"Il lavoro non è una merce". È con questa citazione, tratta dalla Dichiarazione di Filadelfia del 1944, che inizia il libro di Callea. Il libro è ispirato dalla convinzione che si debba riconoscere la complessità della materia lavoro, ossia dalla consapevolezza che i lati più nascosti dell'attività lavorativa influiscono per concatenazioni causali, non solo sul rendimento del lavoratore stesso, ma anche sul "rendimento" della civiltà dell'intero corpo sociale. Il libro inizia con una riflessione epistemologica sui paradigmi della psicologia. Callea sostiene la necessità di una trasformazione del modo di studiare i fenomeni e nella mentalità scientifica con la quale, fino ad ora, si è studiato il lavoro. Da ciò, la scelta di trattare molte delle categorie basilari della psicologia del lavoro classica, sulle quali, forse, qualcuno pensava non ci fosse più molto da capire. È necessario un allargamento delle prospettive, ossia uscire dalla settorialità dei nostri ambiti, riconsiderare i fenomeni attuali nella prospettiva storica e molto altro che richiede un atteggiamento di disponibilità alla ricerca più esteso e profondo di quanto fosse necessario nello stabile mondo del passato.