Nel pensiero dell'autore il mito di fondazione del tempo rettilineo, dominato da un incipit e da un fine ultimo- da un dono o da una rivelazione finale- è fatto risalire ben oltre al giudaismo e al cristianesimo. È individuato nello stratagemma della tela con cui Penelope nell'Odissea ritarda il momento della scelta del successore al talamo nuziale. Da questo mitologema si dipana un complesso reticolo di analisi e riflessioni critiche, suggestioni pop e ricostruzioni tranchant degli eventi che hanno contribuito alla formazione del mito occidentale del progresso indefinito. Lo stile di scrittura dell'autore traghetta il lettore attraverso incursioni folgoranti e pause disincantate nelle fondamenta culturali che testimoniano della tragedia e della speranza di rinascita del nostro tempo. Alla fine della traiettoria nomadica, una sola possibilità emergerà come antidoto al veleno della storia: la rinuncia alle aspettative.
Nel nostro tempo è essenziale ricominciare a scoprire il potere dell'immaginazione creatrice come ponte in grado di collegare la sfera dei sensi al dominio metafisico, la percezione sensoriale all'intelletto noetico. Mentre iniziano a incrinarsi le granitiche certezze della ragione calcolante, sembrano definitivamente tramontate le stagioni dell'utopia e del riscatto collettivo. L'immaginazione creatrice diventa quindi il medium che, nell'era della téchne, può traghettare fuori dal nichilismo scavando nuovi percorsi.
Nell'"Immaginario del labirinto", l'autore cerca d'interpretare uno dei simboli fondamentali della tradizione iniziatica occidentale ed orientale. Il labirinto va interpretato nel suo essere prova esistenziale e iniziatica da affrontare e superare per poter trascendere la mera condizione di Uomo di Torrente immerso nel Quaternario e nella Corrente Volgare. Ma prima di trovare la via d'uscita, al centro del labirinto troneggia un mostro. L'Avversario, il nemico da sconfiggere: l'ombra o il guardiano della soglia.