
La fine del IV secolo dell'era cristiana vede, nella penisola italica, profonde trasformazioni della sensibilità letteraria e religiosa. Nel cuore di un impero d'Occidente ormai prossimo alla fine, dove convivono gli idiomi germanici da un lato (lo stesso generale Stilicone, l'uomo allora più ... potente, era di origini barbare) e la religione cristiana dall'altro, Claudiano, nato in terra greca, legge i classici della letteratura latina e se ne innamora. Decide che farà rivivere l'incanto dei versi di Virgilio e di Ovidio, e ci lascia, incompiuto, un poemetto mitologico di una grazia e di una levità artistica senza pari, dedicato a un mito antichissimo, che ha ispirato poeti e pittori di ogni epoca: canta il rapimento della bella Proserpina, dea della primavera, preda del signore dei morti. Il dio dell'Ade, Plutone, non sa resistere al fascino fresco e leggiadro della ragazza, proprio come il poeta che, destinato a vivere in un mondo ormai al tramonto, soggiace alla malia dell'età dell'oro della romanità, regalando ai posteri un poema raffinato ed elusivo: il più degno epilogo della grande poesia latina.