È l'affermarsi dell'antisemitismo in Italia nel 1938 a spingere il sionista e antifascista fiorentino Gualtiero Cividalli, insieme alla moglie Maria D'Ancona, a prendere nel giro di pochi mesi la decisione di emigrare in Eretz Israel, a Tel Aviv, per dare un futuro migliore ai cinque figli. Gualtiero comprende fin da subito la gravità delle Leggi razziali, come annota nel suo diario e nelle lettere a Maria durante i periodi di separazione. Con l'amore per il dettaglio descrive l'inserimento in quel "nuovo mondo", il focolare ebraico in Palestina, allora sotto mandato britannico. Con acute osservazioni e profonda umanità commenta gli sviluppi militari e politici della seconda guerra mondiale. Posa lo sguardo e il pensiero sul Vicino Oriente e sull'Africa - col terrore che i nazisti si avvicinino alla Palestina - senza mai dimenticarsi dell'Italia, dove vivono i familiari e gli amici. I legami sentimentali e le preoccupazioni per coloro che sono rimasti nella "vecchia patria" sono ancora più forti nel momento dell'occupazione nazista, soprattutto quando incominciano ad arrivare - attraverso la Svizzera - notizie su deportazioni e uccisioni di persone care.