Dal Polo Nord a Capo Horn, dal Sahara all'Himalaya, dalle giungle tropicali agli arcipelaghi del Pacifico, le storie di donne e di uomini che, mettendosi in viaggio, hanno cambiato la loro vita e a volte anche la nostra Muoversi sul nostro Pianeta e, negli ultimi decenni, anche fuori di esso, è una delle grandi esperienze della nostra specie. Migrazioni, esplorazioni, traversate: dalla prima uscita dall'Africa al turismo spaziale, da Erodoto ai tour operator, ciò che chiamiamo viaggio è incessantemente mutato attraverso i tempi nella sua dimensione culturale e simbolica. Franco Brevini, studioso ma anche viaggiatore di lungo corso, ci guida tra viaggi reali e fantastici, cammini di fede e imprese mercantili, vacanze, pedestrian tour, mode esotiche. Una lettura che ci mette in contatto con la nostra natura di viaggiatori, invitandoci a spingere la nostra immaginazione un poco più in là, a mescolarci al mondo, a esplorare le frontiere della lontananza.
Chi non ricorda lo stupore e l’incanto dei risvegli dell’infanzia, quando cadeva la neve? Ma anche da adulti continuiamo a rivivere quella magia, ogni volta che la bianca signora dell’inverno fa la sua comparsa. Di là dalla fiaba natalizia moderna, la neve si è trasformata nei secoli, così che il «crudo verno» degli antichi non è più associato al freddo, alla paura e alla fame, ma, oggi, al tempo libero e allo sport. La neve ha prestato il suo candore alle donne cantate dai poeti; ha sollecitato la sensibilità degli artisti, da Brueghel, con i suoi pattinatori sui canali gelati, ai vellutati paesaggi degli impressionisti, alle raffinate stampe giapponesi; al cinema è un infallibile dispositivo classico del thriller; in molti romanzi e racconti una presenza chiave: si pensi a Zanna Bianca, alla Montagna magica, alla Regina delle nevi, o a Frankenstein, in cui una abnorme creatura si aggira sul pack polare e sui ghiacciai del Monte Bianco. La ritroviamo nella ricerca scientifica, nelle imprese degli esploratori polari, nelle guerre (da Annibale a Napoleone, fino alla nostra «guerra bianca»), nella diffusione degli sci, nella nascita dell’alpinismo e del turismo di montagna. Una storia emozionante, che si nutre della stessa esperienza dell’autore e che comincia con un microscopico fiocco esagonale per giungere alle sfide metafisiche che le vette più famose lanciano agli scalatori degli 8.000 himalayani.
Viviamo in una realtà piena di contraddizioni. Oltre alla «fine della storia» ci è toccata anche la «fine della geografia»: il pianeta è diventato piatto e stereotipato. Eppure nel simulacro dell'esotico inseguiamo ancora la lontananza e i viaggi continuano a prometterci l'avventura. La globalizzazione ha appiattito differenze etniche e culturali, ma ogni giorno assistiamo al riemergere di nuove spinte nazionalistiche e tribali. Siamo succubi dei miti dell'istantaneità e dell'iperconnessione, i social e i blog hanno inaugurato una nuova stagione di egualitarismo a oltranza. Ma, senza che ce ne rendiamo conto, la facilità della tecnologia e l'accessibilità delle informazioni stanno modificando la vecchia idea di conoscenza, fondata sull'autorevolezza, sulla lentezza e sulla fatica dello scavo personale. Creiamo comunità virtuali per sentirci più vicini, eppure, quando dalle periferie del pianeta giungono fra noi persone cariche delle loro sofferenze, ci ritraiamo spaventati ed erigiamo muri, reali o simbolici che siano. La lontananza e la vicinanza costituiscono la sistole e la diastole di questa indagine appassionante di Franco Brevini alla scoperta del «sentimento dell'altro». Indagine in cui l'autore sviluppa una sorta di telemetria sociale e culturale ad ampio spettro, attingendo a una cassetta degli attrezzi interdisciplinare, che spazia dalla letteratura all'antropologia, dalla sociologia alla psicologia, fino alle nuove scienze maturate intorno al mondo digitale. In fondo a questo itinerario c'è la riscoperta del corpo, che può diventare antidoto ai processi di smaterializzazione, di crescente astrattezza, di anestesia dei sensi, che hanno investito la nostra vita quotidiana, ipotecando i rapporti con le persone, alterando la nostra percezione del tempo e inibendo l'esperienza dei grandi spazi del pianeta.
Il libro ripercorre le vicende della nostra letteratura, denunciandone gli elementi di stranezza, le anomalie, i tratti perfino paradossali dovuti al suo precocissimo fissarsi nella norma toscana, all’aver costretto i propri narratori e poeti a esprimersi in una lingua acquisita per lo più solo sui libri. Il prezzo pagato per questa scelta da un paese che spicca proprio per la ricchezza e la varietà delle sue culture è stato la perdita delle esperienze più vive.
Il libro
"Qual è stato il prezzo che la nostra letteratura ha pagato al disagio sofferto per secoli dagli autori non toscani, costretti a scrivere in una lingua non loro, una lingua acquisita non naturalmente ma mediante lo studio, una lingua libresca di solito mal posseduta? Una lingua nella quale andavano perduti i sapori suscitati dal dialetto nativo, che evocava la casa, la terra, la familiarità, gli odori della vita?"
Tra i pilastri dell’identità italiana un posto decisamente strategico spetta alla lingua e alla letteratura, per secoli unico cemento di quella strana nazione senza stato che è stata l’Italia. La letteratura degli italiani ripercorre le vicende della nostra letteratura, denunciandone gli elementi di stranezza, le anomalie, i tratti perfino paradossali dovuti al suo precocissimo fissarsi nella norma toscana, all’aver costretto i propri narratori e poeti a esprimersi in una lingua acquisita per lo più solo sui libri. Il prezzo pagato per questa scelta da un paese che spicca proprio per la ricchezza e la varietà delle sue culture è stato la perdita delle esperienze più vive. Di lì nasce la scarsa leggibilità e la ancor più scarsa popolarità dei classici italiani.
Dopo aver passato in rassegna le vicende sociolinguistiche che hanno costituito lo sfondo della nostra tradizione letteraria, l’autore affronta nel suo sviluppo secolare la contrapposizione tra “toschi modi” e “sermon natio”. Fissa quindi i caratteri di fondo della letteratura italiana: metastoricità, registro illustre, selettività tematica, fruizione ipercolta, ripetizione manieristica, culto della forma. Mettendo a frutto il ventennale lavoro di ricerca sulle tradizioni del dialetto, Brevini documenta secolo dopo secolo l’autoreferenzialità della letteratura scrittain quell’astratto esperanto che è stato il toscano letterario, dimostrando come essa abbia sostanzialmente eluso le drammatiche vicende della nostra storia. Non libro sui dialetti, ma sul vuoto di realtà, sulla distanza dalle “cose” della nostra letteratura classica, scritto in uno stile brillante, polemico e assolutamente privo di tecnicismi.