Intorno alla metà degli anni Trenta del Novecento, il piccolo Henry Gustave Molaison comincia a soffrire di ripetute crisi convulsive, sviluppando un'epilessia farmaco-resistente. Quando il neurochirurgo William B. Scoville decide di sottoporlo, ormai ventisettenne, a un'operazione al cervello, il prezzo da pagare per la remissione delle crisi sarà, per Henry, il manifestarsi di una severa amnesia anterograda: l'incapacità, cioè, di ricordare le sequenze della sua vita successive all'operazione - al punto da salutare ogni giorno persone note come se le incontrasse per la prima volta, cominciando dai medici. Da quel momento, Henry diventerà semplicemente H. M., l'acronimo più pervasivo e perturbante di tutta la letteratura neuroscientifica degli ultimi decenni. Esito di una frequentazione professionale e umana di quasi mezzo secolo, quello di Suzanne Corkin non è "un" libro, ma "il" libro su un caso cui si devono scoperte decisive sulla natura della memoria e sugli specifici processi attraverso i quali viene costruita ("Il cervello di Henry" scrive la Corkin "ha risposto a più domande sulla memoria di quanto abbiano fatto gli studi scientifici dei cento anni precedenti"). Un libro che ci offre, oltre a uno dei più intensi 'ritratti clinici', una affascinante riflessione sulla tessitura fragile e tenace, coerente e composita, che sta alla base dell'identità di ognuno di noi.