Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l'una quanto affettuosa e remissiva l'altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l'adulterio e culmina con l'efferatezza.
Unico plausibile parallelo a Jane Austen, Ivy Compton-Burnett (1892-1969) passò una vita in apparenza priva di eventi, a Londra, mentre intorno a lei si accumulavano le catastrofi della storia. Ma non di esse parlano i suoi romanzi, che sono tutti contrappunti su un altro genere di catastrofi: quelle che avvengono ogni giorno in qualsiasi interno borghese. E quale migliore occasione di nefandezze di un'eredità? Soldi, sesso e famiglia: una miscela, la più esplosiva, che non mancherà di agire.