La strage di Monte Sole - più conosciuta con il nome del comune dove è stato costruito il sacrario, Marzabotto - è l'eccidio più sanguinoso compiuto dai tedeschi in Italia durante l'occupazione nazista del nostro Paese. Tra il 28 settembre e il 5 ottobre del 1944, in un'operazione formalmente presentata come rastrellamento antipartigiano, vennero sterminate intere comunità situate nell'altopiano fra le Valli del Reno e del Setta: furono quasi 800 i civili uccisi, per lo più bambini, donne e anziani. Insieme alla strage di Sant'Anna di Stazzema, quella di Monte Sole è diventata, agli inizi degli anni Duemila, il simbolo di una nuova e singolare stagione giudiziaria relativa agli eccidi nazifascisti compiuti in Italia tra il 1943 e il 1945 che, oltre a rappresentare una importante svolta nella metodologia e nella giurisprudenza, ha fornito preziosi materiali agli storici, consentendo l'acquisizione di documenti e testimonianze inedite. Per quanto tardivo il processo per la strage - celebrato nel 2006 presso il Tribunale militare di La Spezia - ha permesso di individuare, processare e condannare decine di criminali di guerra sottrattisi per oltre sessant'anni alla giustizia.
Al termine del secondo conflitto mondiale, l'individuazione degli autori dei gravi crimini commessi durante l'occupazione tedesca in Italia contro le popolazioni civili rimase circoscritta a pochi casi eclatanti: gli Alleati abbandonarono il progetto di punire i massimi responsabili delle forze armate tedesche in Italia, e gli italiani, a parte poche condanne (Kappler per le Fosse Ardeatine, Reder per Marzabotto e altri eccidi), ben presto posero fine a quella stagione processuale. Una nuova se ne aprì invece dopo la scoperta, nel 1994, di quello che una felice intuizione giornalistica definì l'"armadio della vergogna": in realtà una stanza di Palazzo Cesi, a Roma, sede della Procura generale militare, in cui erano conservati centinaia di fascicoli giudiziari sui crimini di guerra commessi sulla popolazione italiana tra il 1943 e il 1945, illegalmente archiviati dal procuratore generale militare nel 1960. Ragion di Stato, protezione dei criminali di guerra italiani, culture militari poco sensibili alla difesa dei civili in guerra, e attente a proteggere in ogni caso l'immunità dei combattenti in divisa: queste alcune delle cause di una giustizia limitata, tardiva e quindi negata.