Lo speciale fascino di questo libro è nel dichiarato proposito di studiare non le concezioni etiche dei filosofi e in generale degli intellettuali (ateniesi e non) del V e IV secolo a.C., bensì le vedute morali allora correnti, quelle comunemente riconosciute da cittadini non particolarmente qualificati sotto il profilo della ricerca di una rigorosa razionalizzazione del comportamento. Va da sé che simili ricerche aprono prospettive di straordinario interesse, dato che ne scaturiscono indicazioni circa il contesto e l'humus in cui hanno operato molti filosofi e intellettuali ben noti (da Tucidide a Socrate, da Euripide a Ippocrate), e così pure uomini di teatro, cultori di arti figurative, retori, leaders politici, ecc. Lo studio di K.J. Dover consente così per la prima volta di stimare la distanza tra l'ethos e le filosofie morali dell'epoca, fornendo "un contributo di fondamentale importanza per la comprensione dell'etica greca"". (Lloyd-Jones)