Nel minuscolo villaggio di pescatori di Ville Rose, sotto il sole implacabile di Haiti, ogni compleanno della piccola Claire è un giorno di gioia ma anche di dolore: perché quel giorno il ricordo va anche a sua madre, che dandole la vita ha perso la propria. E a ogni compleanno, il padre si chiede se non sia giunto il momento di separarsi dalla sua bambina, e affidarla a qualcuno che possa offrirle un'esistenza migliore di quella che lui, con il semplice lavoro di pescatore, sa garantirle. Ma la sera del settimo compleanno, quando la decisione più difficile è ormai presa, Claire scompare... Sarà l'intera comunità a mettersi sulle sue tracce, ricostruendo il destino della figlia perduta, e insieme anche il proprio. Sullo sfondo di una Haiti dalla vitalità struggente, la scrittrice torna a raccontare, con la semplicità e la poesia di una fiaba, le scelte più difficili a cui ci costringe l'amore.
Il volto del male è difficile da dimenticare. Sono anni che il padre di Ka Bienaimé, giovane scultrice di origine haitiana, tenta di costruirsi una vita tranquilla a Brooklyn come barbiere, nascondendo dietro una maschera di anonimato un passato di violenza e di soprusi. Ma ci sono molti, emigrati da quella terra tormentata e senza pace, che pensano di riconoscere in lui il torturatore che si è accanito su di loro o sui loro cari, quando Haiti era sotto il dominio di Duvelier e dei suoi terribili tontons macoutes. E il romanzo è l'insieme delle loro voci: quella della moglie Anne, che ha coperto il marito per tutti quegli anni; quella della figlia, che ascolta sgomenta le rivelazioni che il padre un giorno decide di farle; quella dell'uomo che vive nella stessa casa e sa benissimo che il suo coinquilino è responsabile di molte violenze subite dalla sua famiglia. Un romanzo che si cala a fondo nel destino turbolento e controverso di un popolo angustiato dalle catastrofi naturali e lacerato dalle lotte intestine.
Secondo un proverbio haitiano, quando ti prendi cura dei figli altrui devi lavarli solo per metà. Come a dire: non amarli con tutto te stesso, perché nel loro cuore non ci sarà mai spazio solo per te. Quando Edwidge Danticat aveva dodici anni, il suo cuore era diviso tra due padri: quello naturale, emigrato negli Stati Uniti quando lei era molto piccola, e lo zio paterno, che l'aveva cresciuta nel frattempo, ad Haiti. Il giorno in cui riuscì finalmente a ricongiungersi con i genitori veri, la gioia provata nel riabbracciare il primo padre non fu più grande del dolore provato nel dire addio al secondo. Del resto, di suo padre Mira non ricordava molto, lo conosceva più che altro tramite le sue lettere concise, incapaci di contenere tutto quello che aveva da dire. In quegli anni, era stato zio Joseph a comprarle i gelati al cocco; era dai suoi sermoni, declamati dal pulpito della chiesa, che Edwidge aveva imparato i versetti sull'amore; erano i suoi gesti che lei sapeva interpretare al volo, dopo che una malattia l'aveva privato della voce. A distanza di circa vent'anni, nel 2004, l'autrice deve affrontare un nuovo addio: duplice e definitivo. A suo padre viene comunicata una diagnosi inesorabile.