Agli inizi del XXI secolo, nell’epoca globale dell’ipermodernità, la lezione di Georg Simmel è ancora sorprendentemente “attuale” per comprendere le metamorfosi del “nostro” tempo che, nel segno dell’incertezza, marcano, nel fragile confine della libertà, sia l’esperienza quotidiana sia la relazione reciproca con l’altro. Da Alain Caillé che lo definisce “un grandissimo” della tradizione sociologica ad Axel Honneth che lo rilegge dal punto di vista della filosofia sociale come un acuto “diagnostico” delle patologie del Moderno, Simmel è considerato nella contemporaneità uno dei crocevia obbligati sia per lo studio del ruolo della cultura nell’azione umana sia per la comprensione delle forme fluide e vulnerabili della vita individuale. Con L’inquieto vincolo dell’umano, Antonio De Simone propone l’immagine nuova di un Simmel “ulteriore”, fonte di ispirazione non solo della social network analysis, ma riconducibile altresì ai problemi della filosofia politica e della teoria del riconoscimento e del dono, che ci spingono a ripensare la significatività pluristratificata della conditio humana, ovvero le morfologie e le aporie dell’homo reciprocans nello “spazio del conflitto” aperto, nella dialettica della prossimità, dall’estrema variabilità delle differenze (in)dividuali.