Se la cultura è capacità di ricordare, di non dimenticare, di rendere durevole nel tempo ciò che è caduco nella parola, di far rivivere il passato evocandolo e descrivendolo con amore, questa è dunque la funzione che spetta a questa raccolta di proverbi e di antichi detti di Roma, tramandati di bocca in bocca sino a oggi. Detti e proverbi che, strappati a una tradizione orale che va ormai scomparendo e raccolti in volume, assumono tutta l'importanza di un diario popolare, nel quale una mano invisibile è venuta annotando fatti, costumi, esperienze, incontri, personaggi e leggende di una città che da venti secoli è l'ombelico del mondo. Ma soprattutto emerge quella precisa filosofia di vita della plebe romana che si è sempre contentata di godere delle piccole gioie quotidiane, testimone indifferente (e impotente) delle lotte di potere e di possesso che avevano e hanno Roma come teatro. Così in queste pagine dominano il fluire delle stagioni storiche, l'umanità dei personaggi e la bellezza dei luoghi, in una cinica luce di taglio che investe ogni vicolo, ogni cupola, ogni palazzo, ogni finestra.
"L'eterno dilemma di ogni impero: che fare dei popoli conquistati? Assimilarli, quasi appendice della madrepatria? Dominarli, dividendoli? Annientarli, come Cartagine? A differenza di altri imperi, quello di Roma adattò la sua strategia alle terre conquistate. Cercando di capirle, accettando di studiarle, ascoltandone le voci. Salvo poi decidere come trattarle dall'alto della propria maestà. Di questa geopolitica pragmatica Ponzio Pilato, prefetto di Roma in Giudea dal 26 al 36 dopo Cristo, fu tragico e intelligente interprete. Almeno nell'interpretazione che Lino Cascioli ne dà in questa sua gemma, dove racconto e riflessione tessono un unico registro, avvincente e rivelatore. È raro imbattersi in pagine tanto intense, ricche di umanità e di metafore che ci trasportano attraverso il tempo. E ce ne fanno cogliere, se non la circolarità, la necessità di attraversarlo armati delle eterne domande cui non potremo mai rispondere né rinunciare." (Lucio Caracciolo)