Tra i gerarchi “fedelissimi del Duce” spicca la figura di Roberto Farinacci, il “ras di Cremona”, collaboratore del “Popolo d’Italia” e fondatore insieme a Mussolini dei Fasci italiani di combattimento. Ritenuto da molti “più fascista del Duce”, Farinacci divenne il rappresentante-simbolo del fascismo estremo e violento, quello con il manganello facile. Questa nuova biografia ripercorre con scrupolo e precisione le principali tappe della sua parabola umana e politica, dalle acrobazie giovanili fino alla morte avvenuta per fucilazione il 28 aprile 1945. Grazie a un rigoroso approccio alle fonti, Romano Canosa realizza un’opera ambiziosa e convincente, ma soprattutto evita l’errore più comune commesso da quasi tutti gli storici che si sono occupati di Farinacci: ridurre il preteso “uomo forte” del regime a una sorta di caricatura e attenuare, di conseguenza, le sue precise responsabilità nell’instaurazione, nel consolidamento e nelle scelte più gravi del regime fascista, prime fra tutte l’esaltazione e la pratica della violenza squadristica.
Luglio 1936: in una Spagna nel caos, alcuni generali, tra cui Francisco Franco, mettono fine al debole governo del Fronte Popolare con un tentativo di colpo di stato che presto degenera in guerra civile. Nei lunghi e tragici anni della lotta per il potere, Franco potrà contare sull'aiuto delle altre nazioni già comandate da regimi totalitari: Italia e Germania. Ma se Hitler si limita a dare soltanto un aiuto in campo aeronautico, Mussolini stabilisce con il Caudillo un rapporto molto più stretto. La fornitura, proseguita per circa quattro anni, di materiale bellico italiano e la partecipazione militare del nostro paese. Terminata la guerra civile, Mussolini cercò di convincere Franco a scendere in campo nella seconda guerra mondiale, ma il dittatore spagnolo, pur favorendo italiani e tedeschi in alcuni campi respinse sempre con decisione ogni pressione volta a fargli dichiarare guerra alle potenze democratiche, e dette continue assicurazioni a queste ultime di non avere alcuna intenzione di abbandonare la sua posizione di neutrale.
La "questione criminale" è stata, a partire dagli anni settanta, uno dei principali problemi della società italiana. Le stragi, il terrorismo, le mafie e la corruzione politica, sono stati i suoi momenti di maggior rilievo. In alcune regioni del Paese la frequenza di atti criminali è stata così alta da far sorgere sospetti tutt'altro che illegittimi che ormai sia la criminalità organizzata la vera detentrice del potere. Solo in tempi recentissimi questa situazione sembra aver presentato qualche segno di mutamento, grazie all'intensificazione dell'azione degli apparati repressivi dello Stato, che in alcune regioni a rischio hanno ottenuto successi non trascurabili nel loro tentativo di eliminare lo strapotere delle cosche.