A Leonardo il cappello è stato messo in testa o tolto a seconda che si volesse raffigurare l'immagine del pittore (con cappello) o del genio universale (senza). Oggi prevale questa seconda interpretazione, e quello che è stato a lungo considerato il suo "autoritratto" altro non è che il disegno di un vecchio saggio. Certamente opera di Leonardo, ma realizzato quando non aveva ancora quarant'anni, mentre pensava ai lavori dell'"Ultima cena" e al sigillo dell'"Uomo vitruviano". Da questo spunto e motivo iconografico, dall'ossessione di trovare un cappello rivelatore, parte la ricerca suggestiva, colta e appassionante di uno storico dell'arte tra i più brillanti. Che interesse può avere il cappello di Leonardo? Si corre il rischio di vederne ovunque, e non dove sono realmente. Ma il cappello che generalmente si mette e si toglie ai personaggi non gioca forse con lo stesso principio di ricezione e di obliterazione, delineazione e cancellazione che consiste nel montaggio e smontaggio dei singoli elementi che compongono l'immagine? Diventando così motivo di svelamento e rivelazione nella sovrapposizione delle sue singole parti: antica e modernissima strategia di tutte le arti, impossibilitate a prescindere da lacerti e memorie di ciò che è solo apparentemente scomparso.
"Sofisticata sobrietà", "sobrietà aggressiva", "dittatura sobria": gli ossimori si sprecano. Ma cos'è la "sobrietà sobria"? Manlio Brusatin si interroga su quella che, pur considerata "la virtù del giorno dopo", è stata nel tempo riconosciuta come necessaria. Questo libro ne racconta le vicende fino ai giorni nostri e al ritorno dell'uomo sobrio, "l'artigiano di sé" che sa creare indifferentemente con le mani o con la "scatola magica del Maker 3D". Le origini di questa "utile virtù" sono qui individuate nella "Vita sobria" di Alvise Cornaro (1558), in cui si spiega come prolungare l'esistenza con una dieta che diventa anche condotta morale: uno "stile" poi bollato da Nietzsche come il contrario del superuomo. Dal cibo all'abito, dalla dimora ai colori, il saggio si sviluppa in un eccentrico dialogo fra parole e immagini, in cui si incontrano personaggi di ogni genere: da Diogene, che vive in un orcio, a san Girolamo, che si ritira in una grotta e inventa la preghiera della sobrietà, da Robinson Crusoe a Napoleone, da Canova a Van Gogh, la cui sedia di paglia nella camera di Arles interpreta lo spazio sobrio del "riposo dell'immaginazione". Un raffinato percorso alla ricerca del senso naturale di una virtù.
Il design italiano viene solitamente ricondotto a una tradizione artigianale piuttosto che a una radice manifatturiera e industriale. Ma qual è il contributo dell'arte contemporanea in quella rivoluzione del gusto prodotta dal design? Manlio Brusatin delinea una storia del design italiano, a partire dal sistema di diffusione dell'immagine promosso dalle incisioni di Giambattista Piranesi, passando per produzioni artistiche "contaminate" come futurismo e pittura metafisica, e per il lavoro fondamentale di Bruno Munari. In questa ricostruzione suggestiva, che dal colore come qualità ambientale del progetto arriva fino all'oggetto staminale apparentemente indeterminato, Brusatin tratteggia la matrice artistica del Made in Italy. Una storia a due facce nel solco di una concezione critica che suggerisce la collaborazione delle arti e la funzione unificante del design.