Scrivendo il "De oratore", nel 55 a.C., Cicerone mirava non solo a valorizzare la sua figura in un momento di eclissi politica, sotto l'incombere del potere dei triumviri, ma a definire un progetto culturale, inteso a rafforzare e mantenere il prestigio del ceto aristocratico. L'eloquenza era a Roma la disciplina dominante, connessa con la prassi politica e civile. Cicerone, che ne era autorevole esponente, ne illustra i precetti sulla traccia di un nuovo statuto. Emanuele Narducci, con la sua prefazione, guida il lettore a una approfondita comprensione dell'opera. Testo latino a fronte.
Il reato di concussione è il primo per cui si conosca l'istituzione di un apposito tribunale nella legislazione romana. Dinanzi a questo tribunale si celebrò nel 70 a. C. uno dei processi più clamorosi della vita pubblica romana. Imputato un senatore di nobile famiglia e di dubbia fama: Gaio Verre che, come governatore della Sicilia aveva angariato i provinciali con ogni genere di soprusi, fino a ridurre allo stremo l'economia dell'isola e la miseria degli abitanti. A sostenere l'accusa fu Cicerone che, ottenuta la condanna dell'imputato, pubblicò un'ampia trattazione in cui sviluppò gli argomenti dell'accusa.
La più spiritosa e divertente fra le orazioni ciceroniane nasconde un sinistro retroscena: le gravi imputazioni raccolte contro Celio, brillante oratore dalla verve ironica e crudele, vanno dalla scarsa integrità di costumi all'accusa di complicità con Catilina, fino al più infamante sospetto di omicidio a sfondo politico. La linea difensiva adottata da Cicerone lascia tuttavia in ombra l'insidioso sfondo politico per insistere soprattutto sui rancori personali di Clodia, l'amante abbandonata da Celio, donna potente e affascinante, "scandalosamente priva di inibizioni", che, secondo le parole di Cicerone, avrebbe orchestrato per vendetta il piano contro l'imputato. Il tono arguto e vivace, l'umorismo sottile e "un fascino inimitabile" fanno della Difesa di Marco Celio uno dei capolavori dell'oratoria di Cicerone.
Scritte tra il 65 e il 43 a. C., nell'arco del cruciale ventennio che vide la rovinosa e inarrestabile crisi della Repubblica, le "Lettere" di Cicerone costituiscono una testimonianza preziosa, anche se inevitabilmente parziale, della vita pubblica di quegli anni. Esponente di spicco del partito conservatore, Cicerone scrive ai familiari, agli amici e ai compagni di partito, rivelandoci le raffinatezze di un'élite ormai in declino ma anche gli oscuri retroscena della lotta politica, le trame segrete delle rivalità e delle alleanze e gli inevitabili maneggi su cui si fondava il potere. Luca Canali esplora nell'introduzione l'interiorità dell'uomo Cicerone; nella premessa al testo Giorgio Brugnoli analizza la carriera politica del grande oratore e il ruolo delle "Lettere" nell'insieme della sua opera.