Chi l’ha detto che i filosofi hanno sempre la testa fra le nuvole? E che la filosofia è una disciplina astrusa e «fumosa»? Ebbene, non c’è pagina di questo volume che non smentisca luoghi comuni tanto radicati. Anzi, un corso di sopravvivenza sembra perfino necessario, tanto più se la filosofia, come dimostra Girolamo De Michele, si occupa della vita e della nostra stessa sopravvivenza. Lo sapevano bene - con destini opposti, talvolta drammatici - Cartesio e Giordano Bruno,Galileo e Antonio Gramsci. Perché la filosofia è esercizio di libertà, della vita concreta prima ancora che del pensiero: come ci ricorda - udite, udite -Vasco Rossi citando Spinoza, la filosofia ha a che fare con la gioia e con il potere «che ha bisogno di renderci tristi».
Uno sguardo disincantato sulla storia della filosofia «ufficiale» permette di scoprire l’attualità di pensatori lontanissimi nel tempo - le grandi «star» dell’antichità, come Platone e Aristotele, ma anche figure più oscure, comeTalete e Anassimandro - accanto a «outsider di lusso» quali Giacomo Leopardi e David Foster Wallace (ma anche, di passaggio, Francesco Guccini, Luca Carboni e Fabrizio De André). Se la filosofia non insegna a trovare le risposte,ma ad affrontare i dubbi e le incertezze in cui non smetteremo mai di imbatterci, se «in filosofia il viaggio è più importante della meta», il suo racconto finisce per assomigliare a un grande romanzo d’avventura.Dell’avventura più bella, e che non ha mai fine.
Girolamo De Michele vive a Ferrara e insegna filosofia al liceo. È redattore di Carmilla, e-magazine diretto da Valerio Evangelisti. Scrive di filosofia e critica letteraria, e ha anche pubblicato saggi sulla didattica e i problemi della scuola (La scuola è di tutti, 2010). Considerato uno degli esponenti della New italian epic, per Einaudi Stile libero ha scritto tre romanzi: Tre uomini paradossali (2004), Scirocco (2005) e La visione del cieco (2008).
Tornano i personaggi di "Tre uomini paradossali" e "Scirocco" in un romanzo che mette in scena la civiltà della televisione trash e del sensazionalismo, della retorica culturale e dei salotti letterari: razzista, ipocrita, senza scrupoli, soggiogata a denaro e potere. Un delitto orrendo si consuma in un piccolo borgo di montagna, un luogo qualunque dell'Italia di oggi. Un luogo amorale, corrotto, pervertito dalla ricchezza: un micro-mondo nel quale sembra riflettersi l'intero Paese. Il parroco attribuisce la colpa dell'assassinio al diavolo, che si annida nelle condotte di tutti gli abitanti del borgo. Sul muro della chiesa una terribile accusa. E una serie di minacciose lettere anonime sono spedite alle persone più influenti. Andrea Vannini, in montagna per curare la sua asma, forse il minore tra i mali che il G8 di Genova gli ha lasciato, si troverà a scoprire gli scheletri negli armadi di tutto il borgo, tra cocaina, Epo, eventi culturali che si trasformano in scambi sessuali, segreti sussurrati e losche complicità. A partire dall'infanticidio di una bambina spaccata in due con una accetta, si intuisce una catena delittuosa senza fine, che porta davvero lontano. De Michele ricalca linguaggi e gesti di tipi e situazioni sociali, con una mimesi tanto precisa da demistificarli. E E il ritratto dell'Italia che si compone, cupo e dolente, risulta alla fine illuminato da una nerissima, comica, stralunata luce.