Giovanni Carta è un esordiente già maturo nello stile e nella narrazione, afferra storie e le regala al lettore prima che diventino storia, romanzo, omaggiando in questo il racconto orale piuttosto che l'imperialismo del personaggio. I racconti sono però legati in una struttura a cerchi concentrici che tende a imitare l'intreccio dei cesti di giunco, manufatti ricorrenti sia nella narrazione che nella vita quotidiana di un tempo nei paesi dell'entroterra sardo. Non essendo presente in Sardegna nessuna forma di letteratura scritta in lingua (le uniche sono le trascrizioni delle poesie, improvvisate o meno), fino a poco tempo fa questi cesti, con le loro decorazioni raffiguranti scene di caccia o balli, costituivano una delle poche forme di narrazione non orale, sebbene ristretta a pochi temi. Allo stesso modo, la progressione dei racconti è concentrica: i racconti esterni (il primo, il secondo, il sesto e il settimo) sono i più recenti e concatenati, quelli interni (il terzo, il quarto e il quinto) i più lontani nel tempo. La successione delle storie costruisce una sorta di ironica Vita Rustica, ostentando i particolari toponomastici, economici e sociali in un ricco apparato di note, e calando veramente il lettore nella quotidianità sarda contemporanea: giocando con i cliche regionalistici, liberandoci così da essi.