La forma della felicità, il nuovo libro di don Fabrizio Centofanti e Sabrina Trane, non può non sorprendere il lettore. Partendo da un'idea diffusa di felicità psicologica, e descrivendola con competenza, allarga sempre più l'orizzonte, fino a sovrapporre al livello semplicemente umano quello che si può evincere dalla lettura del Vangelo e della tradizione cristiana più attendibile: dal progetto dell'uomo, potremmo dire, al progetto di Dio. Ne risulta una visione totalmente nuova dell'obiettivo più comune e condiviso da ogni essere umano. Il breve saggio si legge quasi come un romanzo: a un certo punto, il ritmo si fa incalzante, sembra di essere arrivati al gran finale, ma - e questo è il vero assunto del libro - c'è sempre un oltre. Perché per essere felici bisogna «passare all'altra riva», come Gesù dice, così frequentemente, nel Vangelo. Dalla Prefazione di don Fernando Altieri La felicità è un obiettivo comune a tutti gli esseri umani. In questo libro, scopriremo se e come sia possibile vincere questa scommessa, in un tempo in cui tecnologia, informatica e digitalizzazione globale ci spingono a ripensare dalle fondamenta un tema ineludibile per ogni persona consapevole di sé.
Vivere nello spirito è una sfida che si ripropone in ogni tempo e che dobbiamo ogni volta attualizzare, nella terminologia e nei contenuti. L’aspetto più difficile di tale sfida consiste nel mantenere intatta la verità che ci è stata tramandata, e nello stesso tempo renderla fruibile al variare dei costumi e del- le culture. Non vogliamo offrire un trattato scientifico, ma una guida agile con criteri chiari e traducibili nella vita quotidiana. Il taglio divulgativo nulla toglie al rigore e all’affidabilità della proposta...
dalla presentazione
"Che lettore di Vangelo sia don Fabrizio è subito chiaro. Per lui Gesù è il liberatore, colui che scioglie l'uomo dai vincoli di ogni sovrastruttura superflua, di ogni convenienza e connivenza mondana. Un Gesù povero tra i poveri, la cui incarnazione si compie ancora, ogni giorno, nelle ferite e nelle lacrime di ogni sofferente. A questo Cristo don Fabrizio dà del tu, perché al più umano fra gli uomini non ci si può rivolgere altrimenti. Si impara molto, leggendo questo libro. Più che altro, però, si ritrova una prospettiva che sembrerebbe altrimenti perduta: quella per cui ogni racconto è il racconto di un ritorno, e cioè di una perdita e di una salvezza. A riassumere le storie di tutti, in quella che diventa la storia di ognuno, è la vicenda irripetibile di Gesù di Nazareth. Crediamo di conoscerla, come se fosse una favola. Invece ci sorprende sempre, come se fosse il resoconto di una vita che ancora dobbiamo incontrare". (Dalla Prefazione di Alessandro Zaccuri).
Questo testo è una raccolta organica di "intermittenze del cuore". Centofanti sa come mescolare il sacro al profano, come alternare descrizioni di stati d'animo in rapporto alle vicende dei suoi personaggi e cerca di entrare nel cuore umano per spiegarne le decisioni, i tormenti, i momenti di felicità. Soprattutto sa che un romanzo non può più essere scritto come se fosse il rispecchiamento di un reale che non c'è, che scrivere è un'attività per la quale non c'è né salvezza né scampo quando si è presa la decisione di continuare a farne il proprio momento personale di intervento sulla realtà, che le vicende che descrive sono tutte proiezioni di un suo sogno ecumenico di comprensione del mondo che, tuttavia, non potrà procedere che per lumi sparsi, per balzi narrativi, per sfondamenti progressivi della rete di nebbia e di ignoranza che avvolge la mente di ognuno. Per Centofanti, un romanzo è il tentativo di confrontarsi con se stesso, con la propria vita, con la propria intensità di desiderio.Dalla Prefazione di Giuseppe PanellaLe dita sono ancora intorpidite: è per questo che intitoli il romanzo Salva L'Anima? Perché pensando a una Chiesa insidiata dalle sirene del potere, tieni d'occhio l'insidia più sottile di una malattia evocata dalle tre maiuscole?
Una storia inedita di Gesù, di un Gesù che torna sulla terra e si ritrova con gli stessi problemi di duemila anni fa. La scrittura di questo romanzo è insieme un mezzo di comunicazione teologica fondamentale ed un modo per esprimere una esigenza di liberazione radicale. Le vicende che vengono narrate coinvolgono il lettore in un viaggio nel quale è difficile distinguere vincitori e vittime. Ma l'amore rovescia ogni valore storico, sociale e politico e restituisce all'uomo e alla donna quell'io profondo che la società, lo stato e il potere tendono a negare. Gesù è umano fino in fondo e già solo per questo motivo suscita uno scandalo impossibile a normalizzare. Chi ama destabilizza, abbatte le barriere, è una mina vagante con cui devono fare i conti i custodi dell'ordine costituito.
"Centofanti - poeta, narratore e sacerdote - parte da un'osservazione vera. Cosa resta della vita di un uomo quando ripensa all'infanzia, ai tremori dell'adolescenza, alla ricerca della propria strada nella vita? Molto poco. Ciò che prevale nei ricordi sono immagini, suoni, odori e sapori che non riescono a comporsi in qualcosa di organico e coerente. Così, nella nostra vita, quando possiamo dire di essere stati felici? Quale attimo abbiamo vissuto al quale avremmo voluto gridare: fermati, sei bello? Ognuno di noi deve trovare la sua risposta. In queste pagine che muovono dallo sguardo incomprensibile di una bambina, dalle labbra indecifrabili di un'assistente universitaria, fino alle sensazioni estetiche della letteratura, passando attraverso la bulimia sentimentale e arrivando alla scoperta del prossimo, il percorso di vita dell'autore si sublima nella parola che le contiene tutte: amore. Fabrizio scopre così la verità che Platone e Gesù Cristo hanno insegnato da più di venti secoli: l'amore si nutre di se stesso, l'amore è dare amore senza chiedere nulla in cambio" (dalla Prefazione di Riccardo Ferrazzi).
"Stelle si inserisce in un progetto di lettura della soggettività contemporanea che permette a Centofanti di illuminare, da un lato, le sinuosità del presente e lascia intravedere, dall'altro, il «sogno di una cosa» (Pasolini) che lascia spazio alla speranza per un futuro migliore. La quadratura del cerchio che sembra chiudere la dimensione narrativa così evocata è, però, soltanto apparente - le storie continueranno a fluire all'interno di altre storie alla ricerca di un finale che sia autentico soddisfacimento dei desideri umani e non solo il rimando alla bellezza di un cielo stellato che delle vicende umane non si accorge o non si interessa. Quel che conta, invece, non è il suo riflesso sulla Terra ma la possibilità che la Terra degli uomini riverberi finalmente in esso. I protagonisti di questo romanzo a episodi si provano a farlo umanamente, attraverso congetture e confutazioni, errori e sogni, progetti e speranze. In fondo, è tutto quello che resta da fare." (Dalla Prefazione di Giuseppe Panella)
A don Davide viene assegnata un'importante missione: raccogliere testimonianze sulla vita e l'opera di un sacerdote appena deceduto, don Mario Torregrossa. Fin dal momento in cui don Davide si pone sulle tracce di don Mario e del sacerdote che lo accompagnava, attraverso una geografia della fede, egli percepisce in sé il cambiamento, un'energia potente che lo fa sentire in sintonia col cosmo, una maggiore convinzione e perseveranza nella fede. È come se don Mario esercitasse un'influenza benefica su tutti coloro che l'avevano conosciuto e anche su chi, dopo la sua morte, si imbatte in lui. Sono rare le personalità di questo tipo, quelle che si confondono con l'umanità dei margini: sono sogni che danno significato all'esistenza, fasci di luce e calore che illuminano la via da percorrere. Ecco allora che occorre credere al potere dei segni, più che ai segni del potere, come oggi viene naturale, per fare propria la lezione di don Mario e recitare con lui l'atto di fede, amore, carità: "Io credo, io spero, io amo".
Si può dedurre facilmente quanto continuare a scrivere incessantemente sia fondamentale per don Fabrizio Centofanti. Scrivere consente di vedere, di sognare, di ritrovarsi, di accendere le luci di un desiderio che è fatto di comunicazione e di comprensione. Scrivere vuol dire riuscire a rendere tangibile ciò che si è fatto della propria vita e dargli un senso che sia un po' meno limitato di quanto spesso si crede che sia stato. Ma, nello stesso tempo, scrivere è il mezzo migliore per dare per concluse le esperienze che diventano così più vere, più autentiche, degne di essere ricordate da tutti e non solo da parte di chi le ha vissute. Affidate al mondo dei lettori, potranno essere dimenticate come angoscia personale del singolo e diventare memento e sanzione per la coscienza di tutti.
Nella eterna battaglia dell’umanità contro il caos, Platone predicava la vittoria dell’uomo grazie alla ragione. Cristo ci ha dato anche la speranza. Questo libro testimonia come vive questi due insegnamenti, semplici eppure rivoluzionari, un uomo di oggi che ha fatto una scelta radicale, ed è un libro che provoca, aggredisce, costringe a combattere corpo a corpo con le placide certezze nelle quali troppo spesso finiamo per adagiarci.
Dalla Postfazione di Riccardo Ferrazzi
Fabrizio Centofanti è uno scrittore cristiano, o meglio, è un cristiano scrittore. E dunque è un genere speciale di cristiano.
Dalla Prefazione di Tiziano Scarpa
Fabrizio Centofanti è laureato in Lettere moderne. Sacerdote diocesano a Roma dal 1996, opera soprattutto nel campo della spiritualità e dell’approfondimento della Sacra Scrittura. Ha pubblicato un volume su Calvino (Una trascendenza mancata, Istituto Propaganda Libraria, 1993) e uno su Rebora (Il segreto del poeta. Clemente Rebora: la santità che compie il canto. L’immagine interiore dagli appunti sul messale, Istituto Propaganda Libraria, 1987), oltre a numerosi saggi e articoli di natura letteraria. Nel 2005 è uscito il volumetto Le parole della felicità, Laurus Robuffo. Con Effatà Editrice ha pubblicato Guida pratica all’eternità. Racconti tra cielo e terra (2008).