Daniel Cohen è riuscito in un'impresa impossibile: raccontare la storia dell'economia in maniera chiara e brillante, appassionando decine di migliaia di lettori. La prosperità del vizio racconta 4000 anni, dagli antichi Babilonesi a oggi, appoggiandosi alla lezione dei grandi maestri (Keynes, Marx, Schumpeter, Hirschmann…) ma anche all'esperienza quotidiana. E dimostra che l'economia è una scienza che collega cause ed effetti in maniere sorprendenti: lo fa parlandoci del tenore di vita degli schiavi nell'antica Roma o dell'effetto delle telenovelas sulla demografia del Brasile, della ricerca di finanziamenti pubblici da parte di Cristoforo Colombo o dei rendimenti decrescenti dell'agricoltura. La prosperità del vizio offre così una visione scanzonata ma illuminante della storia dell'umanità, che non nasconde problemi e paradossi: come quello di Mandeville, che sosteneva che per la prosperità delle nazioni il vizio è necessario quanto la virtù; o quello della crescita infinita.
Viaggiando nel passato, Cohen guarda sempre anche al futuro: «Per comprendere il mondo multipolare di oggi, bisogna guardare alla storia dell'Europa di cui è l'erede», spiega.
«Dobbiamo immaginare un diverso tipo di sviluppo. Dobbiamo tendere verso una nuova economia, che nasce oggi via via che emergono nuovi problemi: come l'economia dell'immateriale, dell'arte e della conoscenza.»
La società industriale collegava un modo di produzione a un sistema di protezione e di welfare. La questione economica s'intrecciava con quella sociale, con fortissime implicazioni politiche. La società postindustriale tende invece a separare queste due sfere, segnando così l'inizio di una nuova era, dove il dominio assoluto del mercato non crea più tra chi vi partecipa una evidente comunità di destini e di interessi, un orizzonte sociale condiviso. A determinare il nuovo modello postindustriale sono state in primo luogo le quattro grandi rivoluzioni (tecnologica, sociale, culturale, finanziaria) che Cohen pone al centro della sua prima lezione. A queste trasformazioni si aggiunge l'impatto della globalizzazione, con la divergenza tra l'immaginario collettivo proiettato dalla società dell'informazione e le identità territoriali, e con il divario crescente tra ricchezza e povertà su scala planetaria e su scala locale. L'autore ricostruisce la rottura che si è delineata a partire dagli anni Ottanta del Novecento, identificando gli snodi più significativi ed evidenziando le conseguenze di una trasformazione ancora in corso. Nella lezione conclusiva ci aiuta a capire le sfide e le opportunità che ci pone questo scenario, centrato sull'immaterialità e sulla velocità di internet e della finanza internazionale.