Il silenzio lascia intravedere in sé tracce di oscurità e di mistero, di fascinazione e di speranza. Sono molti i modi con cui la parola e il silenzio si intrecciano l'una all'altro: c'è il silenzio che rende palpitante e viva la parola, dilatandone i significati; c'è il silenzio che si sostituisce alla parola nel dire l'angoscia; c'è il silenzio che si nutre di attese e di speranze. Ogni silenzio ha un suo proprio linguaggio che, non solo in psichiatria, ma nella vita di ogni giorno, non può non essere decifrato. Quante volte una paziente, o un paziente, si chiude in un silenzio, che è necessario interpretare nei suoi orizzonti di senso. Come è importante distinguere il silenzio, che nasce dal desiderio di solitudine, da quello che nasce dalla timidezza, o dalla depressione, nella quale la vita si oscura, risucchiata dal richiamo della morte volontaria. Eugenio Borgna ci mostra quanto è importante riconoscere il silenzio, che rinasce a causa della nostra incapacità di ascoltare, e di creare una relazione dialogica.
La mitezza, esperienza umana così importante, e così dimenticata, nella vita personale e sociale, è la più radicalmente lontana dalla aggressività e dalla angoscia, dalla impazienza e dalla fretta, dall'orgoglio e dalla superbia, dalla indolenza e dalla indifferenza, dalla distrazione e dalla sicurezza di sé. La mitezza sconfina nella gentilezza e nella tenerezza, nella timidezza e nella bontà, nella nostalgia e nella amicizia. È questa una riflessione filosofica, etica e politica sulla mitezza intesa come virtù sociale e quindi al servizio del singolo e della collettività. In queste pagine Eugenio Borgna svolge le sue considerazioni sulle possibili articolazioni tematiche della mitezza, che la sua vita in psichiatria gli ha fatto conoscere. Eugenio Borgna continua, con questo volume, la sua costruzione di un personale e toccante lessico delle emozioni.
Quello dell'amicizia è un tema fondamentale: riguarda ciascuno di noi. L'amicizia è infatti un vitale rapporto con il prossimo, capace di innescare un dialogo che ci trasforma reciprocamente. È una miracolosa fonte di gioia ma anche un equilibrio fragile, da tutelare. La relazione non esclude la solitudine, che anzi si trova al cuore dell'amicizia. I rapporti amicali non sono poi tutti uguali: mutano nel tempo, a seconda delle diverse età della vita, del genere, dei caratteri, delle condizioni esterne, familiari, sociali e storiche. L'amicizia, non ultimo, ha risonanze in psichiatria, tanto più in una situazione post-pandemica, ed è alla base della cura. Grandi pensatori, poeti e scrittori accompagnano Eugenio Borgna in questa riflessione a tutto campo sul sentimento di amicizia: Friedrich Nietzsche, Emily Dickinson, Rainer Maria Rilke, Thomas Mann e Antonia Pozzi, fra gli altri, prestano le loro parole per coglierne meglio il senso e il valore.
È la più fragile e la più evanescente delle emozioni. La tenerezza anima il nostro modo di vivere, ci fa sentire l'altro come persona e non come cosa, aiuta a immedesimarci nella vita interiore degli altri e a farne riemergere le attese e le speranze. La tenerezza si esprime con il linguaggio delle parole, e con quello del corpo: uno sguardo, un sorriso, una lacrima, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio. Eugenio Borgna usa le parole di Rilke, di Mann e di Leopardi per dare corpo a un'emozione friabile e sempre sotto attacco. La tenerezza, a prima vista, può sembrare debole ma in verità è un'emozione che cammina a braccetto con la speranza e la gentilezza, e tutte insieme possono rendere l'essere umano davvero umano. Eugenio Borgna continua, con questo testo, il suo percorso sempre più peculiare attraverso le emozioni più trascurate del momento storico.
"Per me, avere questa sorte non è dolore; ma se il figlio di mia madre, morto, avessi lasciato insepolto cadavere, di quello avrei sofferto: di questo invece non soffro. E se sembra che io ora agisca da folle, questa follia la devo, forse, ad un folle. Non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore". È saggezza o follia quella di Antigone, che seguendo le leggi non scritte degli dei si ribella alle leggi scritte della città e per questo è condannata a una morte atroce? Una tragedia intessuta di angoscia, percorsa da una fortissima tensione emozionale, costellata di snodi terribili e febbrili che oggi può ancora parlare alla coscienza di ciascuno di noi. I temi della solitudine e della morte, della disperazione e del lutto, della violenza e della condanna, della potenza della parola e del silenzio, del dissidio tra la legge e la coscienza, sono anche i drammi brucianti della vita di oggi. Un interprete sensibilissimo della nostra psiche discende negli abissi più remoti dell'interiorità, faccia a faccia con i suoi spettri e le sue ombre, per dare voce ancora una volta alla sofferenza di ogni essere umano.
«Apro l'anima e gli occhi» è il verso di Clemente Rebora che ispira Eugenio Borgna ad aprire il suo e il nostro cuore su temi essenziali del senso della vita come i modi in cui comunichiamo: con le parole o con il silenzio. Il grande psichiatra e scrittore fa capire quale sia la vera sorgente di emozioni, pensieri e scelte, anche di fronte al dolore dell'anima e del corpo che disturba ogni dialogo. Così anche l'esperienza della paura del Covid può lasciare però spazio alla speranza. L'invito è di rivivere gli incontri passati dell'esistenza di ciascuno per comprendere la realizzazione presente della propria coscienza interiore. Un libro per «salvare il silenzio in un momento storico in cui lo si aggredisce da molte parti».
Essere in dialogo con la solitudine significa entrare in relazione con gli abissi della nostra interiorità. In un mondo collegato continuamente in ogni suo aspetto, la solitudine rappresenta l'occasione per scendere lungo i sentieri che portano dentro di sé, e ascoltare le ragioni della immaginazione e del cuore. Eugenio Borgna ci indica in questo libro la direzione, molto spesso confusa e difficile, per aprirsi al dialogo con la solitudine. L'esperienza della pandemia, che ancora permane, ha posto tutti di fronte al significato della solitudine e a quanto essa sia un valido strumento per conoscere il mondo esterno, nelle sue luci e nelle sue penombre. La solitudine è l'anima nascosta e segreta della vita, ma come non avere la sensazione che oggi, nel mondo della modernità esasperata e della comunicazione digitale, sia grande il rischio di naufragare nell'isolamento?
La fede e la speranza ci sono date anche per chi le ha perdute o non le ha mai avute e dovremmo testimoniarle soprattutto oggi, dimostrando sincerità e fiducia che ridestino risonanze nei cuori. La speranza è apertura all'altro e premessa all'essere in relazione e in comunione. E non c'è vera speranza se non è condivisa con gli altri: solo per chi non ha più speranza, ci è data la speranza.
La speranza ci consente di vedere la realtà con occhi non annebbiati e non oscurati dalle esteriorità e dalle consuetudini, dalle convenzioni e dalle ripetizioni, e ci consente di aprirci al futuro, liberandoci dalla ostinata prigionia del passato e del presente. Eugenio Borgna traccia un lucido percorso attraverso le tappe della letteratura, da una parte, e del suo lavoro di psichiatra, dall'altra, sul concetto di speranza. Essa è fragile ma è l'unica via per liberare l'essere umano dalla solitudine e dagli abissi dell'anima. In perenne ascolto dei suoi pazienti e in dialogo serrato con Cesare Pavese, ricostruisce l'esile figura di una delle forze più rivoluzionarie della vita.
Noi siamo un colloquio, diceva Hölderlin. Per Eugenio Borgna, rivolgere lo sguardo alle illusioni, ai sogni, alle attese e alle febbri di una vita significa entrare in un dialogo infinito con gli abissi della propria interiorità e anche con quella dei suoi pazienti, alla ricerca di ciò che le unisce nel dolore e nella speranza. È lungo il cammino che riporta alla luce le esperienze lontane, solo apparentemente perdute. Con la guida di Agostino e delle "Confessioni", di Leopardi e di Emily Dickinson, di Thomas Mann e di Virginia Woolf, Eugenio Borgna segue la scia dei ricordi dell'infanzia, segnata dal ritorno alla grande casa paterna devastata dai tedeschi durante l'occupazione, e si immerge nella memoria delle turbolenze dell'adolescenza. Rievoca il tempo trascorso in una clinica universitaria di Milano e quello dedicato al manicomio e all'Ospedale Maggiore di Novara, quindi ripercorre la rivoluzione della legge Basaglia e degli anni che ne sono seguiti. Nel corso di questo itinerario la psichiatria si rivela come un destino. L'attenzione, scrive Eugenio Borgna, è rivolta "non alla storia esteriore, ma alla storia interiore della mia vita: alle inquietudini e alle insicurezze, alle ansie e alle delusioni, alle tristezze e alle nostalgie, alle attese e alle speranze, alle scelte e alle decisioni che ne hanno fatto parte". La psichiatria accoglie la fragilità delle emozioni e delle passioni, senza mai distogliersi dalla fenomenologia del mondo sociale. E fa parte del grande racconto di una vita, nel quale si ricostruisce un passato capace di rivivere nel presente e anche nel futuro.