" A chi devo insegnare a leggere l'autore prescelto - nel mio caso Virgilio - : studenti? Lettori colti ma non esperti di letterature antiche? Lettori generici? Persone desiderose di dedicarsi a scritture più elevate di quelle sinora perseguite? Insegnanti frettolosamente immessi nel ruolo? Difficile rispondere. Comunque credo che, per essere più o meno all'altezza di tale responsabilità, sia opportuno non scrivere un saggio serioso, ma tentare un dialogo a distanza, quasi telepatico, chiarendo prima alcuni concetti essenziali - diciamo 'chiavi di lettura'? - dell'autore prescelto. E dunque Virgilio." (Luca Canali)
Gli scrittori, e gli artisti in genere, hanno sempre cercato, per ragioni economiche, editoriali e di prestigio, o per semplice cupidigia di servilismo, l'amicizia o almeno la benevolenza dei potenti. E, a loro volta, i potenti di ogni livello, ma soprattutto quelli al vertice della piramide statale, si sono spesso compiaciuti di avere intorno, o comunque a loro disposizione, scrittori che elogiassero i meriti, talori inesistenti, e la nobiltà del loro casato. In questo libro Luca Canali ne esamina e documento i modi e risultati.
"Che gli scandali avvengano", dice Gesù (Vangelo di San Matteo, 18, 7) intendendo che essi smaschereranno i malvagi che li provocano. E Luca Canali penetra nei recessi più segreti di vittime e colpevoli, protagonisti di moderni scandali in una silloge di racconti e personaggi tutti diversi ma tutti accomunati da una stessa complicità (l'alto burocrate, la bella e sensuale cinquantenne, il mediocre politico, il ragazzo che non riesce ad amare, l'omosessuale avventuroso e sereno, l'usuraio per vendetta ecc.), che svelano dove si annida il Male, e spesso ottengono una laica redenzione oppure il verdetto finale della morte.
In un affascinante gioco di specchi, testi e commenti, affreschi storici e brani d'autore si riflettono a vicenda: Lucrezio, Catullo, Cesare, Virgilio, Petronio, Giovenale. Lucrezio, rivoluzionario nel suo dialogo con la scienza e ribelle nella sua adesione all'epicureismo. Catullo, tutto occupato da una meditazione sull'uomo e l'etica. Cesare, al contempo rivoluzionario e legalista. Virgilio, incline alla comprensione dei limiti dei protagonisti del suo universo mitologico. Petronio, "immerso nella turpitudine" e al tempo stesso totalmente estraneo all'oscenità. Giovenale, "sconfitto della storia" perché impotente e deluso di fronte al potere che domina la sua epoca.
Il libro si compone di cinque racconti, compiuti e perfetti in se stessi. I primi quattro si svolgono a Roma tra il 1940 e il 1945; l'ultimo è un breve e coinvolgente giallo. In tutti scorre l'amara coscienza di quanto sia "sporca" la guerra, che oggi come ieri degrada noi umani a bestie senza sentimento né ratio, sradicandoci dalla nostra umanità. La scrittura di Luca Canali, limpida e intensa, trepidante e dura, è come il riflettore di un set cinematografico: illumina e segue i suoi personaggi, i loro destini e quelli di noi lettori.
Una città nata da due omicidi non avrebbe potuto non avere impressi nel proprio DNA caratteri di violenza. E infatti così è stato. La tragica fine di Tiberio e Gaio Gracco non sarebbe avvenuta se Roma non avesse privato i piccoli agricoltori delle loro terre per farne soldati alla conquista dell'Italia intera. Quelle campagne divennero preda dei latifondisti, mentre gli antichi proprietari, dopo la vittoria, furono trasformati in disoccupati o nullafacenti cronici. Fu la "rivoluzione" dei Gracchi a opporsi a questo arbitrio. Se si fosse realizzata, Roma non sarebbe stata invasa da migliaia di sottoproletari affamati, e non avrebbe conosciuto una lunga epoca di guerre civili. I fratelli Gracchi sarebbero stati gli eroi di un mondo diverso.
Alti funzionari di un telegiornale in lotta fra loro a causa dell'amore impossibile per una stagista lesbica; uno psichiatra che trasforma i propri pazienti in narratori delle diverse nevrosi; il misterioso omicidio di un modello rumeno di pochi scrupoli. Frammenti di vite bizzarre o disperate tenute sotto controllo dal filo rosso di un'unica idea: quella della nevrosi, che si fa strumento di maturazione e autoconsapevolezza.
Furono anni insanguinati. Tormentati da intrighi e scontri di potere. Il primo a cadere fu Tiberio Gracco, giovanissimo leader del movimento democratico, linciato nel 133 a.C. Non ebbe miglior sorte l'aristocratico Scipione Emiliano, che venne trovato morto nel suo letto. Né riuscì a salvarsi Gaio Gracco. Autore di riforme ben più audaci di quelle del fratello Tiberio. E via di questo passo, tra conflitti, guerre civili e assassinii. Senza tregua né pietà. Fino alle morti celeberrime di Cesare, di Cicerone e di Antonio, che si tolse la vita dopo la sconfitta di Azio, seguito dalla sua sposa Cleopatra. Unico dominatore della scena politica Ottaviano, proclamato Augusto. Solo allora quel massacro durato un secolo poté considerarsi concluso.