Convinto da sempre che le etichette e i generi letterari fossero sull'orlo di "una strepitosa bancarotta", Julio Cortázar non si limitò a scrivere racconti, romanzi ibridi e "non lineari" o libri in cui mescolava saggi, poesie, racconti, citazioni, frammenti biografici. Jaime Alazraki, il curatore di uno dei tre volumi dell'opera critica dell'autore argentino, ha sottolineato che, fin dagli esordi, "molto prima dei "Quaderni di Morelli" inclusi ne "Il gioco del mondo", per Cortázar raccontare e teorizzare sullo strumento espressivo costituivano il dritto e il rovescio di una stessa operazione". Perciò, i "saggi" qui scelti e riuniti (che a volte non sono facilmente comprimibili nel "genere" e che abbracciano sia tematiche strettamente letterarie sia i rapporti tra letteratura, politica e storia) forniscono una chiave per accedere con maggiore cognizione di causa all'opera di Cortázar e alle sue scelte politiche ed esistenziali.
Tradotto da Einaudi nel 1971, questo libro è tra i più significativi dell'intera produione di Cortazar, quello in cui una lettura morale della realtà contemporanea assume le forme di apologo tanto preciso quanto elegante. Il libro trovò uno dei suoi sostenitori più attenti in Italo Calvino, il quale ebbe a presentarlo con queste parole: "I cronopios e i famas, due genie d'esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono la creazione più felice e assoluta di Cortazar".
"Tutti i fuochi il fuoco" raccoglie alcuni racconti esemplari dell'arte di Julio Cortázar, l'autore che apre nuove vie nel genere in cui è un riconosciuto maestro e sgrana le sue amatissime ossessioni: il tema del doppio, la discontinuità fra spazio e tempo, l'irrazionale come alternativa al quotidiano.