Pu Yi, salito al trono nel 1906 a tre anni, ultimo imperatore di una Cina che diverrà repubblica nel 1912, vive fino all'età adulta chiuso nella a Pechino. Negli anni trenta, ormai semplice burattino nelle mani degli invasori giapponesi, fa vita da Play Boy in Manciuria, mentre la moglie scivola in una progressiva follia: dopo cinque anni di prigionia in Russia e dieci di rieducazione in patria, Pu Yi viene riabilitato e finisce i suoi giorni in solitudine e malinconia come giardiniere della sua ex reggia, ora visitata dai turisti.
«I titoli dei film, gli anni in cui sono stati realizzati, i nomi dei registi, l'essenza stessa degli Academy Awards, sono fuggitivi e condannati all'impermanenza più totale, all'oblìo, al fondu al nero. In questo libro spero si parli di film e di registi che fuggono in avanti.»
Bernardo Bertolucci
La mia magnifica ossessione è, nelle parole di Bernardo Bertolucci, «il libro che non sapevo di avere scritto»: dove parla dei suoi film e di quelli che lo hanno più segnato, e dove sfilano i suoi maestri, i suoi amici, i suoi compagni di viaggio. Nell'arco di oltre quarant'anni, in maniera apparentemente frammentaria e tuttavia con una profonda coerenza, quando era necessario far sentire la propria voce, Bertolucci ha continuato a scrivere e a intervenire, con la sua lucidità, il suo amore per il cinema, la sua passione civile ed etica.
Grazie alla cura di Fabio Francione e Piero Spila, La mia magnifica ossessione permette di ripercorrere, in una carrellata «in soggettiva», l'avventura creativa di un maestro del cinema: in primo luogo attraverso quello che lo stesso autore racconta dei suoi film e delle occasioni che li hanno fatti nascere, dagli esordi con La commare secca e Prima della rivoluzione, al grande scandalo e al rogo per Ultimo tango a Parigi, fino ai successi internazionali di Novecento, L'ultimo imperatore, Il tè nel deserto e Piccolo Buddha, e ancora ai più recenti, L'assedio e The Dreamers.
La mia magnifica ossessione è anche una sorta di autobiografia. Parte dagli anni della formazione, con i ricordi del padre poeta Attilio, di Pasolini (di cui fu amico e aiuto regista), di Moravia. Ci racconta degli incontri, dei viaggi, delle esperienze. Ci presenta i film e i registi più amati, da Chaplin a Ophüls, da Godard a Bresson, da Renoir a Bergman e Antonioni.
Rivive così in queste pagine quella che Martin Scorsese ha definito, con efficace semplicità, «l'emozione Bertolucci»: la stessa emozione che abbiamo provato di fronte ai suoi capolavori, l'attenzione all'inesauribile teatro della vita ma anche la vertigine dell'immaginario, l'utopia dei generosi sognatori di The Dreamers ma anche la nostalgia del «mondo che non tornerà più» di Prima della rivoluzione.