettagli specifici. Questo libro non intende proporre in modo sistematico i difficili concetti della metafisica; il suo scopo è piuttosto quello di accompagnare la mente nel suo primo itinerario verso la scoperta del senso metafisico delle cose, quasi a modo di meditazione. La forma narrativa del diario ha precisamente questa finalità.
Nel mistero ci si pone contemplando e riflettendo speculativamente. Spiegare non è banalizzare. Spiegare è togliere le pieghe, ma facendole vedere. Il fare teologia è la gioia della spiegazione speculativa, cioè della spiegazione attraverso la riflessione. E la riflessione teoretica si propone più intensamente proprio circa il mistero della Trinità, dove le persone divine sono relazioni sussistenti che si rispecchiano vicendevolmente nell'unicità della sostanza, senza moltiplicarla. Si distinguono tra loro per opposizione, eppure si implicano stando l'una nell'altra. E anche il nostro modo d'esprimere la Trinità è attraverso le immagini che possiamo prendere dalla natura adattandole al mistero come riflesso speculare. La natura stessa, da parte sua, porta un'impronta o un'immagine della Trinità creatrice e dunque ne è il riflesso. Questa pubblicazione, per l'intensità teoretica unita ad uno stile che cerca la complicità del lettore, può efficacemente giovare alla formazione teologica. Riflessione è il titolo della immagine di Luca Mandelli in copertina. Riflessione è il gioco che si trova rispecchiato a più titoli. Gli stalli del coro monastico sono luogo di riflessione della mente, la sequenza fisica in prospettiva degli stessi stalli richiama il gioco di riflessione degli specchi rispecchiantisi come in una fuga e anche la flessione accennata nella curvatura in lontananza indica il processo di ri-flessione come un ritorno.
"La sfida di una predica inculturata consiste nel trasmettere la sintesi del messaggio evangelico, non idee o valori slegati. Dove sta la tua sintesi lì sta il tuo cuore" (papa Francesco, Evangelii Gaudium, 143). Non c'è sintesi senza analisi e non c'è analisi senza sintesi, perché la sintesi è il compimento dell'analisi. Un'analisi senza sintesi è distruzione e una sintesi senza analisi è confusione. Alla scuola di Tommaso d'Aquino le due procedure si bilanciano armoniosamente. Ma se a livello dell'analisi il fondamento della speculazione tomista si trova nella dicotomia potenza-atto, a livello di sintesi il fondamento si trova nella idea di ordine. La proposta che qui si presenta è un approfondimento della visione sintetica, individuando nella nozione di causa esemplare, o meglio di exemplar, il fondamento. Con Tommaso e oltre Tommaso questa nozione viene esplorata come struttura originaria del reale.
Dove c'è dolore si diventa postulanti di consolazione. Dove c'è consolazione c'è il fascino segreto di una bellezza profonda, che solo la metafora e le immagini sanno evocare. La bellezza ha una dimensione divina segreta, nascosta nella sensibilità del tocco divino. Se la si invoca, questa ha le fattezza dell'Avvocata nostra, così come da tradizione ci rivolgiamo alla Madonna. Che strano. Perché stanno così le cose? Ma se il grembo di Maria culla Colui per mezzo del quale sono tutte le cose e nel quale tutte le cose sussistono, questo stesso grembo culla l'intero universo, con la sua capacità di consolazione e di delicatezza. Ogni delicatezza e ogni dolcezza sono il femminile originario che impronta il segreto del cosmo al segreto della Madre di Dio.