La rubrica "Taccuino di un vecchio sporcaccione" debutta sulle riviste underground statunitensi nel maggio del 1967. Cronista di eccezione è Charles Bukowski, che in questa raccolta - estrapolata dalle sue migliori pagine - ci accompagna con la consueta lucidità dissacrante dai rivoluzionari anni sessanta ai disincantati anni ottanta. Gli scenari cambiano ma Bukowski rimane sempre fedele e leale a se stesso. È Bukowski, bellezza! Bukowski! E non ci si può fare niente, se non amarlo e continuare a leggerlo.
Prosegue la biografia in versi di Charles Bukowski. Dopo le intemperanze della prima giovinezza, Buk ci conduce per mano in stanze d'hotel, alle corse dei cavalli, davanti ai quadri erotici di un pittore francese, ai primi reading di poesia. Entrano nel suo universo amici insinuanti, profili di donne, voci che danno forma a improvvisi dialoghi esistenziali, che risalgono il fiume del passato, che sono a volte pruriti comici a volte insulti a volte parole di pietà. Ancora una volta emerge il Buk dilapidatore di tempo, di sesso, di scrittura, come se nel ritmo insaziabile della poesia egli continuasse a ritrovare tanti ganci che lo strappano e insieme lo tengono legato alla realtà.
Lucido a costo di essere spietato, con lo sguardo cinico e disincantato di chi non ha nessuna intenzione di negare la bruttezza del mondo, e nemmeno la propria, Charles Bukowski ci accompagna lungo le strade dell' America dimenticata, fatta di poveri, di emarginati, di sconfitti dalla vita e di donne perdute. E negli ippodromi, ai banconi dei bar di infimo ordine, nelle squallide camere di motel che si possono trovare ancora queste persone: vere, commoventi, capaci di sentimenti sinceri. E quando la vita picchia duro e non si parte certo con i favori del pronostico, ci si rifugia nei soliti, cari, vecchi amici: una bottiglia di vino, un libro, della buona musica, i gatti e, soprattutto, la macchina da scrivere, una tipa tosta a cui si può confidare tutto e che può sopportare qualsiasi cosa, tranne la presunzione degli scrittori di successo.
Charles Bukowski "ritorna". Ritorna con una raccolta di scritti già pubblicati in vita ma che qui postulano una continuità, un'unità di tono, un preciso e vario dispiegarsi di temi. Che si tratti di arte, di musica, di politica, dei colleghi scrittori o di ripercorrere la propria vita, la penna del vecchio Buk non sorprende, ma illumina, lascia senza fiato. Che cosa doveva essere letteratura, era chiaro: "La maggior parte degli scrittori scriveva delle esperienze delle classi medio-alte. Avevo bisogno di leggere qualcosa che mi facesse sopravvivere alle mie giornate, alla strada, qualcosa a cui appigliarmi. Avevo bisogno di ubriacarmi di parole.". "Azzeccare i cavalli vincenti" va oltre il testamento letterario. In questa raccolta di riflessioni Bukowski innesca una personalissima, vitale ed esplosiva battaglia contro la fiacca mentalità borghese, con uno humour disincantato, dark e cinico che non può lasciare indifferenti. Ecco allora le prese di posizione contro la cultura "alta" delle università, i poco convenzionali pamphlet sul piacere di defecare e sul diritto di guidare ubriachi, e le dichiarazioni programmatiche sulla superiorità di una vita spogliata dagli agi materiali e magari arricchita da una bottiglia di vino e da un disco di Mozart. Tristezza, follia, humour. L'universo bukowskiano concentrato in una raccolta di saggi e scritti apparsi su riviste e taccuini tra il 1944 e il 1990.
La biografia di Bukowski include due tentativi di lavorare come impiegato, dimissioni dal "posto fisso" a cinquant'anni suonati, "per non uscire di senno del tutto" e vari divorzi. Questi scarsi elementi ricorrono con insistenza nella narrativa di Bukowski, più un romanzo a disordinate puntate che non racconti a sé, dove si alternano e si mischiano a personaggi ed eventi di fantasia. "Rispetto alla tradizione letteraria americana si sente che Bukowski realizza uno scarto, ed è uno scarto significativo", ha scritto Beniamino Placido su "La Repubblica", aggiungendo: "in questa scrittura molto "letteraria", ripetitiva, sostanzialmente prevedibile, Bukowski fa irruzione con una cosa nuova. La cosa nuova è lui stesso, Charles Bukowski. Lui che ha cinquant'anni, le tasche vuote, lo stomaco devastato, il sesso perennemente in furore; lui che soffre di emorragie e di insonnia; lui che ama il vecchio Hemingway; lui che passa le giornate cercando di racimolare qualche vincita alle corse dei cavalli; lui che ci sta per salutare adesso perché ha visto una gonna sollevarsi sulle gambe di una donna, lì su quella panchina del parco. Lui, Charles Bukowski, "forse un genio, forse un barbone". "Charles Bukowski, detto gambe d'elefante, il fallito", perché questi racconti sono sempre, rigorosamente in prima persona. E in presa diretta". Un pazzo innamorato beffardo, tenero, cinico, i cui racconti scaturiscono da esperienze dure, pagate tutte di persona, senza comodi alibi sociali e senza falsi pudori.
Prosegue la biografia in versi di Charles Bukowski. Dopo le intemperanze della prima giovinezza, Buk ci conduce per mano in stanze d'hotel, alle corse dei cavalli, davanti ai quadri erotici di un pittore francese, ai primi reading di poesia. Entrano nel suo universo amici insinuanti, profili di donne, voci che danno forma a improvvisi dialoghi esistenziali, che risalgono il fiume del passato, che sono a volte pruriti comici a volte insulti a volte parole di pietà. Ancora una volta emerge il Buk dilapidatore di tempo, di sesso, di scrittura, come se nel ritmo insaziabile della poesia egli continuasse a ritrovare tanti ganci che lo strappano e insieme lo tengono legato alla realtà.
Charles Bukowski fa i conti con la propria identità di scrittore e di vecchio ragazzo. Guarda al presente e al rischio mortale di essere "finito" come tutti gli altri e già sente le voci sulla propria morte. Insieme guarda al passato, da dove riaffiorano ricordi di vita, incontri, luoghi e persone. Sente che la sua vita scorre inesorabilmente come i fiumi dell'inferno ma pensa di non aver scritto ancora abbastanza poesie per potersene andare. Non rinuncia a guardare con curiosità la realtà che lo circonda, i nuovi homeless, i nuovi giovani, gli stereotipi di sempre.