Tra il pullulare di discorsi sul capitalismo avanzato spicca l'assenza di analisi sui corpi. Sono in tanti a focalizzarsi sul capitalismo cognitivo, trascurando il versante della produzione materiale sul quale si fonda l'economia della vita. Melinda Cooper e Catherine Waldby con questo libro colmano tale lacuna, mostrando come la bioeconomia si sia sviluppata a partire dalle capacità biologiche insite nei corpi stessi, e in particolare nei corpi delle donne. Tra i più fiorenti settori del capitalismo ci sono infatti quelli trainati dalle scienze della vita. Medicina riproduttiva e medicina rigenerativa hanno aperto nuovi mercati globali, la cui fonte di plusvalore coincide direttamente con le potenzialità generative dei corpi delle donne, ma non solo. Aumenta la domanda di oociti, uteri, sperma, placenta, sangue del cordone ombelicale, cellule staminali, embrioni. Spuntano cliniche specializzate in fecondazione assistita e maternità sostitutiva e agenzie intermediarie pronte a fornire questi materiali in vivo, dagli Stati Uniti all'India, passando per l'Europa dell'Est e la Cina. Ma chi sono i fornitori di questi materiali? Cooper e Waldby analizzano il lavoro riproduttivo e rigenerativo ai tempi del biopotere, focalizzandosi più che su questioni etiche e giuridiche sulle condizioni di vita di una manodopera "clinica" oggi globalmente diffusa, quando il capitalismo fa dell'appropriazione della vita una nuova frontiera di colonizzazione dietro la spinta di nuove tecnologie...
La storia delle biotecnologie non possa essere compresa senza tener conto dell'ascesa, simultanea, dell'economia neoliberista come forza politica ed economica. Indagando gli sviluppi delle tecnologie del DNA ricombinante del 1970, le politiche dell'amministrazione Bush sulla ricerca sulle cellule staminali, l'autrice fa risalire l'utopia del libero mercato alla crescita delle sue contraddizioni interne e alla privatizzazione delle scienze della vita.
La rivoluzione biotech ha ricollocato la produzione economica a livello genetico, microbiologico, cellulare. Partendo dall'assunto che la vita è stata catturata dai circuiti di valorizzazione economica, Cooper rintraccia i rapporti che intercorrono tra pratiche economiche, politiche e sociali. Analizando le politiche della scienza nel periodo reaganiano, la militarizzazione delle biotecnologie, l'imperialismo farmaceutico e il movimento per la vita, l'autrice mette in luce l'impulso speculativo che ha animato lo sviluppo della bioeconomia. Il libro offre un quadro sia della dimensione transformativa, terapeutica delle attuali scienze della vita, sia della violenza, dell'obbligo, della servitù del debito che si diffondono con l'emergere della bioeconomia stessa.
L'autrice
Melinda Cooper è ricercatrice presso l'Università di Sydney. Ha precedentemente svolto attività di ricerca presso il Centre for Biomedicine and Society al King's College di Londra. Numerosi sono i suoi lavori sulle biotecnologie e le trasformazioni economiche.segnaliamo il suo ultimo lacoro in collaborazione con Catherine Waldby, Clinical Labour: Human Research Subjects and Tissue Donors in The Global Bioeconomy, Duke University Press, 2013.