"Non è vero che gli anni sono tutti uguali. Nella mia vita i Novanta sono stati speciali, anni di tritolo e di rose. Di assurdi boati e di bellissimi fuochi d'artificio." Così Costanzo racconta e celebra un decennio che, rispetto ai precedenti, sembrava il più incolore: se gli anni Sessanta sono stati gli anni del boom, i Settanta gli anni di piombo, gli Ottanta gli anni dell'edonismo, i Novanta sono sempre stati difficili da etichettare, da definire in una parola. Costanzo ne usa due, per i "suoi" anni Novanta. Il tritolo dell'autobomba che doveva ucciderlo, e le rose della storia d'amore con Maria De Filippi. Un amore di cui per la prima volta scrive con sincerità e candore, lui sempre così restio, anche nei suoi libri, a parlare della vita privata. Se quel 14 maggio 1993 l'attentato di Cosa Nostra fosse andato a segno, "la mia vita sarebbe saltata in aria e io non avrei potuto sposare la donna che amavo: Maria". Intendiamoci, Costanzo non si scioglie mai, il suo racconto è asciutto e ironico com'è nel suo stile. Ma proprio per questo è divertente, quando rivela i dettagli del loro primo incontro a Venezia (freddino) o il motivo per cui, grazie alle imperscrutabili trame del destino, lei accetta di spostarsi da Pavia a Roma e di lavorare in tv invece che nelle aule di tribunale Accanto a quello privato, spicca in questo libro anche il Costanzo protagonista e testimone privilegiato della vita pubblica degli anni Novanta, dai Muri che crollano a Berlino fino ai grattacieli che si sciolgono colpiti da voli dirottati nel cuore di New York, e in mezzo tutta una società che cambia. C'è la discesa in campo di Berlusconi, le stragi di mafia, Tangentopoli, e cose più lievi ma non meno rivoluzionarie come l'addio ai gettoni in favore del telefonino, la tv e suoi tormentoni, la globalizzazione, i blog, la rete, le prime serie televisive, la pecora Dolly, l'Aids, il Telesogno e le personalità come Carmelo Bene, Francesco Totti, Enzo Tortora, Federico Fellini e Fiorello, la musica di Franco Bracardi e Demo Morselli, le risate di Enzo Iacchetti e di Ricky Memphis, le denunce di Falcone e Borsellino, l'estro polemico di Vittorio Sgarbi, e tanti altri momenti del nostro costume e della nostra storia raccontati da chi per mezzo secolo ogni sera ha fatto alzare il sipario sull'Italia.
Conosco la paura. Ricordo ancora il boato della bomba che avrebbe dovuto uccidere me e mia moglie. La stessa paura che viviamo tutti da quando l'Occidente è diventato bersaglio del fanatismo integralista dell'Isis. Ma cos'è questo Isis? Chi sono e perché c'è gente che uccide e si fa esplodere in nome di Allah? Provo a dare qualche risposta, questa volta senza pubblicità. Con la convinzione che solo la conoscenza può portare nuovamente alla calma.
Il rispetto che Maurizio Costanzo ha sempre avuto per il pubblico, insieme alla sua mente per natura libera da censure, all'autonomia di cui comunque ha goduto da parte degli editori, oltre al suo innato talento di comunicatore, gli hanno permesso di fare televisione, o meglio "la" televisione, per oltre quarant'anni, mettendo in scena giorno dopo giorno l'Italia dell'epoca. A distanza di anni, dopo che il tempo ha comunque permesso di rileggere avvenimenti e personaggi, Costanzo torna a parlare di televisione e lo fa ancora una volta a modo suo: non lesinando aneddoti, ricordi personali, acute riflessioni. E il racconto fluisce ammiccante e sornione, partendo proprio da "Bontà Loro" - primo esperimento di quello che verrà poi chiamato talk show su su fino al "Maurizio Costanzo Show", il cui straordinario e longevo successo ha fatto del suo autore una sorta di "memoria storica" della televisione italiana.
"Gli animali sono superiori a noi in tante faccende, come la capacità di esprimere affetto, di dimostrare fedeltà, di essere sinceri e di prevaricare l'altro solo per lo stretto necessario alla sopravvivenza. L'uomo no, l'uomo prevarica per gioco, per noia, per insicurezza, per vuota ambizione. L'osservazione del mondo animale è stata per me una lezione di vita." "Preferisco i cani" non è il partito preso di un ultra animalista, ma il risultato di anni di acuta e attenta osservazione del comportamento umano e di quello animale. Maurizio Costanzo ha vissuto fin da ragazzo vicino ai cani, amandoli profondamente, entrando in simbiosi, sentendo a volte di somigliare più a loro (il bassotto in particolare) che ai propri simili umani: "I cani mi considerano uno come loro, un pari grado. E devo dire che a me non dispiace affatto". D'altra parte, nella sua vita e nella sua carriera ha avuto modo di guardare da vicino le dinamiche umane più disparate, tutti i vizi pubblici e privati della sedicente specie superiore. Oggi, dopo tanti anni di dedizione canina, sta sperimentando anche le meraviglie del rapporto coi gatti, tanto da riservare al suo piccolo Filippo una stanza del proprio ufficio.
Maurizio Costanzo colleziona tartarughe. Di più: le ama, le ammira. Al punto di sperare di essere diventato come loro: "Continuo a provare invidia per la loro capacità di ritrarsi e mettersi nel guscio, in sicurezza. La tartaruga corre dei rischi solo se si ribalta o viene ribaltata. L'uomo corre dei rischi da quando nasce". La tartaruga piace a Costanzo perché va per i fatti suoi.
Non ha alcun rapporto con l'uomo, la sua capacità retrattile è portentosa: il suo guscio la protegge dal mondo. Nasce grinzosa, quindi non deve neanche preoccuparsi di ritocchi estetici, tanto è uguale da giovane come da anziana. Vive a lungo, testarda e forte, obbligata dalla natura a cavarsela da sola. Essere tartaruga, vivere da tartaruga, ha aiutato il più famoso anchorman italiano a resistere cinquant'anni nella giungla del giornalismo, sempre stabile e sornione sul suo trono a forma di sgabello. Non solo: guardare il mondo con gli occhi delle tartarughe gli ha permesso di scrivere questo manuale di sopravvivenza. Un vademecum, reso vivo dall'esperienza, su come reggere agli assalti del tempo e dei sentimenti. D'altra parte, lo insegna Zenone, nemmeno Achille piè veloce per quanto si affanni riesce mai a raggiungerla, la tartaruga.