Londra, 1870. La capitale inglese ribolle di scontento e sedizione. Sono passati trentatré anni da quando Victoria è salita al trono, nel tripudio popolare, il 20 giugno 1837: una diciottenne non bella, così piccola e rotondetta, gli occhi blu un po' sporgenti, ma vivace, intelligente e con modi accattivanti. E soprattutto, un temperamento volitivo. Le doti che, insieme al sostegno dell'adorato marito Albert, ne hanno fatto a lungo una sovrana ammirata. Chi la riconoscerebbe oggi nella tozza dama infagottata negli abiti neri del lutto, che dalla morte di Albert vive ritirata sull'isola di Wight o in Scozia, e si rifiuta ostinatamente di mostrarsi al suo popolo e di presenziare alle cerimonie nella capitale? Così, mentre il figlio ed erede Bertie consuma le notti al tavolo del baccarat o nel letto della demi-mondaine di turno, il prestigio della Corona affonda e il trono vacilla sotto i colpi dei repubblicani. Sarà questo l'epilogo di un regno iniziato magnificamente?
Cosa significa per un bambino essere l'erede al trono? All'apparenza, godere di privilegi inarrivabili per i comuni mortali, ma in realtà, ieri come oggi, anche essere sottoposti a regole e modelli di comportamento che sembrano studiati apposta per creare dei disadattati in lotta col proprio destino. Ne sa qualcosa Carlo d'Inghilterra, il più longevo pretendente alla Corona, al quale il libro dedica un vivace e accurato ritratto: a tre anni ha già imparato a fare l'inchino alla bisnonna, la regina Mary, e a quattordici viene spedito in un collegio gelido e isolato dove subisce, insieme a una disciplina da caserma, anche le umiliazioni dei bulli con cui divide la camerata. E se oggi i suoi figli e nipoti godono di trattamenti molto meno severi, l'attenzione ossessiva dei mass media rende l'esistenza di tutti loro piuttosto scomoda. Spostandosi avanti e indietro nel tempo, infilandosi nelle residenze reali di tutta Europa, Antonio Caprarica registra con brio e gusto per i particolari gli aspetti più significativi e curiosi della vita e dell'educazione di giovani principi e principesse: infanzie dorate o complessate; disgrazie scolastiche di zucconi coronati; eccessi e debiti di giovani viziosi; amori borghesi che si scontrano con la ragion di Stato. Le stanze dei bambini diventano così un insolito punto di osservazione per scrivere un nuovo, originale capitolo della storia delle famiglie reali. E per indagare, attraverso le vite di famosi eredi - la regina Vittoria, Carlo e William d'Inghilterra, Vittorio Emanuele III di Savoia, Felipe di Spagna, Harald di Norvegia e altri ancora - il senso attuale di una istituzione che affida le sorti delle Nazioni a una lotteria genetica.
Il 28 agosto 1996, giorno in cui il divorzio reale venne ufficializzato, aveva segnato per Diana l'inizio di una nuova vita. La "principessa triste", schiacciata dal peso della monarchia, che meno di un anno prima aveva confessato pubblicamente la sua fragilità e rivelato i tradimenti del marito, si era trasformata in una persona radiosa, più consapevole, genuinamente interessata alle sorti dei più deboli, decisa a difendere il rapporto con i figli e il suo diritto alla felicità. Un simbolo di bellezza e sensibilità, che oscurava l'immagine della Corona inglese; il personaggio più appetibile per quei fotografi e reporter che avranno un ruolo non secondario nella sua drammatica fine. Il racconto di Antonio Caprarica prende le mosse da qui, con l'intento di restituire Diana alla sua storia: quella autentica, privata, che la frenesia dei media ha sepolto sotto improbabili rivelazioni, teorie complottistiche e gossip. Il rapporto con il medico pakistano Hasnat Khan - l'unico uomo che non tradì i segreti e le confidenze della principessa -, le campagne umanitarie, le ultime vacanze con i figli, l'incontro con Dodi al-Fayed: i pochi mesi che precedono lo schianto sotto il tunnel dell'Alma, a Parigi, ricostruiti in una narrazione dal ritmo e dalle immagini cinematografiche, mostrano una donna sempre in bilico fra ingenuità e astuzia, generosità e attaccamento ai privilegi. Una donna inquieta ma piena di vita, che con le sue scelte ha lasciato un segno evidente nella storia di una nazione e, a vent'anni dalla scomparsa, continua a esercitare il fascino e la suggestione dei miti.
Per i detrattori è "Elisabetta la Lunga", la sovrana senza qualità particolari, dotata della sola virtù della longevità. Per la grande maggioranza degli inglesi, e anche per qualche convinto repubblicano, è l'amato e indiscusso simbolo della nazione e della grandezza del Paese. Per i media è un'icona mondiale. Chi è dunque, e chi è stata, nei novant'anni della sua vita, Elizabeth Alexandra Mary Windsor? Per rispondere a questa curiosità Antonio Caprarica, che ha avuto più occasioni d'incontrarla, ne ha esplorato la storia a partire dalla nascita nella casa londinese di Bruton Street, il 21 aprile 1926, e dall'infanzia trascorsa a Buckingham Palace insieme ai nonni, dai quali ha ereditato la parsimonia fino alla tirchieria e il maniacale rispetto della forma e dei ranghi che ancora oggi le vengono rimproverati. Ha seguito Elisabetta nei viaggi giovanili con Filippo e nelle stanze dove, ad appena ventisei anni, ha imparato l'arte di regnare. L'ha osservata nelle occasioni ufficiali e nelle crisi famigliari ricostruite attraverso le indiscrezioni di corte... Una biografia che ripercorre le cadute e i trionfi di oltre sessant'anni di regno, indaga sulla magia che circonda la monarchia britannica e narra, al tempo stesso, una favola d'altri tempi.
Ci sono ancora segreti nella capitale al centro di tutte le rotte planetarie, la meta scelta da centinaia di migliaia di giovani per cercare opportunità e successo, la città simbolo di una civiltà libera e tollerante, nonostante la Brexit e le tentazioni nazionalistiche? Piccadilly, Westminster e la City ci sembrano ormai vicini e famigliari, per non dire di Buckingham Palace e dei personaggi che animano la residenza reale, che riempiono di immagini e gossip le pagine delle riviste. Eppure, seguendo il percorso proposto da Antonio Caprarica ci si immerge in un mondo non solo ricco di storia e di fascino, ma inaspettatamente misterioso. Una passeggiata che attraversa anche i secoli conduce nei poveri quartieri raccontati da Charles Dickens, tra i palazzi divorati dal fuoco del Grande Incendio, tra le bancarelle di Soho dove Virginia Woolf cerca libri usati. E trasporta nel fantastico universo della monarchia, dove si incontrano i protagonisti dell'istituzione politica più antica del mondo dopo il papato: sovrani bizzarri, campioni di dissipatezza, e regine risolute, capaci di dare onore e stabilità a quella Corona nella quale i britannici vedono ancora oggi il simbolo della grandezza del loro Paese. In un libro documentato e brioso, che riunisce Il romanzo dei Windsor e "Il romanzo di Londra" , completandoli con una nuova e ampia introduzione, l'autore - iscritto al club degli anglofili da quasi cinquant'anni - raccoglie i luoghi e le figure, le storie e le favole che hanno reso unica e leggendaria la metropoli sulle sponde del Tamigi.
Per i detrattori è "Elisabetta la Lunga", la sovrana senza qualità particolari, dotata della sola virtù della longevità. Per la grande maggioranza degli inglesi, e anche per qualche convinto repubblicano, è l'amato e indiscusso simbolo della nazione e della grandezza del Paese. Per i media è un'icona mondiale. Chi è dunque, e chi è stata, nei novant'anni della sua vita, Elizabeth Alexandra Mary Windsor? Per rispondere a questa curiosità Antonio Caprarica, che ha avuto più occasioni d'incontrarla, ne ha esplorato la storia a partire dalla nascita nella casa londinese di Bruton Street, il 21 aprile 1926, e dall'infanzia trascorsa a Buckingham Palace insieme ai nonni, dai quali ha ereditato la parsimonia fino alla tirchieria e il maniacale rispetto della forma e dei ranghi che ancora oggi le vengono rimproverati. Ha seguito Elisabetta nei viaggi giovanili con Filippo e nelle stanze dove, ad appena ventisei anni, ha imparato l'arte di regnare. L'ha osservata nelle occasioni ufficiali e nelle crisi famigliari ricostruite attraverso le indiscrezioni di corte... Una biografia che ripercorre le cadute e i trionfi di oltre sessant'anni di regno, indaga sulla magia che circonda la monarchia britannica e narra, al tempo stesso, una favola d'altri tempi.
"No Sex Please, We're British": a giudicare dal successo di botteghino ottenuto dalla commedia del 1971, che a Londra fu rappresentata senza interruzione per sedici anni, con diverse migliaia di repliche, agli inglesi non dispiace essere considerati un popolo ordinato, compassato e pudibondo, un popolo "niente sesso". Le incursioni di Antonio Caprarica nella storia e nella cronaca della sessualità britannica rivelano al contrario la debolezza dello stereotipo e riservano la scoperta di una nazione ossessionata dai piaceri della carne, fra casi e personaggi sorprendenti. Vescovi che esercitano il privilegio di sfruttare i postriboli riscuotendo l'affitto dalle prostitute. Sovrani che trasformano la corte in un vero e proprio bordello. Maîtresse che inventano ingegnosi meccanismi per lo "spanking", la pratica delle sculacciate esercitata come castigo nelle severe scuole del Regno e trasformata in eccitante tortura per nobili natiche maschili o femminili. Aristocratici occupati ad aggiornare un libretto, vero best seller di vendite nel 1760, con le "specialità" delle "professional beauties" disponibili in città. Politici e uomini d'affari ricattati per la loro frequentazione dei "club sodomiti". Nel racconto dei peccati di Londra anche la rispettabilità vittoriana si mostra come una patina di ipocrisia che rende ancora più piccante la trasgressione.
"Un uomo che è stanco di Londra è stanco della vita", scrisse Samuel Johnson, autore del primo, grande dizionario inglese, e la sua osservazione è proverbiale ancora oggi. Perché di vita, come di cultura, arte, scienza, memoria e nuove tendenze, Londra è ricchissima. Lo si scopre in questo libro, dove la città appare come un immenso palcoscenico sul quale si intrecciano storie antiche e nuove che nascono dalle strade e dalle pietre, dai luoghi più gloriosi, paurosi e incantevoli della metropoli. Vagabondando per le viuzze di Soho, passeggiando da Kensington Palace a Westminster, o dalla City ai Docks, in percorsi che attraversano anche i secoli, si incontrano i personaggi più sorprendenti, curiosi e intriganti, immersi nelle loro avventure: un Charles Dickens dodicenne lavora nella fabbrica di lucido da scarpe vicino allo Strand; Samuel Pepys, il celebre diarista di Carlo II, osserva la City divorata dal fuoco del Grande Incendio; Virginia Woolf fruga tra i libri usati esposti sulle bancarelle di Charing Cross Road; Lady Di si aggira infelice nelle stanze di Kensington Palace e Winston Churchill, dal rifugio antiaereo, ascolta le bombe tedesche cadere sull'East End. Scorrere queste vivacissime pagine - nelle quali l'autore ha riversato tutto l'amore per la città che considera la sua seconda patria - equivale a fare un tour esclusivo, un'escursione sulle tracce dei luoghi, degli eventi e delle personalità che hanno reso Londra una capitale leggendaria.
Se il buon nome e il successo della monarchia britannica dipendessero dalla gloria degli antenati, Elisabetta II rischierebbe di trovarsi a mal partito: nessuno infatti ha lavorato più alacremente di molti suoi predecessori per demolire l'immagine della dinastia. Seguendo a ritroso l'albero genealogico dell'attuale regina, ci si imbatte in una serie di veri campioni di dissipatezza e follia. Donnaioli incalliti ricattati dalle amanti come Edoardo VIII, che abdicò per sposare l'americana Wallis Simpson, o Edoardo VII, al quale la madre - la solida e severa regina Vittoria - indirizzava inutilmente accorati richiami al dovere. Genitori sadici come Giorgio I, il re arrivato all'inizio del 1700 dal principato di Hannover, che sfrattò il figlio e la nuora separandoli dai loro bambini. Scialacquatori di ricchezze come Giorgio IV, in gioventù bello e raffinato quanto il principe delle favole, che per ripianare i suoi debiti fu costretto alle nozze con una donna che gli ripugnava. Per fortuna, fra sordide guerre dinastiche e scandali di letto spuntarono anche matrimoni fortunati e figure capaci di garantire la stabilità e il successo della monarchia: come quella di Elizabeth Bowes-Lyon, l'indimenticabile Regina Madre - volontà di ferro dietro il sorriso soave che conquistò non solo il cuore del balbuziente e incerto Giorgio VI, ma anche l'affetto dell'intera nazione.
Al centro di questo libro c'è un Paese considerato il "grande malato d'Europa": la sua industria è in declino, il costo della vita minacciosamente cresciuto, il debito pubblico incontenibile, tanto che il governo è sul punto di chiedere l'aiuto del fondo monetario internazionale. Sembra una fotografia dell'Italia di oggi, e invece è il ritratto della Gran Bretagna alla fine degli anni Settanta, poco prima che a Downing Street arrivasse la più intransigente esponente dei conservatori britannici, Margaret Thatcher. Con una fede incrollabile nel liberismo, la Lady di Ferro somministrò al Regno una medicina amarissima, fatta di tagli alla spesa, privatizzazione delle aziende statali e deregulation. Una cura che sembrò, sulle prime, ammazzare il paziente, ma che al contrario lo guarì in breve tempo. Perché ricordare oggi la dura lezione dell'inflessibile Maggie? Innanzitutto per paragonarla con la sorte toccata alle misure proposte dal governo dei tecnici, con le liberalizzazioni "al ragù" e i provvedimenti sulla spesa pubblica tutti pesantemente ridimensionati dalle resistenze di corporazioni e caste in rivolta. E poi per scoprire come si vive in una nazione dove l'economia è governata dalle regole del mercato e della concorrenza e le istituzioni operano in modo trasparente. Un confronto, a tratti provocatorio, che Antonio Caprarica tratteggia in agili capitoli cercando di rispondere a una questione annosa: perché è così difficile fare dell'Italia uno Stato europeo moderno?