Poesia di un sacerdote sulla vocazione sacerdotale.
Impallidiscono, al confronto, tante pagine di «poesia religiosa» alla Turoldo o anche alla Rebora: perché qui l’aggettivo non è decorazione del sostantivo, bensì un tutt’uno con la poesia, che non è più poesia religiosa, bensì poesia teologica, teo-poesia (dalla Prefazione di Cesare Cavalleri).
Un’opera ancora una volta entusiasta e severa, la testimonianza di una grandezza abbacinante e di una fragilità inquieta qual è quella del prete: l’incarnazione non si è conclusa con la partenza del Figlio di Dio da questa vita, ma continua e si rinnova anche nella dedizione dei suoi ministri ordinati, consapevoli che la Misericordia e la Salvezza non vengono da loro pur passando attraverso di loro.
Dopo l’esperienza di Gesù di Nazaret, Dio Padre non ha cambiato registro: il Regno cammina con i passi dell’umanità (dalla Postfazione di don Lucio Mozzo).