Il 5 febbraio 2006 don Andrea Santoro era raccolto in preghiera nella sua chiesa a Trabzon, in Turchia, quando un uomo, alle spalle, gli puntò una pistola sparandogli due colpi. Come era finito in quel luogo uno stimato parroco romano? Cosa aveva spinto un sacerdote preparato e amato dalla sua gente a trasferirsi in Anatolia per svolgere un ministero di frontiera? Quale messaggio voleva dare o cosa intendeva costruire? A tutte queste e ad altre domande risponde il presente volume, che racconta la storia di don Andrea avvalendosi per la prima volta del carteggio personale, delle fonti pastorali, del diario privato, della preziosa testimonianza dei familiari e di coloro che gli sono stati vicino. Per tanti aspetti, come ben evidenzia l'autore, quella di don Andrea è la storia di un uomo e di un sacerdote alle prese con una personalità ricca, ma a tratti insoddisfatta, che dopo un lungo itinerario, geografico e interiore, incontra il Dio inerme, quel Dio che, come Gesù a Nazareth, vive accanto a ciascuno degli uomini prima di svelare la sua presenza. Di questo Dio don Andrea ha voluto essere testimone fino al dono della sua vita.
Cosa era la Congregazione del Sant’Uffizio, quali i poteri, le procedure, le funzioni? Perché, nel 1931, ordinò a padre Pio da Pietrelcina di celebrare in privato e di non confessare? Chi furono i responsabili di quella decisione? Quale ruolo giocò realmente il francescano Agostino Gemelli, che secondo un’opinione assai diffusa sarebbe stato allora il principale nemico di padre Pio? Quali furono le fasi di tutta la vicenda? Quale il vero atteggiamento di Pio XI? E gli stimmatizzati? Ve n’erano altri? Furono indagati dalla Suprema Congregazione? Cosa avvenne loro? Quale legame hanno con la storia di padre Pio san Giuseppe da Copertino, Giovanni Semeria, Ernesto Buonaiuti, il cardinale Raffaello Rossi e Benito Mussolini? Questi sono solo alcuni degli interrogativi a cui il volume, con abbondante documentazione inedita, permette di dare risposta divenendo un appassionante viaggio nella storia di un processo a carico di uno stimmatizzato, un’indagine sulla vita italiana e della curia romana durante il pontificato di Pio XI.
Francesco Castelli ha conseguito il dottorato in Storia e Beni Culturali della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana. Direttore dell’archivio storico diocesano di Taranto, è docente di storia della Chiesa moderna e contemporanea e membro di redazione di riviste scientifiche. Autore del volume Padre Pio sotto inchiesta. L’«autobiografia» segreta (Milano 2008, con prefazione di Vittorio Messori), di recente ha pubblicato su «L’Osservatore Romano » la supplica inedita con la quale il confessore di Cavour, fra’ Giacomo da Poirino, chiedeva, pentito, la riabilitazione a Leone XIII.
Narración detallada de la investigación que la Santa Sede realizó al Padre Pío en 1924. Incluye varios escritos en los que él mismo explica cómo recibió los milagrosos estigmas.
En junio de 1921, un sacerdote llamaba a la puerta del convento de San Giovanni Rotondo. Era Mons. Rossi, Visitador Apostólico enviado por el Santo Oficio para investigar en secreto al P. Pío. En esa época, el fraile de los estigmas había alcanzado ya una fama tan grande como la entidad de sus críticos. Por eso, era necesaria una investigación.
El obispo pasó ocho días interrogando y escribiendo las declaraciones de todas las personas que convivían o conocían al P. Pío. A todos se les impuso el juramento de decir la verdad y mantener el silencio más completo. Recogida la documentación, el inquisidor elaboró su valoración y la envió a Roma donde ha permanecido sepultada casi un siglo.
Este ´documento excepcional´, según afirma Vittorio Messori en el prólogo, se recupera hoy gracias a Francesco Castelli, que recoge en este libro los textos originales de la investigación. Entre ellos destacan varios relatos autobiográficos del P. Pío en los que explica cómo recibió los estigmas y vivió otras gracias sobrenaturales concedidas por Dios. Por eso, su interés es extraordinario.
Francesco Castelli es sacerdote, historiador de la Postulación para la Causa de Beatificación del Papa Juan Pablo II y profesor de Historia de la Iglesia Moderna y Contemporánea en el I.S.S.R. Guardini de Taranto. Colabora en diversas revistas y ha descubierto y publicado la tercera carta de Karol Wojtyla al Padre Pío.
Il Sant'Uffizio disse: sono vere stimmate.
A 40 anni dalla morte di Padre Pio, un verbale inedito conferma la sua santita'.
di Riccardo Caniato, da Oggi del 10-9-2008, pp. 32-34.
Il libro Padre Pio sotto inchiesta contiene interamente la relazione dell’inchiesta di Mons. Rossi su Padre Pio consegnata al Sant’Uffizio nell’ottobre del 1921. La divulgazione è stata resa possibile con l’apertura al pubblico degli archivi vaticani relativi al pontificato di Pio XI. Vittorio Messori, nella Prefazione, sottolinea «l’eccezionalità del documento sia per la peculiarità dei contenuti, sia per la bellezza del linguaggio». Ma il libro, introdotto e curato dallo storico Francesco Castelli, è impreziosito ulteriormente da un secondo contributo originale: la cosiddetta Cronistoria di Padre Pio; alcune cartelle sulla vita e il carisma del santo stilate da Padre Benedetto da San Marco in Lamis, che ne fu direttore spirituale e superiore negli anni giovanili: un testo ritenuto da tutti i biografi riferimento essenziale, ma mai pubblicato prima d’ora in volume.
«Davanti a me Visitatore Apostolico, nel Convento dei Minori Cappuccini, si è presentato, chiamato, il Reverendo Padre Pio da Pietrelcina, il quale, al tocco dei Santi Evangeli prestato il giuramento di dire la verità, depose e rispose come segue: “Mi chiamo Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, di Orazio, di anni 34 compiti. Mi trovo in questo Convento dal Settembre 1916…”». È il 15 giugno 1921, sono le ore 17, il santo del Gargano è messo sotto torchio. Davanti a lui siede un sacerdote di 44 anni, austero nel portamento, asciutto nel parlare, rigoroso nel porre le domande: è Mons. Raffaello Carlo Rossi, vescovo di Volterra, inviato dal Sant’Uffizio per inquisire il frate delle stimmate.
«Un film lungo una settimana».
L’ecclesiastico si presenta al portone di Santa Maria delle Grazie il 14 giugno; con ogni probabilità senza croce pettorale e zucchetto, a salvaguardia della segretezza della missione. Vi si intrattiene per otto giorni, mettendo a verbale le dichiarazioni non solo di Padre Pio, ma anche dei suoi confratelli, compresi il Padre Provinciale, Pietro da Ischitella, e il superiore del convento, Padre Lorenzo da San Marco in Lamis. Quindi, nella parrocchia di San Giovanni Rotondo, fa deporre più volte il parroco e il viceparroco. Al tempo stesso compie un’accurata indagine sulle stimmate. A tutti impone, mediante giuramento, di dire la verità e di mantenere anche in futuro il più completo riserbo. E il segreto è durato fino a oggi, allorché l’indagine riemerge dagli archivi segreti vaticani, pubblicata per intero nel volume Padre Pio sotto inchiesta, Edizioni Ares, a cura di Francesco Castelli, con prefazione di Vittorio Messori (pp. 328, euro 14).
Si dipana qui, come in un film, una settimana della vita del frate, in ogni suo aspetto anche domestico, come la passione per la birra prodotta da un amico, l’unica che riusciva a digerire. Ne traiamo un Padre Pio simpatico, di forte temperamento, allegro. Non certo un mistico appartato, piuttosto un religioso particolarmente attento ai doveri comunitari, come i servizi, ma anche lo stare in compagnia.
Per la sua discrezione il Convento di San Giovanni Rotondo finisce per vivere con naturalezza le cose fuori dal comune che riguardano Padre Pio e che pure prendono corpo nelle testimonianze del Provinciale, del Superiore, di Padre Ignazio…, come le febbri a 48°, il profumo, le bilocazioni, i rumori notturni causati dal demonio, le fuoriuscite di sangue dalle stimmate, le grazie. È su questi aspetti, naturalmente, che si concentra l’attenzione dell’inquisitore che incalza prima i confratelli, poi, in sei successive deposizioni lo stesso Padre Pio.
Il santo che, per umiltà, eviterebbe volentieri di parlare di sé, dinanzi all’autorità del Papa, che Rossi incarna, non può sottrarsi: il documento contiene 142 risposte dettagliate, una nuova, imprescindibile fonte autobiografica. Non mancano rivelazioni sorprendenti.
«Ti associo alla mia Passione».
Fino a oggi risultava che Padre Pio, pudicamente, ritenendosi indegno dei suoi straordinari carismi e soprattutto delle stimmate, aveva dichiarato a voce e per iscritto che le piaghe gli furono inferte da «un personaggio misterioso». Ma chiamato a rispondere sul Vangelo, egli rivela per la prima volta l’identità di colui che lo ha stimmatizzato. È il 15 giugno 1921, poco dopo le 17, ecco il racconto raccolto dal Visitatore: «Il 20 Settembre 1918 dopo la celebrazione della Messa trattenendomi a fare il dovuto ringraziamento nel Coro tutt’ad un tratto fui preso da un forte tremore, poi subentrò la calma e vidi Nostro Signore in atteggiamento di chi sta in croce, ma non mi ha colpito se avesse la Croce, lamentandosi della mala corrispondenza degli uomini, specie di coloro consacrati a Lui e più da lui favoriti. Di qui si manifestava che lui soffriva e che desiderava di associare delle anime alla sua Passione. M’invitava a compenetrarmi dei suoi dolori e a meditarli: nello stesso tempo occuparmi per la salute dei fratelli. In seguito a questo mi sentii pieno di compassione per i dolori del Signore e chiedevo a lui che cosa potevo fare. Udii questa voce: “Ti associo alla mia Passione”. E in seguito a questo, scomparsa la visione, sono entrato in me, mi son dato ragione e ho visto questi segni qui, dai quali gocciolava il sangue. Prima nulla avevo».
Dopo queste dichiarazioni Mons. Rossi effettuerà personalmente una ricognizione sulle stimmate di Padre Pio, di cui non si aveva notizia e che risulta apportatrice di grandi novità, specialmente per quanto concerne la forma della ferita sul costato e la presunta sesta piaga della spalla. Il cappuccino nega di portare questo segno che sarebbe causato dal peso della croce; a precisa domanda, se abbia «per la persona, nel petto, nel dorso, altri segni simili [alle stimmate]» risponde: «No, mai avuti».
Il profumo, le stimmate, la febbre a 48°.
Ben sapendo che i detrattori di Padre Pio ipotizzano che generi artificialmente le ferite e il profumo che emana dal suo corpo, Mons. Rossi, la sera del 15 giugno perquisisce a sorpresa la sua cella per cercare medicine, strumenti e lozioni che possano spiegare umanamente questi fatti. Invano. Non pago, interroga a bruciapelo il santo sul profumo. «Non so che rispondere», risponde ingenuamente: «L’ho sentito anch’io da persone che son venute a baciarmi la mano. Per parte mia non so: in cella non ho che il sapone». Il vescovo sa che ha detto la verità.
Molto toccante un passo in cui Padre Pio dà conto sul dolore fisico causato dalle stimmate e dalle ipertemie a cui è soggetto. Il frate dichiara che le piaghe «arrossate», che «gocciolavano un poco di sangue» si manifestarono nel «1911-1912, i primi anni del sacerdozio» e che già da prima «sentivo dei dolori in quelle medesime parti». Questi allora vuol vederci più chiaro sulla sofferenza cui è sottoposto: «Quale effetto risente da queste stimmate?», gli chiede. «Dolore, sempre, specialmente in alcuni giorni quando emettono sangue. Il dolore è più o meno acuto: in alcuni momenti non posso reggere». «E che cosa dice della temperatura arrivata talora a 48º?», lo incalza Mons. Rossi. «È vero, e questo avviene quando mi sento male… Credo sia più male morale che fisico». «Quali effetti sperimenta, che cosa sente?». Padre Pio riflette qualche istante, poi spiega: «Affetti interni, la considerazione, qualche rappresentazione del Signore. Come in una fornace, mantenendo sempre la conoscenza». A volte, esausto per la febbre, il santo implorava: «Le fiamme mi divorano, datemi dell’acqua gelata». Fra emozioni estatiche e ostilità demoniache il suo fisico viveva dimensioni fuori dal normale.
In due luoghi contemporaneamente.
Per non dire di quando era chiamato a «sdoppiarsi» nelle bilocazioni. Interrogato su questo fenomeno Padre Pio risponde: «Io non so come sia, né di che natura la cosa, né molto meno ci do peso, ma mi è occorso di aver presente questa o quell’altra persona, questo luogo o quell’altro luogo; non so se la mente si sia trasportata lì, o qualche rappresentazione del luogo o della persona si sia presentata a me, non so se col corpo o senza il corpo io sia stato presente». Il vescovo vuol sapere se sia consapevole dell’inizio di questo stato e del rientrare nello stato normale. Il santo sottolinea che «ordinariamente» questi fenomeni avvengono durante la preghiera: «La mia attenzione era rivolta all’orazione prima e poi a questa rappresentanza: poi mi ritrovavo senz’altro come prima».
Incuriosito, Mons. Rossi domanda di fatti particolari: Padre Pio, dichiarando che è la prima volta a parlarne apertamente, racconta: «Una volta mi son trovato vicino al letto di un’ammalata: Signora Maria di San Giovanni Rotondo, di notte; ero in Convento; credo che stavo pregando. Sarà più di un anno. Le rivolsi parole di conforto: Lei pregava che avessi pregato per la sua guarigione. Questo la sostanza. Di particolare non conoscevo questa persona; mi era stata raccomandata». La donna guarì. Un altro caso: «Un uomo mi si è presentato o io mi son presentato a lui, a Torre Maggiore – io ero in Convento – e l’ho ripreso e rimproverato i suoi vizi, esortandolo a convertirsi, e poi in seguito quest’uomo è venuto anche qui».
Il giudizio.
Il Visitatore Apostolico rileva a questo punto la discrezione del cappuccino riguardo alle persone coinvolte e annota: «Padre Pio non dice il nome per riguardo». Partito per sua stessa ammissione prevenuto, incontro dopo incontro rimase colpito dal giovane frate del Gargano e, riferendo alla Santa Sede, chiuderà la relazione indicando questo profilo: «Padre Pio è un buon religioso, esemplare, esercitato nella pratica delle virtù, dato alla pietà ed elevato forse nei gradi di orazione più di quello che non sembri all’esterno; risplendente in particolar modo per una sentita umiltà e per una singolare semplicità che non son venute meno neppure nei momenti più gravi, nei quali queste virtù furono messe per lui a prova veramente grave e pericolosa». Nel 1921, il Sant’Uffizio Padre Pio lo aveva già fatto santo.
Riccardo Caniato