Difficile pensare una parola più malintesa, dimenticata, disattesa della parola pace. Questo libro si nutre di una amicizia tra due docenti: Andrea, professore, ed Elisa, studentessa, in seguito divenuta a sua volta insegnante. Elisa ha chiesto la collaborazione di Andrea per lavorare, con le sue classi, su ciò che è inerente alla pace. Ne è uscito un dialogo in cui la teoria e la competenza definiscono un discorrere che vuol esprimere reciprocamente che, se si parla di questo argomento, bisogna farlo con speranza e determinazione. Nelle loro riflessioni affrontano i temi dell'identità, della relazione, del conflitto, della guerra, del ruolo della Chiesa... temi che tessono la dinamica di una didattica, ma soprattutto la piena ragione di una parola bella e colma di futuro come pace.
L'arte è bellezza, ma è, prima ancora, storia delle persone e del loro percorso di liberazione e di presa di coscienza del mondo e della società.
"Questo libro, come tutti i libri, è un'idea, una specie di sogno. Il sogno che l'arte possa ancora essere capace di liberarci. L'arte figurativa, il cinema, la letteratura, la musica liberano la mente e i cuori, e possono rompere l'assedio del pensiero unico. È un potere nascosto, perché secondo l'opinione dominante anche l'arte sarebbe solo una merce come le altre. Noi, invece, pensiamo che sia l'arte l'alleata forse più forte dell'umano: contro la morte".
Le opere d'arte non sono solo "pezzi da museo" o, peggio, oggetti di consumo di quella che viene chiamata industria culturale. Studiare l'arte e visitare le sue espressioni serve a diventare cittadine e cittadini. Amare l'arte non significa occuparsi dei gingilli dei ricchi, ma di un patrimonio culturale comune che appartiene anche a chi, apparentemente, non ha nulla. Un patrimonio grazie al quale scoprire che è esistito un passato diverso, e che dunque sarà possibile anche un futuro diverso. Da questa consapevolezza nasce il libro di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, una finestra su venti vere "grandi opere", note e meno note, del nostro Paese. Spaziando fra venticinque secoli e venti regioni, si va da Masaccio ai Murales di Orgosolo, dall'Abbazia di Novalesa a Giotto, dai Bronzi di Riace a Carlo Levi.
Nel cinema è consueto trovare tracce di immagini, segni, passaggi narrativi che rimandano alla Sacra Scrittura. Partendo dalla personale visione e dal racconto di alcuni film, gli autori si propongono di ricercare un respiro che si nutra di tale riferimento, esca dallo schermo per diffondersi rafforzando il segno visivo con lo Spirito della Parola. Nell’analisi delle pellicole selezionate, si incontrano donne che cercano Dio, parlano direttamente di Lui oppure si pongono domande sull’esistenza terrena e sull’eterno. Le protagoniste che vivono nel limitato tempo di celluloide non necessariamente sono credenti, ma le riflessioni etiche o le suggestioni spirituali sono presenti nella loro quotidianità. Comunque in tensione verso il cielo queste donne si confrontano con l’umano e con un Dio interrogato, provocato, a volte frainteso, altre volte amato. Il desiderio è quello di condividere con il lettore l’emozione che scaturisce nel cogliere, durante la visione di un film, una rappresentazione visiva dei molteplici segni del divino.
Eugenia Romano lavora nel settore dei cartoni animati per il cinema e la televisione. Organizza seminari sul cinema presso la Scuola Internazionale di Comics di Firenze e attività di cineforum presso vari enti.
Andrea Bigalli proviene da studi teologici e di antropologia. Giornalista pubblicista, è critico cinematografico presso Radio Toscana e collabora con alcune riviste. Svolge attività di direzione e animazione di cineforum per varie associazioni. È vice delegato regionale dell’Associazione Cattolica Esercenti Cinema.