Un'antologia ragionata e commentata dei sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli, in cui il poeta affronta, servendosi dell'artificio del dialetto romanesco, il tema della religione, presentandoci una "verità sfacciata", implacabile e attuale. Il cristianesimo è così attraversato dagli occhi di un pensatore credente, ma perplesso e dubbioso, che si muove sul crinale della blasfemia, portavoce di una critica feroce mascherata da umorismo e turpiloquio. Una riscrittura del sacro che sale "dal basso" rivelando il mistero profondo e agghiacciante della vita spirituale degli uomini. La denuncia della Chiesa come apparato di potere, la rabbia nei confronti del tradimento dell'imperativo della charitas cristiana, la necessità di recuperare la fede come consolazione grazie alla voce popolare, alle pratiche genuine del sentimento religioso esenti dall'ipocrisia della dottrina strumentalizzata. Come spiega il curatore Marcello Teodonio, "Belli credeva e basta", e ciò, allontanandolo dalle conclusioni atee e materialiste di Leopardi, lo proietta nel dramma tragicomico della vita e della morte.
Il popolo è il protagonista dei "Sonetti" belliani perché nella società romana del tempo, dominata dalla corruzione e dall'ipocrisia, il popolano era l'unico depositario della verità "nuda" e "sfacciata", priva di finzioni e conformismi tipici dei "probi cittadini". La discesa del poeta negli intimi recessi dell'immediata e cruda semplicità della "turba" passa attraverso l'adozione del dialetto romanesco, lingua sguaiata e plebea, simbolo di quella Città sublime e stracciona di cui Belli dipinge un realistico affresco.
Nell'opera del Belli, la cui cupezza nichilistica e insolubile ambiguita' appaiono col tempo sempre piu' evidenti, i molti sonetti dedicati a temi delle Sacre Scritture formano una sorta di itinerario nascosto. Raccolti ora, per la prima volta, questi testi ci offrono l'occasione di ripercorrere, tappa per tappa, la storia sacra nella prospettiva strepitosamente comica e feroce del poeta. E cio' che certamente piu' colpira' il lettore di oggi sara' la sconcertante commistione fra uno straordinario acume teologico, che fa individuare al Belli con sicurezza tutti i punti piu' delicati della dottrina cristiana, e una furia distruttiva che non ha eguali nella poesia italiana dell'Ottocento, furia congiunta a quella inventivita' linguistica che permette al Belli di mettere alla temibile prova del suo romanesco i fatti piu' grandiosi della storia sacra senza affatto diminuirli, ma anzi quasi esaltandone la beffarda incommensurabilita' con i fatti della cronaca umana. Questa raccolta, corredata, oltre che da un'introduzione anche del saggio "La via dell'omo" e il quaresimale del Belli", da note esplicative dei termini romaneschi e da un ampio commento, e' stata curata da Pietro Gibellini.