Nel Fedro di Platone l'anima è descritta usando l'immagine di un carro guidato da un auriga e tirato da due cavalli di cui uno riottoso e cattivo si ribella all'altro che vuole seguire le schiere degli dèi, supreme essenze ideali. Le anime che a differenza degli dèi non si congiungono sempre alle idee, rappresentano bene l'antinomia più volte richiamata in sede critica a proposito degli autori, Verga, De Roberto, Brancati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, fino ad alcuni contemporanei, di cui si occupano i saggi raccolti nel presente volume: tra luce e ombra, tra mito e storia, tra ragione e mistero, tra isolamento ed esibizione, tra lirismo memoriale e registrazione impersonale. Ma per ognuno di loro si mostra come i termini finiscano col coincidere nel segno della circolarità più che in quello dell'antinomia; così è possibile rinvenire in molti scrittori siciliani tracce evidenti di questa duplice e simultanea anima, del loro coerente trascorrere dal sentimento alla ragione, dall'istinto all'analisi, dalla fantasia alla verità, dal mito alla storia, dal mistero al reale.
La frequenza tematica dei topoi amorosi nell'opera di Federico De Roberto permette un inquadramento della sua produzione nei termini del "discorso amoroso" di cui parlava Roland Barthes, vale a dire del dialogo tra vita e libri, della dispersione per frammenti di un sentire dissimulato per svariate motivazioni e mascherato nel gioco della scrittura. Sul doppio binario della ricerca di motivazioni soggettive e oggettive che spieghino il continuo interrogarsi dell'autore catanese sul vero o falso idealismo romantico, vengono verificate le matrici culturali della frequenza di temi quali il conflitto eros-thanatos, l'illusorietà della vita, la solitudine e l'esclusione del personaggio, la retorica dell'amore e dell'eros, l'adulterio. Si tratta nella maggior parte dei casi di una prassi d'intermittenze tra realtà e finzione in cui i documenti, alcuni dei quali inediti, si configurano come la più palese mise en abîme delle immagini e delle idee che alimentano l'invenzione narrativa.
Gli studi e le cinefilie raccolti nel volume fanno dialogare libri, film, musiche per illuminarsi vicendevolmente: dal Pirandello di "Giuoca, Pietro!" allo Sciascia innamorato del cinema e "tradito" dai registi, dal serbatoio di archetipi dei film sul Risorgimento all'immaginario letterario di Truffaut, dai Fioretti musicati di Francesco d'Assisi ai ritmi delle colonne sonore dei grandi musical americani. Un corpo a corpo tra linguaggi al confine che questo secolo renderà definitivamente inscindibili perché se è vero che alcune invenzioni narrative hanno dovuto attendere l'evoluzione delle tecnologie mediali della recente modernità per rivelare le loro potenzialità latenti, come se queste fossero finalmente riuscite ad articolare in modo più efficace la percezione della vita già presente nei libri o a farci comprendere pienamente la compositiva di certi romanzi, è altrettanto vero che il cinema e la musica avranno sempre più un ruolo di cerniera con la tradizione letteraria.
Dalla stroncatura ad opera di Benedetto Croce all'acquisizione nel novero dei classici, la fortuna di Federico De Roberto conoscerà diverse stagioni e passerà dalle ipoteche critiche al riconoscimento dei "Vicerè" come uno dei maggiori romanzi della letteratura italiana. Il volume ripercorre la storia delle opere e della critica fornendo altresì l'indispensabile strumento dei repertori bibliografici completi, utili a ricollocare l'autore nel canone letterario e a considerarlo ben più di un semplice epigono del verismo siciliano.
I saggi raccolti nel presente volume compongono un libro in due tempi, sui linguaggi autonomi e complementari della letteratura e del cinema.