La scala del paradiso, uno dei più grandi classici della tradizione bizantina, delinea un vero e proprio itinerario di perfezione, irto di difficoltà e di ostacoli, di tranelli e di insidie, ma anche di incontri straordinari, di maestri spirituali e discepoli degni di imitazione e di ricordo. Attraverso i trenta gradini (capitoli), che descrivono la difficile ascesi, il monaco impara la necessità della penitenza e del discernimento e, guidato dal padre spirituale, supera le difficoltà percorrendo gradatamente questo itinerario spirituale che conduce alla imitazione del Cristo morto e risorto. Si tratta di un testo straordinario, capace di parlare ancora oggi a monaci e laici. Sintesi di quanto la tradizione monastica ha precedentemente elaborato, è al contempo un'opera originale, nella sua ricchezza di insegnamenti spirituali, che passano ora attraverso argomentazioni teoriche, ora attraverso aneddoti gustosi, ora attraverso veri e propri ritratti di santità.
Se il volto della persona amata
è in grado di renderci radiosi e pieni di gioia
che cosa non farà il volto del Signore
quando verrà a visitarci?
Composta verso la metà del vii secolo da un eremita di nome Giovanni, divenuto poi igumeno di un grande cenobio, La scala (Klímax, da cui l’appellativo di Climaco per indicare l’autore) è nota nell’occidente latino come Scala Paradisi. Opera di sintesi, è a un tempo frutto della tradizione e composizione originale: se da un lato raccoglie l’eredità spirituale dei padri precedenti (in particolare quelli del deserto egiziano e della Palestina), rivela dall’altro una sensibilità, una finezza e una profondità d’analisi assolutamente uniche. Non a caso l’opera ha goduto nell’oriente come nell’occidente cristiano di una popolarità ininterrotta fino ai nostri giorni. La Scala è l’invito a un pellegrinaggio: attraverso i suoi gradini ascendenti che culminano nella carità, “scandisce un cammino che porta alla somiglianza-partecipazione con Dio mediante l’imitazione del Cristo morto e risorto” (Olivier Clément).