"Nana, met su i giuiei". Mentre si prepara ad andare alla Scala, Senatore Borletti invita la moglie Anna a sfoggiare tutti i gioielli. È il 1918, La Rinascente è appena andata distrutta dalle fiamme e Senatore, proprietario del primo grande magazzino italiano, si preoccupa di cosa penseranno i banchieri che incontrerà a teatro quella sera. Vuole indurli a credere che la famiglia, nonostante l'incendio che ha devastato la sede di piazza Duomo, è ancora solida e pronta a ricominciare. E così sarà: La Rinascente risorgerà dalle ceneri e due anni dopo riaprirà al pubblico. Ilaria Borletti Buitoni, che proviene da una importante dinastia imprenditoriale lombarda, inizia così il suo racconto a metà tra un'autobiografia e un affresco dell'Italia che va costruendosi all'inizio del secolo scorso, dove piccole realtà locali si trasformano presto in imprese di rilevanza nazionale e dove il successo non è dovuto ai privilegi ereditati ma all'impegno e alla lungimiranza. Ecco quindi una storia familiare che si intreccia con le vicende del Novecento italiano e che ha inciso profondamente sulle scelte e sul carattere della stessa autrice, determinandone azioni e atteggiamenti spesso non convenzionali e quasi sempre controcorrente. In questo libro i ricordi si susseguono, dall'infanzia protetta negli anni del boom economico alla dissoluzione di una famiglia e di un'epoca; dall'impegno sociale degli anni africani all'esperienza imprenditoriale all'estero, fino alla scelta di entrare in politica.
Fino alla metà dell'800 il viaggio in Italia era considerato indispensabile per completare la propria formazione e cultura. Da Milano a Firenze, da Venezia a Roma, da Napoli a Palermo, ogni angolo della penisola lasciava il visitatore meravigliato e sedotto dalla bellezza, l'arte e l'ingegno. Aver avvilito, trascurato i segni della nostra identità e dell'industria culturale che per secoli ci ha riconosciuto il mondo è stata una scelta sbagliata. Sia per le limitazioni che ha imposto allo sviluppo di un turismo adatto al nostro paese, sia perché ha annientato qualsiasi sentimento di orgoglio nazionale del quale oggi avremmo più che mai bisogno. Negli anni recenti proprio l'economia del turismo ha messo in evidenza le nostre debolezze, una buona parte della nostra penisola non ha goduto di questa nuova possibilità di sviluppo perché non si è assolutamente tutelata la vocazione di molti territori, quella che ci ha reso tanto amati nel passato, assalendoli con il cemento o peggio abbandonandoli con frequente incuria