Joseph Campbell è stato uno degli studiosi che hanno rivoluzionato l'approccio alla mitologia. Nelle sue opere ha infatti dimostrato come i racconti mitologici - indipendentemente dall'ambito culturale in cui hanno origine - attingano temi, personaggi e storie dallo stesso ancestrale retroterra. Questo significa che nella letteratura, nei riti e nei simboli, elaborati dalle varie tradizioni per rispondere alla necessità di comprendere il mistero dell'esistenza, finiamo per scoprire sempre noi stessi. Tat tvam asi, «quello sei tu», è appunto l'intuizione spirituale fondamentale di tutta la vita e l'opera di Campbell. Nei saggi raccolti in questo volume, l'attenzione dello studioso si concentra sulla tradizione spirituale giudaico-cristiana, sulla simbologia che ricorre nei suoi miti e rituali, sulla metafora quale strumento di narrazione e trasfigurazione, spesso fraintesa e considerata un mero riferimento a un presunto evento storico. Si vedrà per esempio come attraverso il mito dell'Immacolata Concezione (che non è solo cattolico) non si tramandi un fatto, ma piuttosto si alluda a una condizione spirituale. Anche la Terra Promessa non è un luogo geografico, bensì dell'anima. L'ambito mitologico è stato oggetto di incomprensioni e pregiudizi, al punto che, per alcuni, il mito si riduce a una bugia. Campbell ci mostra invece come le sue declinazioni nelle diverse culture rispondano in modo univoco al profondo ed essenziale bisogno umano di comprendere i grandi misteri della nostra presenza nell'universo.
Il mito è da sempre oggetto di analisi da parte di storici, filosofi, antropologi, sociologi, che ne hanno proposte le interpretazioni più disparate, riconfermandone però sempre l'importanza nell'ambito della vita associata. Anche gli psicoanalisti si sono rivolti a esso: per loro il mito, come il sogno, rivela la struttura stessa della psiche. Secondo Jung, il mito sarebbe un sognare a occhi aperti, il sogno una continuazione del mito ed entrambi la manifestazione di motivi arcaici, che rivelano l'esistenza di elementi strutturali della psiche inconscia. Questi motivi o immagini, da lui chiamati archetipi, dimostrano che esiste un inconscio collettivo comune da sempre a tutti gli uomini. Nello scrivere questo saggio sul mito dell'eroe, Joseph Campbell si è rifatto alle concezioni psicoanalitiche, in particolare a quelle di Jung, ma ha tenuto conto anche delle altre interpretazioni. Perciò "L'eroe dai mille volti" è un fantasmagorico viaggio attraverso le culture di tutto il mondo e di tutte le epoche. Centinaia di miti, favole e leggende, una folla di uomini, eroi, mostri, spettri, fate e geni, un pantheon di dèi clementi e terribili, maestosi e beffardi, costituiscono la materia di un libro che dalla sua prima pubblicazione, nel 1949, si è imposto come un grande classico.
Secondo Joseph Campbell, la funzione principale del mito è aiutare ogni individuo nel viaggio della vita, fornendogli una sorta di guida turistica per raggiungere la pienezza e la felicità. Sulle tracce di Jung, l’autore tratta qui importanti questioni vitali, mettendo in luce la sua notevole capacità di raccontare storie e l’abilità di applicare i più vasti temi della mitologia mondiale alla crescita personale e alla ricerca della trasformazione. Con la sua abituale arguzia e il suo intuito, Campbell traccia connessioni tra simboli antichi e arte moderna e, strada facendo, mostra come il mito possa aiutare ciascuno di noi a identifi care davvero la propria felicità e a perseguirla.
L'autore
Joseph Campbell (1904-1987) è stato uno dei più illustri studiosi di mitologia comparata e religioni di tutto il mondo. Tra i suoi testi tradotti in italiano, L’eroe dai mille volti (Guanda, 2008).
Le pagine che seguono costituiscono il puntuale resoconto di una lunga conversazione tra Bill Moyers, una delle grandi firme del giornalismo americano, e Joseph Campbell. Parte della conversazione ebbe luogo allo Skywalker Ranch di George Lucas, il celebre regista e produttore che ha pubblicamente riconosciuto l'enorme influenza degli studi mitologici di Campbell sul suo cinema. "Perché abbiamo bisogno della mitologia?": questa domanda ricorre in varie forme nel testo e ne rappresenta, in un certo senso, il filo conduttore. Campbell non si sottrae al compito di offrire al lettore una risposta chiara ed esauriente. I miti, per lui, non sono soltanto i "resti" del mondo antico che coprono le pareti del nostro sistema interiore di credenze, come i cocci del vasellame rotto in un sito archeologico. I miti, e i rituali che li evocano, riaffiorano puntualmente in molte delle cose della vita di oggi, dalla religione alla guerra, dall'amore alla morte, poiché riposano sulla "continua necessità della psiche umana di trovare un centro fatto di principi profondi". Senza cesure e tuttavia senza contrasti, il grande studioso parla liberamente di tradizioni e racconti egizi e greci, ebraici e indiani, islamici e pellerossa, di narrazioni bibliche e chansons de geste, delle tribù dell'Oceania e di Martin Luther King, della cattedrale di Chartres, di John Wayne, Re Artù e Star Wars, accomunandoli nella sua affabulazione di cantore del potere del mito.
I miti non appartengono alla mente razionale. Piuttosto, essi scaturiscono dalle profondità di quel grande serbatoio che Jung chiama «inconscio collettivo». In Occidente è capitato che siano stati interpretati come fatti. Ma poiché, in questa nostra era di scetticismo scientifico, siamo consapevoli che tali fatti non possono essere accaduti davvero, la parola «mito» è divenuta sinonimo di «falsità». E la vita religiosa ha assunto un carattere strettamente morale. In altre parole, l’uomo contemporaneo ha perso la possibilità di accedere a una dimensione profonda ed essenziale della sua natura.
Secondo Campbell, però, la grande diffusione delle dottrine orientali nel contesto delle accecate esistenze occidentali ha il benefico effetto di ridestarci al nostro retaggio pre-cristiano, a quelle Tradizioni nelle quali il mito non è inteso come il racconto di fatti pseudostorici, ma è la rivelazione poetica del grande mistero che esiste ora e da sempre, che sta dentro ognuno di noi e che è al di là di ogni possibile definizione.
Spaziando dall’induismo al taoismo, dal buddhismo al giainismo, Campbell esplora le metafore orientali dell’Eterno e del Trascendente, immagini, figure e racconti all’apparenza esotici, quando non estranei alla nostra sensibilità, eppure in grado di trasmettere anche a noi il loro messaggio di verità intorno all’uomo.
La cosa più straordinaria delle mitologie orientali è la loro capacità di dilatare i confini del tempo e dello spazio, portando a un forte ridimensionamento del momento attuale, della vita e delle sue tentazioni e distrazioni, angosce e sviamenti.
Il mito aiuta a sopravvivere alle contingenze che assalgono l’uomo, a trovare «un punto di quiete» e a proseguire nella ricerca con animo leggero, come se fosse un gioco, il gioco di Dio.