Si vince e si perde ovunque, non solo in Italia. Ma in Italia, più spesso che altrove, chi è vinto non accetta la sconfitta. "Bisogna saper perdere" racconta il declino, l'uscita di scena ma anche l'horror vacui dì alcuni degli uomini più potenti del nostro Paese. Politici che sono stati alla guida di un partito, o che hanno governato l'Italia per anni. Che hanno avuto a disposizione soldi e voti. Che hanno regalato sogni e speranze, e attirato invidie e diffidenze. E che prima o poi, inevitabilmente, hanno fatto i conti con il fallimento di un progetto o la fine di una carriera. Questo libro è una storia pubblica, ma anche un diario privato. Rivela i dubbi di Umberto II e Mario Segni, il risentimento di Parri e Prodi, l'amarezza di De Gasperi, il cinismo di Togliatti, gli insuccessi di Nenni e Fini, le fughe e la pervicacia di Fanfani e De Mita, la rabbia di Craxi, l'ostinazione di Berlusconi, fino all'irruzione di Renzi. C'è chi, ieri come oggi, grida al "colpo di stato", chi invoca i "brogli", chi si scaglia contro le congiure, chi prepara rivalse e vendette, chi ostacola con ogni mezzo la sua successione e chi ostenta distacco, finge l'addio, ma prova a mantenere il controllo su poltrone e programmi. Perché, a volte, saper perdere conta molto più di vincere. E soprattutto perché la sconfitta svela meglio di qualsiasi vittoria la natura degli uomini e la maturità di una democrazia.
A casa sono le regine indiscusse, fuori le suddite sottomesse. Viste dalla politica, le donne italiane devono essere così. "La moglie fa la moglie e basta", deve essere "remissiva", ha molti doveri, pochi diritti e "specifiche attitudini". Se la donna è emancipata diventa subito di "facili costumi", se è bella "è per questo che fa carriera", se è brillante non può che essere "abilmente manovrata". "Stai zitta e va' in cucina" è la storia degli insulti, delle discriminazioni e dei pregiudizi politici nei confronti delle donne. Ed è una storia a cui prendono parte quasi tutti: i padri costituenti e Beppe Grillo, il Pci e Silvio Berlusconi, la Dc e i partiti laici, i piccoli movimenti e le grandi coalizioni. Da questo punto di vista, la politica italiana si mostra singolarmente unanime. Nell'Italia repubblicana la crociata sessista arruola tutti: premier, segretari di partito, ministri, capi di Stato, giù giù fino all'ultimo portaborse sconosciuto. Dopo il suffragio universale, "concesso" nel '45, il maschilismo italico si fa sentire già con la stesura della Costituzione, per proseguire fino ai giorni nostri, tra appelli, citazioni sofisticate e insulti da bettola. Dalla battaglia sul divorzio alle norme contro la violenza sessuale, dall'accesso alla magistratura al dibattito sulle quote rosa, questo libro è un succinto racconto storico - incredibilmente attuale -, per capire come si è diffusa e perpetrata la misoginia politica in uno dei Paesi più maschilisti d'Europa.
Siamo a Roma, nel 1946. Dopo le prime elezioni a suffragio universale, i deputati arrivano a Montecitorio. La maggior parte di loro stenta a trovare un alloggio e qualcuno è persino costretto a sedersi alle mense pubbliche. L'austerità dell'onorevole, però, dura un battito di ciglia. Tra consulenze fittizie, appalti truccati, scandali sessuali e finanziamenti statali, i tic e i vizi dei primi parlamentari italiani si rivelano molto presto simili, se non identici, a quelli di oggi. Persino le giustificazioni suonano incredibilmente familiari: "È accaduto a mia insaputa", "ho peccato di buonafede", "non ho visto una lira, ho girato tutti i soldi al partito". Lei non sa chi ero io! è l'implacabile resoconto degli sprechi dei primi vent'anni della Repubblica: una ricostruzione dettagliata della nascita della Casta, corredata da dati in parte inediti, che si concentra sui privilegi del sottobosco governativo, tra aiuti a industrie vicine alla politica, scandali finanziari tollerati dall'esecutivo, tangenti, finti monopoli, enti inutili e fondi neri. E poi ricatti incrociati, dossier segreti e tentativi di revisione della Costituzione a colpi di maggioranza. Un racconto ormai "storico", ma ancora così attuale da sembrare cronaca di questi giorni.