Ancora oggi la morte continua ad essere una sorta di tabù e viene considerata come un «nemico», da combattere e vincere. La morte invece fa parte del ciclo della vita e non va negata o patita, ma accolta. Il testo propone un approccio innovativo al tema, focalizzandosi sulla ricerca di senso insita in ogni essere umano, prima e oltre ogni adesione religiosa, e che trova nell'orizzonte del Mistero in cui siamo immersi la possibilità di aprirsi alla speranza di un compimento che va oltre la sola parabola biologica di ciascuno. Oltre alla parte teorica, queste pagine propongono diversi esercizi volti a consapevolizzare la personale visione del morire, i timori e le resistenze associati, a cambiare prospettiva e a entrare in contatto con quel desiderio profondo di eternità che connota il cuore umano.
Sono per la gran parte pensieri al futuro. Sono preghiere, meditazioni, in forma poetica, che nascono dalla lotta interiore che sempre, chi è incamminato sulla via spirituale, si trova a dover affrontare: discernimento degli spiriti, lotta contro le tentazioni, per superare un guado, lotta per crescere in fede, speranza, amore. I verbi al futuro mi piacciono molto. Sanno di speranza, di sorpresa, di compimento, di novità. È il futuro di Dio che attrae, trascina, tutta la realtà, tutti gli altri tempi, tutti intrecciati nella dimensione dell'attesa. Un po' come quando Gesù disse: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,42). Al setaccio del futuro, come insegnava già Ignazio di Loyola nei suoi esercizi spirituali, si vive diversamente il presente. Alla luce della Promessa di felicità, il cuore si incendia.
Non è il cuore inquieto che inventa la Risurrezione, ma è la Risurrezione di Cristo che rende inquieto il cuore: questa espressione del teologo Bruno Forte ben si adatta al dire poetico di Monica Cornali, che attinge ai pozzi profondi dell'animo umano, alle storie di vita, spesso assai tribolate, che ella raccoglie nella sua pratica psicologica, ma non solo. Cuori agostinianamente inquieti, alla ricerca di un senso profondo anche nelle derive del male; tale senso spirituale non può che essere implorato, supplicato a Dio, fino a coincidere, nella fede, con Dio stesso. Mentre il linguaggio comune è frustrato dall'eternità, che è al di là di ogni immaginazione e ragionamento, il linguaggio poetico, vibrante di sentire mistico e fortemente simbolico, osa volare alto, verso la casa del paradosso: il Cielo è il silenzio che canta, è il compimento della Promessa di Dio. La poesia per Monica è un canto d'amore, una sete che implora la Fonte, quasi un dovere di sperare per tutti, specie per chi vive nella disperazione.